È uscita Viola, canzone che cristallizza la pace avvenuta questa estate sul palco di San Siro tra Salmo e Fedez, nello specifico qui presentati come Fedez e Salmo, e mi sono preso qualche ora per scriverne. Questo perché nel mondo della musica, di questo mi occupo, la strada più semplice per portare a casa la pagnotta oggi che la figura del critico musicale è messa continuamente in discussione, principalmente dai due vettori “uno vale uno”, calcificato dai social e dall’opportuna vetrina fornita da Zuckerberg e soci a chiunque, e “che senso ha la critica quando la musica me la posso ascoltare in tempo reale senza manco spendere un centesimo?”, nel mondo della musica, di questo mi occupo, la strada più semplice per portare a casa la pagnotta oggi che la figura del critico musicale è messa continuamente in discussione è radicarsi su posizioni ferme, immobili, diventare riconoscibile anche da lontano, una figura bidimensionale non troppo diversa da quella dei personaggi Marvel e senza manco stare a tirare in mezzo l’abbattimento della quarta parete come in She-Hulk, proprio buoni/cattivi/superpotere. Il mio, di ruolo, direbbe Alan Moore provando a spiegarci come anche io, quindi, nel mio piccolo ho contribuito al ritorno di fiamma del fascismo, sempre che il fascismo se ne sia mai davvero andato, è quello del villain, il cattivo che prova a distruggere il mondo, uccidendo i buoni con colpi proibiti. Certo, la Marvel insegna, i cattivi possono anche essere simpatici, ma alla fine, si sa, fanno sempre una brutta fine (salvo poi ripresentarsi nell’episodio successivo più in salute di prima). Per questo, anche per questo, ho deciso di mettere del tempo tra me e l’uscita di una canzone che, figlia dei nostri tempi, è stata annunciata con una manciata di ore di anticipo dall’uscita, prima semispoilerata dal video in cui Fedez e Salmo si esibivano in saletta prove, come due pischelletti che avessero per la prima volta imbracciato basso e batteria, il cazzo dritto per essere riusciti a mettere in fila quattro note irruvidite da spirito punk, e poi da un paio di post che dicevano, appunto, che un’ora dopo la mezzanotte del quindici ottobre sarebbe uscita Viola, e tant’è. Questo mi sono detto, esce una canzone di Fedez, uno che negli ultimi anni ha dedicato la sua esistenza alla promozione di se stesso, usando ogni causa sociale e cavalcando qualsiasi forma di polemica per costruire un personaggio, salvo poi abbatterlo come un artista di performing art degli anni Settanta a suon di singoli destinati immediatamente a diventare hit, uno più imbarazzante dell’altro, sempre privi di qualsiasi traccia di quell’impegno pret-a-porter disseminato sui social, come se Woody Guthrie, per dire, esibisse la sua chitarra con su scritto “this machine kills fascists” salvo poi cantare Jingle bells a gran voce, da poco tornato sugli scranni di X Factor perché è difficili essere bidimensionali a furia di Mille e La dolce vita, esce una canzone di Fedez insieme a Salmo, un vero campione, certo, il solo, oltre al medesimo Fedez e J-Ax a aver conquistato San Siro, certo, ma con un ultimo album, per altro pregevole, che non ha portato a casa i risultati sperati, ché uno fa presto a blastare sui social Lazza o Rhove, ma alla fine fine loro i numeri li hanno fatti davvero, in buona compagnia di tutta una genia di gaglioffi dai nomi impronunciabili per chi abbia a cuore la propria autostima e anche l’antico sapore della lingua italiana, quindi magari una canzoncina che funzioni davvero non sarebbe male, del resto va bene fare quello che bestemmia su traccia, ma La canzone nostra di Mace, con Blanco, mica se l’è fatta sfuggire, e non è che fosse questo inno hardcore, quello. Ecco, esce una canzone di Fedez con Salmo, arrivata dopo la riappacificazione sul palco di San Siro, roba strana, quella, loro due lì, certo, ma con Salmo che bullizza Fedez, gli sputa in faccia i versi di Fibra, non proprio amorevoli, carota e bastone, esce una canzone di Fedez con Salmo, non vuoi approcciarla con tutto il tuo carico di pregiudizi e anche, perché no, di antipatie, almeno nei confronti di Fedez?
Così mi sono preso il mio tempo, col cazzo che ho aspettato l’una di notte per ascoltare Viola, canzone, scopro, che fa riferimento alla banconota da cinquecento euro, non a un nome di donna tipo Viola bacia tutti, film dimenticabile e quindi dimenticato con Asia Argento e un gigantesco Rocco Papaleo che a un certo punto, quando i maiali hanno divorato il bottino di una rapina, di questo parla Viola bacia tutti, si lascia andare a una frase strascicata in dialetto lucano che suona, scusate gli errori di trascrizione, “i maiali so’ purc…”, come a dire, cosa vuoi mai aspettarti da chi è riconosciuto come animale onnivoro, pronto a mangiarsi qualsiasi cosa, lì, mentre si rotola nel fango, sinonimo di sporcizia, anche morale? Ecco, la sto prendendo larga, è vero, cito film che non c’entrano nulla, ma nei quali, scrivere è il mio mestiere, insinuo che in fondo aspettarsi quel che è scontato non è mai azione malriposta, perché i maiali so’ purc, appunto, dove purc sta per porci, un maiale mangia tutto, sottotesto, Fedez e Salmo insieme, anticipati da un video in cui sembrano due dodicenni cui lo zio strano ha regalato chitarra e basso, a far finta di essere punk in saletta prove, cosa mai potrebbero tirare fuori? E il mio prendere tempo, gigioneggiare, qui, altro non è che un prendere tempo, appunto, ovvio come i maiali che mangiano i bottini, un rinviare una resa dei conti tra me, il villain, con il buono di turno, nello specifico Viola di Fedez e Salmo.
A questo punto, ho studiato, vedere Enrico Letta in giro per programmi televisivi che, da bravo professore della Sorbona si nasconde dietro parole e analisi vagamente cartonate per non ammettere che se il centro sinistra è morto la colpa è anche, e prevalentemente sua, so come le parole possano essere usate come paraventi per nascondersi e nascondere allo sguardo degli altri la propria fallacia, la propria incapacità di affrontare il presente, il proprio essere inadeguati anche di fronti a eventi talmente prevedibili che pure leggendo una tazzina di the solubili si sarebbe potuto capire come andava a finire, a questo punto dovrei provare a tirare in ballo, magari senza forzare troppo la mano, le lezioni americane di Italo Calvino. Funzionano sempre, le Lezioni americane di Italo Calvino. Uno le cita, cita ovviamente quella sulla leggerezza, e di colpo può anche far passare che la collaborazione di Alessandra Amoroso e i Boomdabash, in fondo, non è così male, perché la leggerezza eccetera eccetera, magari anche senza aver mai letto le Lezioni americane di Calvino, perché Calvino uno lo associa sempre a roba tipo il Barone rampante, Marcovaldo, non è che prenderlo seriamente in considerazione da adulto, si dice, sia tanto meglio che prendere in considerazione Alessandra Amoroso con i Boomdabash. E questo fatto qui, che avete appena letto, il mio citare Letta, il mio spostare ulteriormente lo sguardo altrove con Calvino, lasciando anche intendere che forse io non ho letto Calvino, e che quindi questo mio star qui a dirvi che sono colto non è che sia proprio vero verissimo, è un tentativo, neanche troppo riuscito, di rotolarmi a terra come Neymar, sperando che l’arbitro abbocchi e mandi fuori uno che in fondo non mi ha neanche toccato, del resto provateci voi a mettere uno di fila all’altro Letta, Alessandra Amoroso, Calvino e Neymar.
Il fatto è che è uscita Viola, canzone della pace tra Fedez e Salmo. Annunciata a poche ore dall’uscita, e non certo mettendo sul tavolo grandi aspettative, loro che fanno casino come ragazzini, manco fossero i Dead Kennedys. Ho aspettato a ascoltarla, la mattina seguente all’uscita, tornato a casa dopo aver accompagnato i miei figli a scuola, e questo è l’ultimo tentativo di pietire compassione, uno che cita i Dead Kennedys e invece che incatenarsi di fronte alla villa di Cernobbio dove si incontrano i grandi della terra che la mattina si alza presto per andare a portare a scuola i figli, e ora mi sono messo qui davanti al computer, portandovi a spasso come foste la vita di Mario Venuti nel testo di Crudele, cercando di stancarvi pur di non affrontare il cuore del discorso, e converrete che la citazione di Crudele è forte, una bella trovata. È uscita Viola di Fedez e Salmo, e io, coi miei pregiudizi, con le mie antipatie, con la mia consapevolezza che se non faccio il villain, oggi come oggi, rischio di essere fagocitato dal sistema che Spotify e i social hanno allestito per noi, dove tutto scorre senza lasciare traccia e uno che di lavoro fa il critico musicale è destinato a trovarsi un lavoro serio, per dirla con Salmo in Cabriolet “volevo fare il batterista/ suonare in un gruppo rock/ meglio che fare il giornalista/ e pensare sia un lavoro scrivere su Rolling Stones”, sono qui a scriverne, cincischiando, prendendo tempo prima di ammettere la dura verità. Dura verità che poi è questa, siamo stati anche troppo tempo insieme, oggi, direi che è il momento di chiuderla, e amici come prima, Viola di Fedez e Salmo è una cagata pazzesca. Una canzone che prende dei suonini distorti, ma neanche troppo, e prova a mascherare da punk, toh, da pop-punk una canzone che è solo e esclusivamente pop, ma di quel pop che uno poi passa qualche ora e non se lo ricorda più, tanto fa cagare. Pop destinato a non lasciare traccia, certo, magari lo ascolteremo tra anni, per sbaglio, e uno si dirà “Madonna che cagata che avevano fatto quei due insieme”, sempre sperando che i due insieme non vadano a tirare fuori un album tutto così. Perché paragonarli ai Blink 182 è un gesto che andrebbe punito con qualcosa di eclatante, tipo cospargimento di pece e piume e giro in centro, lasciato al pubblico ludibrio, lo dice uno che considera i Blink 182 roba da bambini, sono cresciuto con Jello Biafra e Henry Rollins, considerando Grant Hart e Bob Mould i miei Lennon e McCartney, non scherziamo, ma a confronto con loro Viola è una cosa non leggera, la leggerezza non è sempre da guardare con ostilità, nonostante Calvino, ma riprovevole, i Måneskin a confronto sono i Primus. Potrei quasi dire blasfemo, non fosse che scherzare coi santi, da che Fontana è diventato presidente della Camera, comporta rischi seri, come uno che pensa che vestirsi da prete o da suora comporti poter insegnare teologia al seminario. A confronto, la canzone di Luigi Strangis, uno che pensa che intitolare un album Voglio la gonna sia un gesto rivoluzionario, canzone che si intitola Stai bene su tutto e dice frasi come “una granata, quando riprendi la mano me la ridai senza vita” o “balliamo un lento, una rapina in centro, e se ci mettono dentro avrai più voglia” è equiparabile ai versi di Jim Carroll o ai colpi di chitarra di Guy Picciotto. A volte è rassicurante vedere i propri pregiudizi prendere forma nella realtà, passando rapidamente alla condizione di giudizi frutto di analisi, prima, e di conferma a tutto quello che in fondo anni e anni di mestiere ti avevano indotto a ipotizzare. Cagata pazzesca doveva essere e cagata pazzesca è stata.