La serie tratta da un’altra opera di Maurizio De Giovanni (Il Commissario Ricciardi, I Bastardi di Pizzofalcone, Mina Settembre) è fredda. Nel senso che tutto appare severo, lucido, preciso, quasi distaccato in alcuni momenti. Ed è forse questa la parte più interessante e riuscita del successo Netflix che sta scalando le classifiche (quarta in Germania, terza in Spagna e seconda in Italia). A partire dalle prime puntate, si sente il dolore di una madre (Teresa Saponangelo) alla ricerca di spiegazioni per la morte prematura di suo figlio. Una sofferenza che c’è, ma non si vede del tutto, anche nelle immagini. Nessuna sceneggiata, nessun momento drammatico e stucchevole. È tutto intenso anche se sembra distante, come forse appare la verità alla stessa protagonista di questa storia. Perché suo figlio è morto. Ma chi l’ha ammazzato? Che cosa è successo?

Sarà proprio lei, sua madre, facendosi aiutare da Teresa (Claudia Gerini) e dall’ispettore Pardo (Flavio Furno) a cercare di capire il motivo, accorgendosi però, passo dopo passo, che dietro questa morte si nasconde una trama ancora più grande e aggrovigliata, fatta di corruzione e segreti. Sara è una storia severa e analitica, come lo sguardo di chi, ispettore o spettatore sul divano colpito dall’avvicendarsi e dallo sgretolarsi di un affetto sullo schermo, tenta di ricomporre i pezzi, di incastrare tutto per avere un quadro più chiaro di come sia andata davvera questa tragedia. Trovare un motivo per poi crollare, come fosse morire. Solo quando tutto sarà a posto.
