Il concerto a San Siro è stato una celebrazione di tutto ciò che i Dogo hanno rappresentato e rappresentano. E quando diciamo tutto, intendiamo proprio TUTTO: le strade di Milano e i personaggi più o meno raccomandabili che vi si incontrano, le polemiche e le controversie a mezzo stampa (vedi alla voce Mario Giordano che si presta a recitare un copione volutamente esagerato sulla storia dei Club Dogo e a farsi fischiare da un intero stadio), la celebrazione sfrenata del lusso (vedi alla voce Flavio Briatore che manda un video messaggio in apertura del pezzo Briatori, che già nel lontano 2006 sfotteva apertamente un certo mondo da starlette televisive e ricchi vanesi). Ma anche gli ospiti, da Sfera Ebbasta e Lazza, in eccellente rappresentanza di quella nuova scena hip hop che hanno ispirato con le loro gesta, a Marracash, che ha mosso i suoi primi passi proprio nella Dogo Gang. Ma la tappa milanese del gruppo è stata soprattutto una lezione di musica e di stile: oggi che tutti suonano come i Dogo, che tutti si sono rifatti ai Dogo, che il linguaggio e l’immaginario dei Dogo sono ormai sdoganati, tendiamo a dimenticarci quanto è stato rivoluzionario e dirompente il loro impatto sulla discografia italiana. Il loro arrivo ha cambiato tutto, anche se all’epoca pochi se ne erano accorti, al di fuori dei loro (pur molto numerosi) fan. C’è voluta la trap per far sì che tutti, anche quelli che proprio non volevano vederlo, aprissero finalmente gli occhi sul fatto che i gusti dei nostri concittadini erano cambiati, in fatto di sound e messaggi.
In tutta Italia, ma soprattutto nella città che è sempre stata il loro primo feudo, i Club Dogo possono contare su un pubblico di fedelissimi che hanno seguito con entusiasmo il loro ritorno: molti erano da poco stati al Forum di Assago a vederli in concerto, ma hanno ricomprato volentieri il biglietto per seguirli anche allo stadio. Quando nel lontano 2003 è uscito il loro primo album Mi Fist, in effetti, nessuno si sarebbe mai immaginato che il fenomeno dell’hip hop italiano avrebbe assunto proporzioni così gigantesche; o meglio, forse nessuno tranne loro, che hanno sempre pensato in grande e che a differenza degli altri artisti di allora hanno subito detto chiaro e tondo che i soldi e la fama erano un obbiettivo, e che era ipocrita sostenere che non contassero niente. Allo stesso tempo, hanno sempre evitato di edulcorare il loro messaggio o addirittura di veicolarlo attraverso troppe interviste: “Club Dogo è per la gente”, come recita il loro celebre motto, e tra la gente e i Dogo non c’è mai stato bisogno di un filtro. Per la disperazione di noi giornalisti, bisogna dire, perché capita raramente di incontrare artisti disponibili a lasciarsi davvero andare in una conversazione con un cronista: loro lo sono, ma non parlano praticamente mai. Speriamo che prima o poi ricomincino a farlo, anche se è difficile immaginarlo.
Ma la domanda sul successo o meno del concerto dei Dogo ne conteneva in sé anche un’altra: quella sul successo tout-court della loro reunion. Anche in questo caso, è stata spesso bollata come un’operazione nostalgia del tutto utilitarista, ma la verità è che se lo fosse stata probabilmente l’avrebbero fatto molto prima, o forse non si sarebbero separati mai. L’album Club Dogo ha ottenuto critiche entusiaste ed è stato certificato disco di platino in tempi rapidissimi, cosa non scontata, perché chi conosce i trend dell’hip hop sa perfettamente che non hanno certo strizzato l’occhio al sound o ai temi del momento. È innanzitutto un disco per adulti, e si sa che gli adulti non sono un pubblico che si ammazza di streaming dalla mattina alla sera. Secondariamente, o forse in primis, è anche un disco pieno di contenuti, musicalmente e a livello testuale: bisogna avere una solida cultura generale per cogliere i riferimenti, e una profonda cultura musicale per apprezzarne le finezze. Insomma, non è roba per tutti, né mirava ad esserlo. Perché sì, “Club Dogo è per la gente” e alla gente la strada piace, ma ci sarà sempre un abisso tra come la racconta Fast & Furious e come la racconta L’odio. Ecco, Club Dogo è L’odio. Letteralmente e in senso figurato, a giudicare dalle reazioni divisive e polarizzanti che riesce sempre a scatenare.