Sono passati ventisette anni da quel famoso incontro-scontro tra le famiglie Molino e Mazzalupi a Ventotene. Nell’isola si torna invecchiati, qualcuno non c’è più (i compianti Ennio Fantastichini e Piero Natoli), qualcun altro si è costruito un famiglia, c’è chi si ama ancora e chi ha paura di dirselo… Un altro Ferragosto è anche un film sui rapporti che si basano sui non detti. Paolo Virzì cuce con il filo sottile, che è l’assenza delle parole, le emozioni e le fatiche dei suoi personaggi. Indaga il legame padre figlio, tra Altiero (Andrea Carpenzano) e Sandro Molino (un Silvio Orlando da favola), due generazioni che non si capiscono. “Com’è Ventotene ti piace ancora?”, chiede Altiero a suo papà. Sandro: “Come va in America si sparano ancora tra di loro?”. E poi la relazione infelice tra Marisa (Sabrina Ferilli) e Pierluigi Nardi Masciulli (Christian De Sica), lei eterna infelice e lui l'ennesimo ex piacione (la storia si ripete). Un altro Ferragosto, come lo era suo fratello maggiore Ferie d’Agosto, è ancora una commedia “corale” che dà voce alle intimità di più persone, lasciando respirare le mille sfaccettature d’ogni singolo personaggio senza risultare mai stressante, caotica o claustrofobica e per fortuna, esattamente come il suo prequel, mantiene una superficie politica, ma più “ispessita”. Virzì è tornato a chiedersi cosa siano la destra e la sinistra, che fine abbiano fatto certi valori e dove siano finiti certi ideali. Resta fermo, immobile, come fosse un bagnante a prendere il sole su uno scoglio di Ventotene, Sandro Molino che invoca la sinistra, e ci spiega il Manifesto di Ventotene, uno dei testi fondanti dell’Unione Europea, scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni durante il periodo di confino nel 1941 proprio nell’isola nel Mar Tirreno. Sandro se la prende ancora una volta con i Mazzalupi, rozzi, irrispettosi e omofobi, che decidono per le nozze della giovane Sabrina interpretata da Anna Ferraioli Ravel (divenuta una nota influencer) di abbattere un muretto, quello che restava del ricordo di quel gesto liberatorio e coraggioso di Spinelli e i suoi che, come spiriti dell’isola, viaggiano indisturbati nella mente del capo famiglia Molino, lo abbracciano e cullano fino alla fine.
La deriva politica
Virzì non scomoda la storia “a caso” ma del Manifesto di Ventotene ne fa un’occasione per riflettere su quanto conti la memoria e quanto profondamente possa, come un coltello nella carne, cambiare le impressioni sul presente. Sarà solo il nipote di Sandro, Tito (meraviglioso Lorenzo Nohman) a lasciare uno uno spiraglio aperto nella sua mente pronto ad accogliere tutto quello di chi prima di lui ha recepito la storia. Ma perché ci importa tanto “ricordare”? In tempi ignari e complessi è l’unica cosa che ci resta per far sì che non ci sia un eterno ritorno del male. “Tanto ormai nella politica chi ci crede più? Sono tutti uguali...”. Immaginiamoci che a ripetere questa assordante quanto insussistente espressione sia un genitore, un padre che decide di dargli in mano tutte le sue disillusioni. Quanto può essere controproducente addottrinare il futuro regalandogli la convinzione che tutto potrà solo peggiorare? Ecco i giovani della politica sono delusi per interposta persona, da quelle battaglie per le spartizioni di piccoli o grandi poteri, dalla sinistra. Per fortuna però, Sandro con suo nipote fa il contrario, gli dona la speranza. Quella che in Ferie d’agosto era una predica rivolta a un'Italia neoberlusconiana contro l’accanimento da parte di alcuni del governo intorno alla droga leggera (indimenticabile la battuta di Silvio Orlando nel primo film che alla polizia dice: “uno spinello quindi vale come un tentato omicidio?”), si è tramutata in una politica che non riesce a dirsi antifascista, perché non ha coraggio. “Per voi l’antifascismo non è un valore, abbiate il coraggio di dirlo. Con la parola fascismo oggi non si va in galera, si fa carriera. E noi siamo diventati Ztl”, urla Sandro con la stessa di forza di quando aveva vent’anni, sentendo dentro di sé le voci dei compagni Spinelli, Rossi e Colorni. E se qualcuno a questa richiesta non risponde, né dentro, né fuori dal film, dall’altra parte c’è una classe politica che sembra essersi persa. “Com’è la ‘Elly’? É molto bello il silenzio dei grilli”.
La disillusione
In Ecce Homo, Nietzsche scriveva: “Io per primo ho scoperto la verità proprio perché per primo ho fiutato la menzogna”, un pensatore “antipolitico” che nella sua filosofia non ha mai nascosto la sua amarezza nei confronti di una sistema e di una società stanca e avviluppata in un mantello di incertezza. “Il concetto di politica trapasserà allora completamente in quello di una guerra degli spiriti, tutti i centri di potere della vecchia società salteranno in aria”. E a rendersi conto, a svegliarsi da una presunta etica e morale è Daniela (Emanuela Fanelli), ex moglie del promesso sposo di Sabrina, Cesare (Vinicio Marchioni). “Stammo a mori' e andiamo in giro a salva' le balene?!”. Eppure di fronte alla morìa delle cose, degli ideali e delle persone, bisogna provare a “credersi utili” come lo sarà Tito, per perorare una causa, ricordando che la sudata democrazia potrebbe un giorno essere solo un lontano ricordo. E se un tempo erano la politica e i seggi di partito che ospitavano incertezze e preoccupazioni oggi ci occupiamo di esorcizzare e dibattere sui social con flussi di coscienza inconcludenti. In Un Altro ferragosto c’è il risveglio della politica, un appello affinché ci si ricordi come diceva lo scrittore Gitlin: “Che il mondo non solo ‘è’, ma è fatto”.