L’ultimo Biancaneve targato Disney si è rivelato un disastro annunciato ancora prima di uscire in sala. Tra le tante polemiche, una delle più accese riguarda proprio l’assenza dei Sette Nani, figure centrali in una delle fiabe più amate di sempre. Ma la vera domanda è: volevano fare inclusione e hanno finito per fare esclusione? E davvero era meglio usare l'intelligenza artificiale? Quella che poteva essere un’occasione per coinvolgere attori con acondroplasia si è trasformata nell’ennesima scelta discutibile da parte dell'industria hollywoodiana travolta dal politically correct. Il problema, però, è più ampio e va ben oltre il Biancaneve gate. Riguarda la rappresentazione delle persone con questa condizione sul grande e piccolo schermo: troppi stereotipi, troppa infantilizzazione, troppe narrazioni che riducono tutto a macchiette o all'immaginario fantasy. E poi c’è il solito, fastidioso riferimento ai freak. Noi per fare chiarezza sull'argomento, ne abbiamo parlato con Marco Sessa, scrittore, divulgatore e presidente dell’Aisac, per capire se e come si possa cambiare rotta. Un buon esempio, a quanto pare, esiste. Spoiler, c'entra Paolo Sorrentino.

Marco Sessa. In un’intervista al Corriere, ha dichiarato che l’acondroplasia è una delle disabilità più raccontate ma spesso in modo scorretto. Quali sono, secondo lei, gli aspetti più fraintesi o travisati nelle narrazioni mediatiche? Cosa si potrebbe fare per cambiare questa percezione?
L’acondroplasia viene rappresentata in modo scorretto perché siamo spesso relegati a personaggi fantasy. Nell’immaginario collettivo, la nostra immagine è associata a quel mondo, e quando le persone ci vedono, ci identificano subito con quel ruolo. Tuttavia, questo porta alla difficoltà di far percepire la nostra individualità: mentre il cacciatore o l’attore sono visti come belli e felici, il “nano” è visto come un elemento goliardico, infantile, quasi un giocattolo. Questo rende difficile il passaggio dal personaggio alla persona. Per cambiare questa percezione, sarebbe necessaria una narrazione più corretta. Alcuni attori hanno sottolineato l’importanza di assegnare ruoli più vari, anche drammatici e normali, senza limitarci sempre agli stessi stereotipi. La soluzione non è semplice, perché si tratta di un problema complesso. La nostra rappresentazione ha radici lontane e porta sempre con sé l’immagine del giullare, del clown, del bambino, una figura carina ma non presa sul serio.
Pensando alle recenti polemiche sul live action di Biancaneve e su Wonka (2023), ha l’impressione che questi prodotti di Hollywood siano sempre più falsamente inclusivi?
Non trovo che questo sia il modo corretto di rappresentare determinate condizioni. Riproporre sempre lo stesso stereotipo non fa inclusione, anzi, lo amplifica. La vera inclusione comporta la normalizzazione, che a sua volta è legata al concetto di normalità. Tuttavia, non si tratta solo di cosa viene rappresentato, ma anche di come viene percepito. Se si continua a ricorrere agli stessi stereotipi, non si favorisce l’inclusione. Questo discorso vale per qualsiasi categoria: anche il mafioso, ad esempio, viene sempre rappresentato con un certo tipo di aspetto fisico.

Ci sono film o serie tv che, secondo lei, offrono una rappresentazione autentica e rispettosa delle persone con acondroplasia?
Un esempio positivo è La grande bellezza di Paolo Sorrentino, che includeva l'attrice Giovanna Vignola in un ruolo significativo e non stereotipato. Il film raccontava semplicemente il suo personaggio in modo drammatico, con un approccio completamente diverso dal solito, vero. Un altro esempio è La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, dove era presente Kiruna Stamell. E anche qui vale lo stesso discorso.
Mi ha citato due film italiani. Crede che il cinema stia davvero andando verso una maggiore inclusione e normalizzazione delle persone con acondroplasia?
Dipende da come viene fatto. In Italia ci sono sensibilità molto diverse: si passa da un estremo all’altro, come accade probabilmente in molti paesi. C’è sicuramente uno sforzo verso l’inclusione, anche se con grande fatica. La buona volontà c’è ed è diffusa, ma non posso dare una risposta netta. Inoltre, una parte della responsabilità è anche nostra: a volte accettiamo ruoli che ricalcano certi stereotipi. Tuttavia, la questione principale resta sempre il modo in cui veniamo raccontati.
Tornando a Biancaneve e Wonka, entrambi i film hanno utilizzato la Cgi per rappresentare rispettivamente le sette creature magiche e ancora per rimpicciolire Hugh Grant nel ruolo dell’Oompa Loompa. Cosa ne pensa dell’uso dell’intelligenza artificiale in questi casi? È una risorsa o un errore?
Nel caso di Biancaneve, lo trovo pessimo. Personalmente, sono contrario al politicamente corretto quando porta alla cancellazione di certe rappresentazioni. Il punto non è eliminare o nascondere qualcosa, ma raccontarlo nel modo giusto. Nel caso specifico di Biancaneve, i sette nani sono talmente radicati nella cultura popolare che ormai la loro presenza o assenza ha poco senso. Anche i loro nomi – Brontolo, Cucciolo, ecc. – richiamano l’idea di infantilizzazione. Se la loro esclusione è stata fatta per un motivo di correttezza politica, allora è un errore ancora più grande.


