Past Lives, opera prima e autobiografica di Celine Song, candidata agli Oscars come miglior film e migliore sceneggiatura originale, ripercorre la storia d’amore interrotta tra due amici d’infanzia, Na Young e Hae Sung. Na Young cambia Stato, dalla Corea del Sud parte per il Canada, e pure nome (per occidentalizzarsi), diventa: Nora, Nora Moon. La protagonista (una splendida Greta Lee) trascorre la sua infanzia nel nuovo continente, cresce e decide di trasferirsi di nuovo per proseguire i suoi studi universitari a New York. Da piccola Nora, allora Na Young, aveva bisbigliato all’orecchio del suo compagno di scuola di avere un sogno: quello di vincere il Nobel. Passano gli anni e Nora a quel Nobel preferirebbe ora un Pulitzer. La sua più grande passione è sempre stata scrivere, il suo più grande obiettivo è sempre stato diventare un’autrice e una sceneggiatrice. Un giorno, dopo più di vent’anni e una mezza corrispondenza azzardata e poi interrotta tra lei e Hae Sung (Teo Yoo), i due si rincontrano nella Grande Mela ma qui Nora, fra la luce del sole che s’infila tra gli edifici, non è più sola, al dito ha la fede nuziale, si è sposata oramai da più di sette anni con lo scrittore Arthur Zaturansky (John Magaro).
Pieni di speranze noi nel cercare in una trama già letta e riletta una storia nuova e gli stessi protagonisti di questa storia che non riescono mai realmente ad appartanersi, a film finito spettatori e personaggi escono dalla sala un po’ delusi. Su Past Lives aleggia un hype esagerato che è riuscito soltanto in parte a parlare di radici e di identità strappate, di una bambina che si ritrova a reinventarsi, cambiando nome, lingua e costumi. Di quella vecchia amicizia è sopravvissuta solo l’attrazione di Nora per la sua terra, di cui Hae Sung è irradiato. Lui è la sua terra. “Incredibile, lui è così coreano”, dice la donna guardandosi allo specchio mentre confida al marito com’è stato rincontrare il suo vecchio “amico” dopo così tanto tempo. Non riesce a dire nient’altro, forse perché non c’è proprio nulla da aggiungere. Non si sa perché le piaccia, o se le sia mai piaciuto davvero in quanto uomo, come Hae Sung, sembra piuttosto che sia attaccata a lui per quello che rappresenta, se dovesse dirgli addio, con lui se ne andrebbe anche la versione più intima e infantile di se stessa. Le battute più interessanti di tutto il film? Provengono dal marito di Nora, dall'"altro", il “malvagio marito americano bianco” che cerca di avvicinarsi alla cultura “silenziosa” della sua compagna, sforzandosi di parlare coreano, anche se a lei, Nora dà fastidio. La donna che sogna in una lingua che Arthur non capisce.
“E se fossimo già qualcosa nella prossima vita?”, si chiedono Nora e Hae Sung cercando l’uno negli occhi dell’altra la stratificazione del concetto di “In-Yun”, che in coreano esprime la connessione magica tra due persone. Eppure, si ha la sensazione che a legarli davvero sia soltanto una terra, anzi il ricordo di un Paese abitato da entrambi, nulla di più. C'è spazio per riflessioni spicce ma pure (per fortuna) per un po' di tenerezza e tentata intimità la stessa con cui i due si sono conosciuti e poi lasciati. Martin Scorsese ha detto in una intervista che Past Lives di Celine Song e Perfect Days di Wim Wenders rientrano tra i suoi film preferiti usciti in sala negli ultimi mesi, eppure - e il Re del cinema non ce ne voglia - in comune hanno solo un grande merito, oltre al fatto che entrambi riescano a farci avvicinare alla cultura asiatica, tratteggiandoci una identità coreana da un lato e giapponese nell’altro: essere riusciti a trattare storie semplici con la modestia che spesso al grande cinema manca. Con la differenza che, nel caso di Past Lives, la regista (una promettentissima esordiente) non è riuscita a far sì che il film si defilasse dall'anonimia di centocinquanta trame uguali a questa. Lo scorso anno a trionfare agli Oscars è stato il difficilissimo capolavoro dei Daniels, Everything Everywhere All at Once (la casa di produzione è la stessa di Past Lives) un vero e proprio inno alla complessità e alla stratificazione del concetto di esistenza, quest’anno abbiamo Poor Things, un trip alla Lanthimos decisamente spinto, barocco e allucinogeno e poi Oppenheimer colossal mastodontico pieno di effetti speciali da far girare la testa. In tutta questa tesa coesistenza di ghirigori e fish eye, ci sono loro Past Lives e Perfect Days, due film normali, senza pretese che ci mostrano il mondo senza fantasticare. Il secondo però è un capolavoro.