San Valentino, palco dell’Ariston. Il pubblico è lì, sospeso, in attesa di una performance che promette emozioni forti. E chi si presenta? Fedez. Ex di Chiara Ferragni, ex di quell'universo dorato costruito a suon di like e strategie di marketing emotivo. Stavolta, però, non c'è la narrazione della famiglia perfetta, non ci sono filtri pastello. C'è lui, sul palco, a cantare Bella stronza di Marco Masini. Chi ascolta con attenzione, però, sente qualcosa che stride. Non è solo la canzone a creare tensione. È l'interpretazione. C'è una nota forzata, una teatralità studiata che si scontra con il testo crudo di Masini. Le strofe che parlano di un amore che tradisce, che ferisce, che si consuma, sembrano avere un destinatario chiaro. Non l'ex moglie, non la presunta amante. Ma lui stesso. Fedez, mentre canta, si riveste del ruolo di vittima. Una mossa già vista. Non è nuovo a queste strategie: utilizzare i grandi palcoscenici per riscrivere la narrazione di sé. Lo ha fatto nel Sanremo condotto dall'ormai ex moglie Chiara Ferragni con il bacio a Rosa Chemical, lo ha fatto ieri sera nel duetto con un incredibile Marco Masini. Stesso outfit total black dalla sera del green carpet, stessi occhi che cercano la telecamera. La differenza? Stavolta, la narrazione è più sottile. Il testo non parla di lui, eppure sembra che l'intero palco sia costruito per un'unica missione: ricordare a tutti che lui, Fedez, è quello che ha sofferto. Quello che è stato ferito.
![Fedez e Chiara Ferragni](https://crm-img.stcrm.it/images/42482763/2000x/20250215-105111186-6756.jpg)
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Basta guardarlo attentamente per capire che forse non si tratta di sofferenza. È una messinscena studiata, calibrata, eseguita con la precisione di chi conosce perfettamente i punti deboli emotivi del pubblico. La mascella serrata, i muscoli tesi, lo sguardo fisso sulla telecamera. Le lacrime. Non sta cercando un contatto con chi lo ascolta. Sta cercando di dominare l'attenzione, di afferrarla, di non lasciarla più andare. È l'espressione di chi non ha mai accettato di essere stato relegato dalla sacralità dell'altare del consenso alla periferia dell'attenzione. E poi c'è quel microfono verde fluorescente. Il verde, in psicologia del colore, rappresenta equilibrio, speranza, serenità. Ma non questa tonalità. Quello che Fedez tiene tra le mani non è uno strumento musicale, è un segnale di emergenza. Un verde acido, quasi tossico, che richiama alla mente la sirena di un allarme psicologico: “Guardatemi. Non dimenticatemi. Non lasciatemi andare”. Quella tonalità non rilassa, disturba. È come un neon lampeggiante in una stanza buia. E lo scopo è proprio quello: creare un corto circuito visivo, tenere incollati gli occhi su di lui, come un bambino che, per non essere ignorato, rovescia i giocattoli in terra. La mano che stringe il microfono racconta il resto della storia. Le nocche sbiancano, le dita si contraggono. Non è una presa rilassata, non è la gestualità di chi si lascia andare all'emozione. È la stretta ossessiva di chi si aggrappa al proprio ruolo. Perché perdere il microfono, per uno come lui, non significa perdere un accessorio. Significa perdere il controllo della narrazione. Le parole di Masini, quelle che parlano di una donna che ha lasciato un vuoto, vengono reinterpretate con maestria manipolatoria. In bocca a Fedez non sembrano rivolte a una donna. Sembrano un atto d'accusa al pubblico, a chi lo ha tradito, a chi lo ha spinto fuori dal centro della scena. “Bella stronza, che hai fatto il vuoto dentro di me”.
![Fedez e Marco Masini a Sanremo](https://crm-img.stcrm.it/images/42482765/2000x/20250215-105143482-4689.jpg)
Un messaggio diretto alla folla che ha smesso di seguirlo con la stessa devozione di un tempo. È una strategia psicologica chiara: invertire i ruoli, trasformarsi da manipolatore in vittima, ribaltare la percezione di chi osserva. “Non sono io quello che ha usato e tradito. Sono io quello che è stato abbandonato”. Il linguaggio del corpo, però, lo tradisce. Le sopracciglia si aggrottano in modo innaturale, gli angoli della bocca si abbassano con eccessiva intensità. È il mimetismo emotivo di chi non prova davvero ciò che esprime, ma lo simula. È la recita di chi ha imparato a copiare le emozioni altrui per ottenere l'effetto desiderato. Perché il narcisista overt non sente empatia. La riproduce. E il palco dell'Ariston, con le sue luci potenti e la sua aura mitologica, è l'ambiente perfetto per questa manipolazione. Qui le lacrime diventano simbolo, la voce spezzata diventa confessione, l'espressione addolorata diventa verità. Anche quando è solo finzione. Chi conosce la sua storia sa che Fedez non è nuovo a questa dinamica. Prima, al suo fianco, c'era una donna troppo grande per lui. Chiara Ferragni, la regina della narrazione social. La donna che lo ha portato al centro della scena, trasformandolo da rapper polemico a fenomeno mediatico. Ma vivere con una regina, per chi si nutre di attenzione, significa accettare di essere il secondo. Il satellite. L'eterno gregario. E così, in parallelo a quella facciata dorata, è arrivata un'altra donna: Angelica Montini. Un profilo borghese, discreto, non mediatico. Non un faro autonomo, ma una luce più fioca, da poter gestire. Perché il narcisista overt non cerca una donna con cui condividere la scena.
![Angelica Montini e Fedez](https://crm-img.stcrm.it/images/42482769/2000x/20250215-105238199-5304.jpg)
Cerca una figura che resti un passo indietro, che non lo oscuri, che lo guardi come un dio da venerare. Il palco dell'Ariston non perdona. E ieri sera, sotto quelle luci, la maschera ha iniziato a scivolare. Le note si spengono, la voce si spezza per l'ultima volta. Fedez abbassa la testa, simulando il peso di un dolore inesprimibile. Il pubblico applaude, ma qualcosa si è incrinato. Qualcosa non torna. E allora lo si vede fare quel gesto che tradisce tutto: lo sguardo che scivola, rapido, verso il monitor di ritorno. Non per cercare conforto, non per valutare la qualità della performance. Ma per accertarsi che la telecamera sia ancora lì, su di lui. Perché per chi vive di attenzione, il dolore non è un peso. È uno strumento. E Fedez, più che una canzone, ha cantato un SOS. Gran parte del pubblico, ormai, ha capito il trucco. E quel microfono verde, più che un'ancora, è diventato il segnale di un naufragio già iniziato.
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