“Dalla gente, per la gente”, cantano i Club Dogo in uno dei brani che hanno fatto il rap italiano. Eppure, l'entusiasmo di quei nostalgici dei primi anni Duemila, sembra sia quasi svanito. Basta dare un'occhiata a Ticketone, a pochi giorni dai concerti in programma: in parterre, sugli spalti, ci sono ancora molti biglietti disponibili sia per la tanto attesa data di San Siro (prevista il 28 giugno), sia per le altre, con gli addetti ai lavori che mormorano di una vera e propria débâcle nella Capitale.
Un mezzo flop, perché di questo si tratta, che si sarebbe potuto ampiamente prevedere: dopo aver riempito con facilità le 10 date ad Assago, nella città che li ha visti crescere ed esplodere, forse era consigliabile rallentare il ritmo e abbassare la spocchia (non ce ne vogliano), quando a mezzo social, a inizio anno, dichiaravano in modo altisonante: “Non rilasceremo interviste...”. Un messaggio che implicava un semplice sotto testo: ‘non abbiamo bisogno di chiacchierare per cantare al Meazza’. Sicuri?
Poiché la prevendita non ha registrato i numeri sperati, il trio compotto - Guè, Jake La Furia e Don Joe - è poi corso ai ripari, distribuendo interviste a destra e a manca, per risvegliare l'interesse. Va detto che se il piatto è il vostro, ossia se siete tra coloro che hanno sempre apprezzato il loro stile, e la loro musica, c'è da leccarsi i baffi. Ma dopo dieci anni, e una serie di uscite singole che non hanno riscosso grande successo (salvo l'eccezione di Guè), la forbice degli appassionati sembra essersi ridotta. Il ritorno del trio, appare, in effetti, un'operazione nostalgia cotta e mangiata, un'autocelebrazione per soddisfare i fan e capitalizzare uno status di culto (raggiunto a posteriori) che non sembra più godere della risposta entusiastica del pubblico.
Forse perché Milano, a differenza di Napoli, manca di quella cultura dell'appartenenza, la stessa che ha permesso a un 24enne di Secondigliano, al secolo Emanuele Palumbo, noto a tutti come Geolier, di radunare 145 mila persone in tre date sold out nello stadio Diego Armando Maradona. Tant'è, c'è qualcosa che unisce i napoletani e li trova uniti al punto da estendere il sentimento di appartenenza alla città (grazie anche al boom turistico culminato nello scudetto del 2023) anche a chi non vi ha mai messo piede. Provate a immaginarlo al contrario: impossibile, vero?