“Tu vivi sempre connessa come una disconnessa / Chi ti conosce meglio è il tuo motore di ricerca”. A dirlo (o meglio, rapparlo) è Marracash in “Sindrome depressiva da social network”, brano uscito nel 2015 ma, anche a distanza di dieci anni, attualissimo. La nostra vita è racchiusa dentro uno smartphone. Senza ci sentiamo persi, quasi come se ci mancasse un arto. E la "sindrome dell’arto fantasma” si fa sentire, così come la Fomo, l’ansia da prestazione sul lavoro, che spesso non fa dormire la notte, e la dating fatigue, sperimentata da chi utilizza le app di incontri. Tutto questo è raccontato magistralmente da Jem Calder in “Ricompense”. Se il suo nome non vi dice nulla è perché parliamo del suo romanzo d’esordio. Anzi, per essere più precisi, di una raccolta di sei racconti, edita in Italia da Einaudi.
“Il libro elettrizzante e bellissimo di uno scrittore straordinariamente talentuoso” si legge sul retro di copertina del romanzo. A dirlo non è una scrittrice qualunque, ma Sally Rooney, considerata da molti tra le voci più promettenti della nuova generazione di scrittori che si sta facendo velocemente spazio nel panorama letterario mondiale. E anche se abbiamo recensito negativamente il suo ultimo romanzo, “Intermezzo”, ci sentiamo di dare ragione alla scrittrice irlandese. Con “Ricompense” siamo di fronte a un lavoro che mette, nero su bianco, la vita vera, quella che i giovani vivono davvero. Una quotidianità fatta di post, reel, like sui social, ghosting, orbiting, e la lista potrebbe essere ancora lunga. Una vita precaria con al centro due protagonisti, Nick e Julia, che compaiono in cinque dei sei racconti, per poi diventare “utente donna” e “utente uomo” in quello che è il racconto più realistico. Credeteci: se siete mai stati su una dating app forse non vorrete tornarci. Perché non c’è nulla di più potente di trovare raccontata, nero su bianco, un’esperienza e immedesimarcisi totalmente, rendendosi conto di quanto quello che succede a noi non è speciale, ma piuttosto ordinario. Ed è proprio l’ordinarietà delle vite a rendere “Ricompense” straordinario. Un po’ com’è stato con “Stoner” di John Williams, diventato un caso editoriale a più di cinquant’anni dalla pubblicazione.
Nel 2025, ma già da un po’ di tempo, le storie fantastiche, o con i lieto fine, continuano a piacerci, ma non ci emozionano più come prima. Nei romanzi vogliamo ritrovarci, leggerci, capire qualcosa di più di noi stessi. E come i personaggi protagonisti dell’esordio di Jem Calder, abbiamo bisogno di continue “ricompense” per sentirci nel posto giusto, per capire che quello che facciamo, o che non facciamo, ci fa realmente stare bene. Il lieto fine non ci entusiasma più, vogliamo la verità nuda e cruda, sbattuta tra le pagine di un romanzo e impossibile da evitare.