Se bastasse stare in piedi per fare stand up comedy, allora anche la statua della Libertà sarebbe una comica di razza. Eppure, c’è chi in Italia continua a confondere un genere comico con una posizione fisica. Questo il concetto espresso da Giorgio Montanini, uno dei pionieri della stand up comedy nel nostro Paese, che non ci sta dopo le dichiarazioni di alcuni comici. E, quando parla, è come assistere a un roast senza filtro: puntuale, feroce e spietato. La querelle tra tradizione e innovazione, tra cabaret e stand up, si gioca su un campo minato fatto di nomi, stili e, soprattutto, tempi. Montanini a MOW sostiene che alcuni comici sono come quei giapponesi che non sapevano che la guerra fosse finita e continuavano a sparare. Il loro tempo è passato, ma loro sembrano non essersene accorti. Polemico? Certo. Supponente? Lui stesso ammette di esserlo. Ma in fondo, se sei il primo a portare un genere in un Paese, forse qualche pretesa puoi permettertela. Ecco come il re della stand up comedy in Italia ha asfaltato Pintus e Antonio Ornano che cercavano di ridimensionarlo.
Durante l’intervista con Gianluca Gazzoli di Bsmt (Basement) Pintus dice che la stand up comedy non è un genere, ma uno stile. Tu che ne pensi?
Tolta la forma, cioè la supponenza con cui dice certe cose, per carità, io sono il primo a essere supponente, però la prima cosa che dice è molto grave. È come sbagliare le date della Seconda guerra mondiale, c’è la stessa ignoranza dentro. Se dici “la stand up comedy c’è sempre stata”, dici una cazzata enorme. Non è vero che c’è sempre stata. La stand up comedy ha un’origine precisa, nasce negli Stati Uniti, c’è Lenny Bruce come capostipite, è stato fatto anche un film. È proprio una questione culturale. E non è uno stile, è un genere vero e proprio. È un genere comico, che ha delle caratteristiche completamente diverse da altri tipi di comicità. È ovvio che se io parlo della canzone italiana degli anni Cinquanta e poi parlo del rock, parlo di due generi musicali diversi, ma parlo sempre di musica. Pintus ha la supponenza di chi pensa di saperne.
Pintus dice che già Walter Chiari faceva stand up comedy, o anche il primo Benigni o il primo Beppe Grillo.
Se Walter Chiari è uno stand up comedian allora anche Aldo Fabrizi è stato uno stand up comedian, o anche Totò, perché stavano in piedi. Lui dice “stand up comedy sapete che vuol dire? La traduzione letterale è comico in piedi”. Ma questo non significa niente. Con stand up comedy noi in Italia parliamo di quel tipo di comicità che in America nasce proprio perché culturalmente cambia la società, cambiano certe dinamiche e i comici sentono l’esigenza di parlare in maniera diversa al pubblico. Attraverso la comicità si esprimono le situazioni del momento, della società, a livello culturale, sociale, e non è in base al fatto che stai in piedi o stai seduto, se fai un monologo oppure no. E in Italia arriva alla fine del 2009 e si diffonde a livello nazionale grazie a me.
Quindi manca un passaggio?
Se Pintus cerca su Google qualsiasi riferimento alla stand up comedy, prima di Satiriasi e di Giorgio Montanini in Italia non c’era niente. Qualsiasi riferimento che fa Pintus nella sua immensa ignoranza è verificabile attraverso una ricerca su Google. Se mi trova una volta nominata la stand up comedy prima del 2009 gli pago una cena in un ristorante stellato. Lui si rifugia dietro la definizione del comico in piedi, ma fare la stand up comedy in maniera inconsapevole non esiste, non è che uno è uno stand up comedian ante litteram, non esiste. È come se uno diventa espressionista ma non lo sa, ma che cazzo vuol dì? Uno deve scegliere quella filosofia, no? I comici in Italia sono tutti ignoranti, fanno comicità perché pensano che essere comico significa solo far ridere, ma la comicità è un’arte. La stand up comedy si basa su dei principi che Benigni o Beppe Grillo non hanno mai incarnato.
Ad esempio, quali sono alcuni di questi principi?
Un esempio. Lenny Bruce individua nella società americana un cambiamento clamoroso, si passa da una società che aveva vissuto due guerre mondiali a una società che stava vivendo il dramma che stava quotidianamente dentro casa. Negli anni ’30 e ’40 la gente utilizzava molto di più il cabaret, che era una comicità di evasione. Ci stavano delle grandi compagnie, ci stava il comico che raccontava le barzellette, ci stavano le ballerine, ci stava il musicista. Era un intrattenimento che aveva una funzione ben precisa, la società aveva bisogno di evasione. E nel dopoguerra quella società cambia, e quando lui si trova a dover dire barzellette per forza lui dice “No, questa comicità non mi rappresenta più”, voglio parlare ad esempio di quel professore omosessuale che è stato cacciato dal liceo perché era omosessuale. Io vorrei un professore che sia bravo, e non un professore discriminato sessualmente. E lo hanno arrestato per questo. Poi ha parlato della parola pompino, lo hanno arrestato. Negli anni ’60 lui diceva negro ai neri ma lo diceva in un contesto antirazzista e veniva arrestato per questo. Lui fa un cambiamento radicale che Pintus non conosce e che non ha mai fatto soprattutto. È un caso culturale, c’è l’esigenza di parlare di quello che vive quotidianamente la persona, ma non di come gli ha cucinato le lasagne la suocera, che piace tanto a Pintus, ma di parlare delle contraddizioni della società, delle proprie esperienze, e lo fa in chiave più cinica, più disinibita, e non come facevano Benigni e Beppe Grillo, loro hanno fatto sempre una comicità basata molto sulla religione, o sulla politica, ma non hanno mai affrontato quei temi a livello personale.
Nell’intervista lui dice che la satira è un genere e aggiunge che “alcuni si sono convinti di aver introdotto qualcosa che è sempre esistito”.
La satira c’è sempre stata, esiste da Aristofane, quella c’è sempre stata, non la stand up comedy. La comicità satirica, in Italia, fatta nello stile che facciamo noi ci sta da quindici anni. Quindi lui dice una cazzata. Noi non è che abbiamo creato la stand up comedy, noi abbiamo il merito di averla importata in Italia. Pintus ha ‘sto problema, prima faceva l’Arena di Verona, ora che non vale più niente come il comico ridicolo che è, dice “il genio che si sente migliore”, ma io in confronto a lui sono migliore quindi sì, sono un genio che si sente migliore, questo è vero. Vuoi mettere un monologo mio con quello di Pintus? Prendi il momento migliore di Pintus e il momento mio di quando ero un tossicodipendente e vedi che il monologo mio, anche da ubriaco, lo faccio meglio.
La tua intervista a Tintoria è stata molto criticata. Nel podcast Il Bazar Atomico, Antonio Ornano ha detto che non è d’accordo con te quando dici che Pucci e Brignano non sono dei comici, anche se poi possono piacere o meno. E, in pratica, aggiunge che fa figo dire che Pucci fa cagare, che è meno mainstream dire che è un comico con i controcoglioni. Che ne pensi?
Prima di tutto Ornano che fa, lavora coi caschi blu dell’Onu? È un prete? Che è diventato Ornano? Che cazzo vuole Ornano? Non ho capito, si facesse i cazzi suoi. Io non posso avere le mie opinioni? Io penso che sia una grande cazzata che Pucci e Brignano siano dei grandi comici, per me sono due meri intrattenitori, potrebbero star bene nei villaggi turistici, per me quella che fanno come comicità non è attuale, sono fuori tempo. Io penso che Gigliola Cinquetti o Nilla Pizzi negli anni ’50 facevano furore, oggi sarebbero passate di moda, oggi ci sta altro. E così vale per Brignano e Pucci, sono comici passati, non rappresentano più quello che è oggi la comicità. Se fossero nati negli anni ’30 sarebbero stati comici da cabaret perfetti, ma il cabaret è morto in Italia da 15 anni. Qualsiasi comico fa stand up comedy oggi. Oggi qualsiasi comico sale col proprio nome e cognome. Ai tempi di Pucci e Brignano sarebbero tutti vestiti da pupazzi o travestiti a fare i personaggi, sono 15 anni che non ci stanno più questi qua ma ci stanno solo monologhisti e stand up, perché è cambiata la comicità, quindi quei due comici sono fuori tempo. Quando è arrivato il rock in Italia Nilla Pizzi è andata a cantare nelle piazze.
Quindi tu volevi dire che non sono più attuali, non che non sono stati mai dei comici?
Certo, ovvio. Ma Ornano che cazzo vuole? Forse gli dispiace che non ho nominato lui, vabbè che anche Ornano mi fa schifo, tra l’altro.
Lui nell’intervista si riferisce a te: “Vacci tu a tenere una platea come quella che tiene Pucci”.
Io faccio il Brancaccio sold-out, sono 1700 persone, non so che ha visto Ornano. Non lo so Ornano che vede, ma io faccio teatri da più di 1500 persone. Vacci tu a parlare della suocera e io a parlare di sborra, che è un po’ diverso. Non capisco poi perché debba prendere le difese di Pucci e di Brignano. Ma che vuole Ornano? Sta sempre un po’ toccato dal fatto che anche lui sta nel calderone di quelli che non contano un cazzo. Sai che sono Pintus e Ornano? Sono come quei giapponesi che sulla fine degli anni ’40 non sapevano che la guerra fosse finita e continuavano a sparare ai turisti americani pensando fossero ancora dei soldati. Ma la guerra è finita da 10 anni. Loro stanno un po’ fuori tempo, questa battaglia dovevano farla prima. Invece prima erano tutti snob, prima dicevano che la stand up comedy non sarebbe mai attecchita in Italia, poi quando ormai c’è solo stand up adesso che fanno? Fanno quelli che dicono che c’è sempre stata. A me non fanno arrabbiare, a me fanno un po’ pena.
Non ti sembra di essere troppo impietoso?
Ce l’hanno col fatto che ormai sono sorpassati, prima erano un punto di riferimento e ora non se li caga più nessuno, questo è. Ornano e Pintus devono capire che il loro tempo è passato, sono stati anche tanto fortunati che con la comicità che hanno fatto loro due sono riusciti ad avere successo. Io penso che dovrebbero essere contenti e basta. Quando uno raggiunge il successo come l’ha raggiunto Pintus, che veramente io non riesco a capire come ha fatto, è difficile magari accettare il fatto che ormai ci sono centinaia di comici che proprio non lo vedono nemmeno. Ma non parlo di me eh, io con Pintus non mi sono mai paragonato perché sarebbe impietoso per me fare un paragone, però ci sono tantissimi comici giovani oggi che a Pintus gli danno venti giri. Magari non sono conosciuti, però sono molto più bravi perché hanno una cultura diversa. Fai un sondaggio su 100 ragazzi di vent’anni e quanti di loro dicono che gli piace Pintus. Il pubblico di Pintus è ultracinquantenne o al massimo di bambini. Un villaggio turistico, ecco.