Rimasti orfani di Federica Sciarelli, i “chilavisters” del mercoledì sera hanno trovato Stefano Nazzi, in partenza ieri sera su Rai 3 con Il Caso. Si tratta di un programma di approfondimento dedicato alla cronaca nera, la cui prima puntata è stata dedicata al caso di Yara Gambirasio. Nell'estate che sta spolpando di nuovo il cadavere di Chiara Poggi, ecco un altro programma televisivo incentrato sulla cronaca nera. Niente di nuovo sul fronte televisivo, solo che Stefano Nazzi ha avuto un'idea che rivoluziona l'informazione sul genere: ha messo un genetista a parlare di dna, un entemologo forense a spiegare come siano state condotti gli accertamenti sull'area del ritrovamento, una criminologa a motivare il perché non sia stata richiesta perizia psichiatrica su Bossetti. Cioè persone che, anziché domande insinuanti, hanno risposte chiare: perché in curriculum tengono studio, competenze e motivazioni che prescindono dalla passione per i podcast true crime.

A proposito di podcast, format caro al giornalista, Il Caso somiglia proprio a un podcast più che a un programma televisivo: essenziale, senza opinionisti. Come nel suo amato Indagini, la voce di Stefano Nazzi guida lo spettatore nella terribile vicenda di Yara Gambirasio, scomparsa a Brembate di Sopra nel novembre 2010 e ritrovata morta tre mesi dopo in un campo aperto a Chignolo d'Isola, a circa dieci chilometri dal suo paese. La narrazione di Stefano Nazzi ripercorre i fatti e lascia spazio ai servizi dei tg dell'epoca, Chi l'ha visto? incluso. Di volta in volta, seduto di fronte a lui, interviene un esperto per fare luce sui punti chiave del caso, precisamente quelli su cui puntano gli innocentisti da salotto. Ad esempio: è vero che vennero usati reagenti scaduti, e questa è una grave mancanza nelle indagini, ma allo stesso tempo è altrettanto vero che il dna di una persona non si genera a caso. Oppure: la perizia psichiatrica su Bossetti non è stata richiesta perché non si tratta di un jolly che viene giocato quando mancano prove, ma quando emergono alterazioni di stati di coscienza. Non essendo questo il caso, la perizia non è stata richiesta perché sarebbe stata respinta. Poi la differenza tra dna nucleare, l'unico davvero identificativo di una persona, da quello mitrocondriale, il quale viene trasmesso dalla madre e può quindi appartenere a più persone. Al termine della puntata, il punto finale lo mette proprio il giornalista: per riaprire un caso servono nuovi elementi di prova, altrimenti si tratta solo di interpretazioni di fatti già noti e ampiamente dibattuti. Insomma, sottintende Nazzi: finché non emergono nuovi elementi, tutti i dubbi sollevati hanno già una risposta. Per quanto riguarda Bossetti, conclude Nazzi, la difesa non ha potuto accedere al test del dna: anche questo un errore, tuttavia sono stati usati ben sette kit e il risultato è stato sempre lo stesso dna.

Il true crime ha infestato l'intrattenimento rendendo il sangue delle vittime una voce di sottofondo per rilassarsi; i morti ammazzati nei modi più violenti, il dolore delle famiglie disumanizzati ad uso e consumo del pubblico, come fossero i personaggi di una serie. Ci sono dunque buone ragioni per non apprezzare il genere: Il Caso di Nazzi invece, dà una sonora lezione a tutti quelli che pretendono di avere opinioni su questioni dove se vuoi permetterti un'opinione, devi studiare, maturare competenze e seguire i processi.
