Da oltre tre settimane vi stiamo raccontando dello scandalo della Fondazione Teatro San Carlo. Parliamo del tempio della musica lirica italiana, più antico della Scala di Milano e della Fenice di Venezia. Del teatro San Carlo ne ha parlato Rousseau, come ricordano nel sito della Fondazione: “Vuoi tu sapere se qualche scintilla brucia in te? Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi”. Bene, ma Rousseau diceva anche un’altra cosa: “Per studiare l’uomo bisogna imparare a guardare lontano”. Noi abbiamo guardato lontano e abbiamo anche scavato, e quella che sta uscendo fuori è una storia complicatissima, poco trasparente, che coinvolge a diversi livelli un intero establishment. Sì, un sistema, il Sistema Cultura.
Siamo partiti dalle nomine poco chiare del Sovrintendente Stephane Lissner, che nel corso del suo mandato è riuscito a inventare una figura ad hoc pagata 150 mila euro lordi all’anno che non è presente nello Statuto e per cui rischiò una guerra dalla Regione Campania e da Vincenzo De Luca (ve ne abbiamo parlato qui). Si tratta di Emmanuela Spedaliere, la Direttrice generale. Nello stesso periodo, in pieno lockdown nel 2022, Lissner nominava poi una seconda figura, il Responsabile per la trasparenza e per la prevenzione della corruzione (Rtpc), un ruolo fondamentale in una Fondazione. La persona scelta fu Mariapia Gaeta, perito industriale in informatica e dipendente del San Carlo dal 1999. Per lei 83.618,11 euro lordi all’anno. Davvero era la figura più competente per ricoprire quel ruolo? Non solo. Mariapia Gaeta è stata anche scelta come Responsabile delle Risorse Umane ma, come spieghiamo qui, le Risorse Umane sono proprio una delle principali aree a rischio corruzione. E infatti l’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, sconsiglia di scegliere come Rtpc proprio un dirigente delle aree a rischio. Allora perché una Fondazione tanto importante e potente ha scelto, a chiamata diretta e su nomina di Lissner, proprio il capo di un settore che dovrebbe essere controllato? Noi lo abbiamo chiesto anche alla diretta interessata, Gaeta, ma si è rifiutata di rispondere.

Ma c’è anche un altro discorso da fare e c’entrano sempre le nomine poco chiare e quello che abbiamo chiamato “figliettismo d’arte”. Come ha raccontato Stylo24, Lissner ha nominato come Direttore artistico delle Officine San Carlo il figlio di Emanuela Spedaliere, Michele Sorrentino Mangini, e cioè il figlio del braccio destro di Lissner, che attualmente ricopre una carica inventata. Noi abbiamo fatto un altro step. Lissner, il 30 luglio del 2024, rinnova il contratto biennale di Mangini, che sarebbe scaduto nel 2025, fino al 2027. Ma Lissner nel 2025 avrebbe smesso di essere Sovrintendente. Che interesse aveva a prolungargli il contratto? Come abbiamo spiegato qui, il Direttore viene nominato dal Sovrintendente in carica. E chi subentrerà a Lissner nel 2025/2026? Il nome di cui tutti parlano è proprio quello di Spedaliere, la madre di Mangini, che ovviamente non potrebbe nominare suo figlio in quegli anni.

A questo punto serve capire cosa sono, però, le Officine San Carlo e perché siano state affidate a Mangini. Il figlio di Emmanuela Spedaliere viene nominato attraverso una manifestazione di interesse da Lissner come coordinatore regista. Nel documento si legge: “La Fondazione, in persona del Sovrintendente, alla luce della valutazione dei profili dei candidati ad opera della Commissione all’uopo nominata, dispone la pubblicazione dell’elenco preferenziale, che tiene conto delle specifiche caratteristiche dei candidati in relazione ai profili oggetto delle singole manifestazioni di interesse”. Peccato che per la scelta del coordinatore-regista non ci fosse nessun elenco. C’era solo un candidato. Mangini. Le Officine sono dei “laboratori di ampie dimensioni per la costruzione, il montaggio e la conservazione degli allestimenti degli spettacoli, per incrementare la produzione e la progettazione di questi”. Sono parte di un progetto di rigenerazione urbana partito nel 2007 e ricevono fondi da tantissimi donatori e partner, il principale dei quali è la banca Unicredit. Ovviamente le Officine fanno capo alla Fondazione San Carlo e nel corso di questi anni hanno ospitato progetti e workshop. Ma anche molti spettacoli teatrali, alcuni dei quali proprio di Mangini. L’ultimo è stato La baronessa rampante (21-23 marzo 2025).
I locali delle Officine, però, non sono della Fondazione, ma sono stati dati in concessione per 30 anni dall’autorità portuale nel 2009, quando la Sovrintendete in carica era Rosanna Purchia. Nel contratto si scrive per cosa dovranno servire questi locali (ex stabilimenti della Cirio): “La concessione è assentita allo scopo di ospitarvi la falegnameria, laboratori montaggio scenografia ed altre attività, sala prova coro, uffici e sala formazione della Fondazione”. E si aggiunge: “La Fondazione non potrà, né in tutto né in parte, adibire a scopo diverso da quello indicato nel presente atto i beni demaniali marittimi concessi”. La domanda che ci siamo fatti è: quindi si possono fare o no gli spettacoli teatrali? Per capirlo serve guardare alla destinazione d’uso urbana degli edifici dati in concessione. Normalmente la categoria degli edifici in cui si possono fare spettacoli e altre attività artistiche è D/3, ma le Officine Vigliena vennero accatastate come edifici di categoria D/1 (opifici) e oggi rientrano nella categoria D/7.

La categoria catastale D/7 identifica i fabbricati costruiti o adattati per particolari esigenze industriali e non adattabili ad altro uso senza radicali modifiche. Questi fabbricati sono spesso dedicati a processi industriali specifici, come impianti di rifornimento carburante, impianti di lavaggio auto, centrali del latte. Com’è possibile allora che vengano comunque organizzati degli spettacoli teatrali in un locale che non può essere utilizzato per altri scopi? È stata fatta una richiesta per il cambio di destinazione d’uso delle Officine? O il comune ha rilasciato particolari permessi per la Fondazione? Questi immobili sono adatti a ospitare un pubblico? Stando al catasto urbano no. Rispettano i piani normativi per la sicurezza? E cosa serve per ottenere questi permessi? Il presidente della Fondazione è, da statuto, il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. Cosa risponde? Queste domande sono centrali, perché la storia potrebbe allargarsi ancora di più e potrebbero venire fuori altre nomine poco chiare e altri accordi di potere. Noi ci stiamo lavorando.
