È morto Pippo Baudo. I catanesi devono ancora riprendersi dallo choc. Eravamo quasi certi di rivederlo ancora sul palco di Sanremo. Per noi era un mix tra highlender e Nosferatu. Si incontrava spesso nell’ascensore del palazzo del quotidiano La Sicilia, dove al terzo piano c’è Antenna Sicilia, emittente regionale che lui stesso, amico personale dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo, aveva inaugurato il 16 giugno 1970. Il legame tra Pippo e Catania, lui di Militello in Val di Catania, era fortissimo, storico, amicale anche se, a detta di molte malelingue, certo non gli dispiaceva essere il più famoso tra i famosi catanesi. Iniziò con il suo amico Tuccio Musumeci sulle tavole del Teatro Musco di Catania, poi Stabile, nella compagnia dell’immenso Turi Ferro, una compagnia teatrale che ha fatto storia e che ancora oggi rende Catania (insieme, ovviamente a Nino Martoglio, ad Angelo Musco e a me, ca va sans dire) la città più teatrale del mondo. Fu anche presidente, tra alcune polemiche, dello “Stabile”.

Nell’ascensore del palazzo de La Sicilia (la cui proprietà è da poco passata a Salvatore Palella, il nostro Donald Trump in monopattino) era altissimo (o forse era l’ascensore ad essere basso). Sapeva tutto di tutti, si informava, ti correggeva i refusi di articoli usciti due settimane prima (una memoria paurosa). Grande comitiva, Pippo, Domenico (Tempio), Tony (Zermo), Mario (Ciancio Sanfilippo). Se nel giornalismo c’è una scuola catanese lo dobbiamo a loro. Anche se sì, certo, attraversati dalle polemiche degli anni ‘80 catanesi: epperò Pippo, altissimo ma agilissimo, non ne fu mai sfiorato, forse era troppo alto. Nella mia mente di romanziere Pippo e Giulio (Andreotti) erano la stessa cosa, ed era l’unico, con il suo aplomb, a consentire nelle sue Domeniche In, a comici come Massimo Troisi, di sfottere Andreotti: "Vorrei essere il figlio di Andreotti, mio padre si accorgeva d tutto, Andreotti mai di niente”. In questa battuta di Troisi, o in Alberto Sordi che, sempre Domenica In, perculava l’Avvocato, Gianni Agnelli – “A cena a casa sua due foglie di lattuga e una fetta di formaggio, e io che volevo gli spaghetti” – sta tutto il suo immenso Potere.

Altro che Beyoncé (grazie Beyoncé, grazie Pippo). Si inventò e condusse il “Festival della Canzone Siciliana”, prevedendo – con troppo anticipo – la potenza del dialetto nel Trap di oggi. Ha “scoperto tutti”, ed era vero. Era troppo avanti. Così avanti che prima la televisione regionale (il suo erede siciliano era Salvo La Rosa – ne scrissi una fenomenologia, quando si pensava che la regionalizzazione della televisione fosse il futuro, adesso invece siamo sotto la cappa asfittica dei quotidiani e delle emittenti nazionali, tranne poche isole beate), poi la televisione nazionale, morirono molto prima di lui. La televisione, probabilmente, voleva seppellirlo, e invece Pippo ha seppellito la televisione (ci consoleremo rivedendolo negli archivi di RaiPlay). E lo immaginiamo lassù mentre chiede a San Pietro: “Ma le piattaforme streaming ce le avete?”.



