Si torna a parlare del Premio Flaiano Poesia, la nuova sezione cresciuta negli anni e che l’anno scorso è stata oggetto di polemica per delle liti interne alla giuria. La notizia venne data dall’Ansa, che con una nota d’agenzia riprendeva le dichiarazioni del poeta Davide Rondoni, chiamato insieme ad altri colleghi a giudicare i libri inviati al Premio. Il 22 giugno 2024 rassegnava le sue dimissioni pubblicamente: “I premi dovrebbero essere una cosa seria e bella. A seguito del comportamento della presidente del premio Flaiano, signora Tiboni e degli organizzatori, il poeta Davide Rondoni ha rassegnato le dimissioni dalla giuria Flaiano poesia”, aggiungendo: “Capita spesso di incontrare cosiddetti eventi culturali che forse servono più a dar lustro a chi li promuove che alla vera cultura e al suo rispetto”. Il problema era nato in relazione all’assegnazione di un premio speciale alla poetessa Silvia Bre che, secondo Rondoni, doveva prima essere discussa con i componenti della giuria. Sempra nella nota di giugno aveva detto: “Da social e stampa si apprende della assegnazione a discrezione di un ‘direttivo del premio’ di un ‘premio speciale di poesia’ a una pur meritevole poetessa, Silvia Bre. A una semplice richiesta di maggior chiarezza e correttezza di informazioni interna e esterna (dalla comunicazione social, infatti, non si capisce chi assegna questo premio ‘Speciale’ e quale la differenza dai premi a questo punto ‘normali’) l’atteggiamento della proprietà del premio è stato sintetizzato dalla frase: ‘Se non vi va bene dimettetevi’. Per rispetto della Giuria (al presidente della quale viene persino impedito di intervenire dal palco della manifestazione perché la 'scaletta' non lo prevede) e per rispetto dei finalisti nonché della medesima Silvia Bre, Rondoni ha deciso di dimettersi da un Premio che ritiene inficiato da personalismi e gestito con mancanza di chiarezza e di statura”.
La questione si è portata avanti, con minacce di querele da parte della presidenza del Premio, come spiega Rondoni in un’intervista rilasciata a Repubblica, e con i commenti di critici e giornalisti culturali per qualche settimana. Ora, però, con la diffusione del bando per il 2025, è proprio Rondoni a tornare a parlare della questione, incalzato da alcune segnalazioni riguardo alla condivisione del bando: “Vedo che nel lancio del Bando della nuova edizione del Premio Flaiano si parla, con la notoria eleganza dei suoi gestori, di un mio ‘allontanamento’ dalla giuria. In realtà nessuno mi ha ‘allontanato’, tipo lebbroso, ma, avendo io la lebbra della libertà e della dignità, mi sono dimesso in dissenso con una gestione che ha ridicolizzato la giuria e il premio della scorsa edizione, sia imponendo all’ultimo un ‘premio speciale’ di poesia di cui una buona parte della giuria non era a conoscenza, sia per i modi provinciali con cui la cosa è stata gestita. Poi, estrema finezza, ecco la mancata consegna del premio in denaro promesso alla suddetta premiata speciale, Silvia Bre”. Rondoni ha poi continuato: “Per me la poesia e le giurie di poesia dovrebbero essere invece una cosa seria. Mi sono allontanato, e in fretta. E ne sono contento. Altri faranno quel che vogliono secondo la loro coscienza. A tale dimissione han fatto seguito le minacce di querele della Presidente nei miei confronti (querela mai arrivata, chissà come mai) e la minaccia a non presentarmi neanche alla premiazione (‘la security è avvertita’, forse la libertà e la dignità fanno paura più dei terroristi da quelle parti, verrebbe da pensare sorridendo alla Flaiano). So inoltre che lettere e testi dei giurati ai responsabili del Premio che stigmatizzavano l’accaduto non sono mai stati resi pubblici dall’Organizzazione del Premio. Chissà come mai. Si sa che nel mondo e nelle giurie nei premi ci sono uomini ominicchi e quaquaraquà. Ed è uno dei motivi per cui purtroppo i più giovani spesso guardano alla poesia come una cosa da vecchie babbione vanitose e da salotto. A me non interessano tali piccole querelle provinciali. Ma la verità sì. Non ‘allontanato"’ cari piccoli manovratori del nome Flaiano, lui che le parole le sapeva usare, ma dimesso. E con convinzione rinnovata”.