Quando è arrivata la notizia che il late show di Stephen Colbert sulla Cbs sarebbe stato chiuso, Donald Trump ha espresso soddisfazione via social, scegliendo di farlo dal suo account su Truth. Per tutta risposta, il conduttore del Late Show lo ha mandato a quel paese guardando dritto in camera.
Con gli ascolti in calo, la chiusura del programma era un'opzione possibile, ma le ragioni potrebbero non essere legate solo ai numeri.
Ne ha scritto sul Fatto Daniele Luttazzi, uno che di programmi chiusi ha esperienza. Anche se, precisa lui, in questo caso il paragone con l'editto bulgaro è forzato: nel sistema televisivo americano infatti, Colbert non resterà certo a spasso. Luttazzi punta l'attenzione non tanto sulla chiusura, quanto sul sistema di potere che c'è dietro: con la vendita di Paramount, azienda proprietaria dell'emittente Cbs, alla società di produzione cinematografica Skydance, il rischio è che la Cbs diventi un'altra Fox News.

Ma cosa è successo? Riassunto dei capitoli precedenti, a partire da Colbert: intenzionata alla vendita alla società Skydance, Paramount aveva accettato di pagare una multa di 16milioni di dollari per aver trasmesso un montaggio di un'intervista alla candidata alla presidenza Kamala Harris. All'interno dello show 60 Minutes. Colbert si prese gioco dei dirigenti, definendo nel suo late show l'accordo una “tangente codarda” nei confronti dell'amministrazione Trump, l'unico che poteva approvare o negare la vendita di Paramount a Skydance. Inoltre Colbert era sempre stato molto critico in tv nei confronti del Presidente, così come sta continuando a fare nei mesi che gli rimangono prima del termine del suo contratto.
Luttazzi mette in ordine sul Fatto cosa sta avvenendo ora: a fine luglio la Fcc, la commissione federale per le comunicazioni, ha approvato la fusione Paramount-Skydance. Lo ha fatto però a tre condizioni: assicurando che i programmi Cbs saranno privi di pregiudizi politici, che verrà nominato un delegato per il controllo editoriale e, infine, che la Cbs non realizzerà più contenuti di sensibilizzazione sui temi della diversità. Una “correzione di rotta”, avrebbe dichiarato Brendan Carr, presidente della Fcc: in definitiva, voci più allineate alla politica di Trump.
Nonostante la smaccata ingerenza editoriale però, Luttazzi punta l'attenzione su altro, dato che i metodi del Presidente Usa non sono una novità. Più che il “maccartismo trumpiano infatti”, Luttazzi si concentra sull'amministratore delegato di Skydance: David Ellison, definito il “Pier Silvio di Larry Ellison”, fondatore di Oracle. Cioè il figlio.

Nato negli anni 70 come progetto per la Cia, Oracle negli anni ha avuto contratti con altre agenzie dell’intelligence Usa. Ma chi è Larry Ellison? L'uomo più ricco del mondo dopo Musk, noto per le sue posizioni di destra nonché sostenitore di Trump e maggior donatore privato delle Forze di Difesa Israeliane (Idf ). Tanto, continua Luttazzi, da aver versato alla fondazione Friends Of The Idf ben 16,6 milioni di dollari per la costruzione di un centro di addestramento. Di più: Ellison è amico di Netanyahu, a cui avrebbe offerto un posto nel cda di Oracle con uno stipendio annuo di 450.000 dollari.
Tra gli obbiettivi di Oracle , continua Luttazzi, ci sarebbe proprio il sostegno al progetto coloniale israeliano, di cui non si fa mistero. Al punto che la Ceo, Safra Catz, ha detto apertamente di non essere flessibile sulla missione: “Il nostro impegno verso Israele è assoluto. Questo è un mondo libero e amo i miei dipendenti, ma se non condividono la nostra missione di sostenere Israele, forse non è l’azienda giusta per loro”.
Ecco qui che allora Luttazzi fa la sua previsione, anche se ponendola come una domanda: “ora che il figlio di Ellison ha acquistato una delle principali emittenti giornalistiche statunitensi, la Cbs diventerà un’altra m*rdosa Fox News?”.
