“Felice di questo grande anniversario. Siamo tutti invecchiati nel frattempo, ma la canzone resta freschissima e credo che tutti se ne siano accorti”. Il numero dell’anniversario è 40, la canzone è “Terra promessa”, che Eros Ramazzotti ha portato sul palco dell’Ariston. Un pezzo importante – esordio e Sanremo in un colpo solo, per Ramazzotti – al quale il suo autore, Alberto Salerno, è ancora affezionato. Salerno, ribadiamolo per gli under 50, è un pezzo della canzone italiana. Paroliere tra i più prolifici e apprezzati, ha firmato brani per Le Orme, Nomadi, Zucchero Fornaciari, Mango e Anna Oxa. Lo abbiamo intervistato per parlare del Festival, degli autori di oggi e di polemiche come quella su Angelina Mango, che ha deciso di portare alla serata cover 2024 un brano del padre, "Le rondini".
Cosa pensa dell’edizione numero 74 del Festival di Sanremo?
Mah, io per una questione anagrafica (Salerno, marito di Mara Maionchi è un classe 1949, ndr) faccio fatica a rapportarmi con il modo di intendere oggi le canzoni. Vengo da un altro pianeta, ma come in tutti i Festival da cinquecento anni a questa parte ci sono canzoni belle e meno belle che sono lo specchio della musica pop nostrana del momento.
Qualcosa che l’ha colpita particolarmente?
Senz’altro Gazzelle, il pezzo dei Ricchi e Poveri, The Kolors e Diodato, sebbene la sua canzone mi sembri un buon tentativo di replicare il miracolo di “Fai rumore”.
E cosa ne pensa di questa tendenza che vede pochi autori spartirsi i crediti di tutte le canzoni in gara? Pensiamo, ad esempio, a Davide Petrella, l’anno scorso primo e secondo classificato con Marco Mengoni e Lazza, che per questa edizione firma addirittura quattro pezzi (Emma, Ghali, Rose Villain, The Kolors). Oppure Jacopo Ettorre, che firma i brani di Alessandra Amoroso, BNKR 44, Fred De Palma e Mahmood.
È un fenomeno, per me, in buona parte incomprensibile. Non ho idea di come un brano possa essere scritto da tre persone differenti. E quasi tutti questi pezzi sono firmati da più autori, quasi ci fossero dei consorzi di autori che permettono a sé medesimi di spartirsi più crediti Siae possibili con il singolo autore che firma porzioni di tanti brani diversi. Sinceramente, dopo tanti anni, non ho idea di come si possa scrivere un brano in tre.
La stupisce questo Festival per ora così parco di polemiche?
No, i giornalisti sono diventati tutti più buoni. Noto dei voti mediamente molto alti. Il livello medio non mi pare esaltante, io poi quelli che usano l’autotune li lascerei a casa. Vediamo un po’ che piega prende questa cosa sul balletto di John Travolta, ma credo finirà in niente.
Come vede Angelina Mango che stasera interpreta “La rondine”, un brano di suo padre?
La vedo come una cosa splendida, toccante, che solo la cloaca social poteva criticare o interpretare come opportunismo. Cosa c’è di più bello di un omaggio di una figlia a un padre che ha perso troppo presto? Conoscendo Angelina e tutta la sua famiglia, so la sincerità che caratterizza questa idea. Altro che doppio gioco. Che squallore affermare cose simili.
E se le canticchio “Non ho l’età”?
Mi torna alla mente mio padre Nisa, Nicola Salerno, grande autore. Lo scrisse lui il pezzo di Gigliola Cinquetti.
Dovesse unire il suo repertorio a quello di suo padre, quali tre canzoni, fra tutte quelle scritte da voi, metterebbe sul podio?
Di mio padre sceglierei “Tu vuò fà l’americano” (Renato Carosone) e “Un ragazzo di strada” (I Corvi). Fra le mie, “Io vagabondo” dei Nomadi.