L'idea di San Damiano nasce una notte a Termini. Qui i registi Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes hanno incontrato Damiano. Erano lì per un film di finzione e sono finiti per scriverne un altro di lungometraggio. Un documentario. Al centro, appunto, Damiano, un uomo di trentacinque anni fuggito dall'ospedale psichiatrico di Breslavia, in Polonia, arrivato a Roma alla ricerca di una nuova vita; Sofia, una ragazza determinata, innamorata, e poi un sacco di gente, una torre, l'incubo (ma anche il sogno). Abbiamo invitato il regista Gregorio Sassoli nel nostro spazio MOW da MBU, e gli abbiamo chiesto cosa ha capito di questa seconda o terza vita di San Damiano, considerando che il film è ora tornato in alcune sale italiane. San Damiano o la prova che il passaparola serve davvero, che forse lo spettatore, al cinema, il 'rischio' di lasciarsi stupire se lo prende.
“San Damiano nasce in modo un po’ casuale, perché Alejandro e io in realtà stavamo scrivendo un film di finzione ambientato alla stazione Termini e per ricerca siamo andati a dormire lì una notte. La coincidenza particolare è stata che quella notte abbiamo incontrato Damiano, che era appena arrivato a Roma. Siamo stati un po’ travolti da questo incontro e da questa persona incredibile che ha un po’ scompaginato tutti i piani di finzione che avevamo. E dopo poco abbiamo iniziato le riprese del documentario senza sapere bene che cosa sarebbe diventato”, ci dice Gregorio Sassoli.
Non ci sono risposte in San Damiano, non c'è una soluzione. Quella che vediamo è la storia per una testa sgombra di pensieri. Perché si tratta di un film non facile, di una visione che potrebbe avvicinare qualche spettatore all'altro, fargli abbattere la percezione di una distanza, a vedere laddove, prima, non aveva visto mai. “Damiano ha il sogno di fare il cantante per cui in parte del film c’è una linea narrativa legata a questo cosa qui, che cerca di fare il cantante, improvvisa delle canzoni rap per strada, ed è molto bella per cui dal momento in cui canta rivela qualcosa di intimo, suo, come si vede nei musical, quando il personaggio canta rivela qualcosa di sè”. Sassoli ha infine concluso: “Secondo me quello che è successo con San Damiano è un po’ la dimostrazione che il pubblico, soprattutto quello giovane, vuole delle cose nuove, coraggiose, diverse dalle solite cose che vengono proposte, quindi il rischio in realtà viene premiato”.