In uno slancio di superomismo culturale Daria Bignardi ha parlato (male) di Valérie Perrin e Joël Dicker al podcast “Parlarne tra amici” (titolo ispirato al romanzo di Sally Rooney): Voi sapete cosa ho passato con Valérie Perrin, sapete la mia triste storia su Valérie Perrin, forse ne ho già parlato in questo podcast. Una volta ho detto una cosa sul primo successo di Valérie Perrin [Cambiare l’acqua ai fiori? ndr] perché non mi aveva convinto, ci ho messo un sacco di tempo, ho passato tre, quattro, cinque, sei ore a leggerlo e alla fine mi son detto: ma perché ho buttato via così il mio tempo?” La domanda che sorge spontanea è: davvero tre, quattro, cinque o sei ore sono un sacco di tempo? Forse per Oscar Wilde o Truman Capote, che leggevano decine di libri a settimana. Ma Daria, “restiamo umani”… “Allora, per salvare gli altri che non l'avevano ancora letto, ho scritto un post in cui forse non l’ho neanche citata, perché avevo paura, perché sapevo che piaceva moltissimo e avevo paura”. Da lì la shitstorm, pare. “Io sono una che c'è passata sotto le forche dei leoni da tastiera e anche se facciamo finta di no, tutti poi rimaniamo male quando veniamo insultati, quindi sto attenta perché poi se uno si diverte a leggere Perrin o Dicker, chi sono io per rompergli le palle?” Tutto giusto.
Ma cosa non era piaciuto del romanzo bestseller Perrin? “Lo avevo trovato artificioso, un po’ scritto a tavolino, piacevole da leggere ma come la fetta di torta al cioccolato del supermercato che te la mangi golosamente, però non ti nutre. E magari è anche un po' tossica”. I libri di Daria Bignardi sono invece i maritozzi di Massari? “Non dico in assoluto che Perrin o Dicker siano tossici” ci mancherebbe eh, “assolutamente, però ammetto che mi viene da dire: ma caspita, leggetevi Patricia Highsmith”. Ma caspita, leggetevi Proust a questo punto. Volete un giallo serio? Leggetevi Chesterton. “Cioè, se volete divertirvi prendendovi paura con dei noir che non vi fanno dormire, con pagine che devono essere girate per forza, trame meravigliose, leggete Patricia Highsmith”.
