Incredibile a dirsi, ma il femminismo non si fa con l'autopromozione via hashtag su Instagram: il femminismo si pratica, spesso senza nemmeno chiamarlo femminismo. Basta dare un'occhiata alle protagoniste de Le Ragazze su Rai Tre, programma che va in onda ogni martedì in prima serata. Storie di donne che sono state ragazze nei decenni passati, dagli anni '40 fino ai '90, e che hanno lottato per costruirsi un posto nel mondo, affermandosi contro stereotipi e pregiudizi. Senza proclami: perché le loro storie, la loro vita, sono esse stesse una dichiarazione d'intenti che è stata rispettata. Capita così di conoscere queste ragazze, indicate nel titolo del programma con l'articolo determinativo perché non si tratta di ragazze qualsiasi, non sono state giovani intercambiabili l'una con l'altra. Quando essere donna equivaleva ad avere un ruolo sociale solo come moglie e madre, queste ragazze hanno visto altri orizzonti. Francesca Fialdini fa da filo conduttore tra le varie storie, lanciando i filmati: ogni protagonista si racconta in prima persona, con l'apporto di foto e filmati d'epoca.

Ciascuna di loro ha incrociato i cambiamenti della società italiana nel corso dei decenni; talvolta la loro storia ha incrociato l'altra storia, quella con la “s” maiuscola. Come ad esempio Paola Di Nicola, figlia di magistrato sotto scorta durante gli anni degli attentati terrororistici; la Di Nicola raccoglierà il testimone di quelle lotte, sosterrà l' esame del concorso in magistratura e lì incrocerà lo sguardo di Francesca Morvillo, poche ore prima della morte nella strage mafiosa di Capaci. La Di Nicola si è battuta per essere riconosciuta come istituzione in un ambiente maschile, dove gli imputati la guardavano come donna anziché come giudice. Rivendicando il proprio ruolo, è stata la prima ad apporre l'articolo femminile, determinativo anche questo, davanti alla parola giudice nei documenti ufficiali. Ma c'è anche la storia di Simona Zanini, figura di spicco della dance anni '80: sconosciuta al pubblico nonostante i tanti successi che ha firmato, è stata autrice e voce, mentre qualcuno davanti alla telecamera si esibiva al posto suo. Fino a che arriva il momento di riprendersi il proprio corpo, salendo sul palco in prima persona; finalmente davanti al pubblico che aveva ballato i suoi pezzi per anni. Oppure Luigia Carlucci Aiello che nonostante le sue umili origini, nel 1964 vince il concorso per la Scuola Normale di Pisa; quattro anni dopo si laurea in matematica applicata, coltivando una passione per la cibernetica dei calcolatori. Donna in un ambiente maschile, è volata a Stanford per poi otrnare in Italia: oggi è considerata la madre degli studi sull'Intelligenza Artificiale in Italia. Ma non serve essere considerata madre degli studi sull'Intelligenza Artificiale in Italia per sostenere la battaglia contro i pregiudizi, perché il riscatto può passare anche da una tintoria. Una storia forse più ordinaria quella di Giovannina Orsino, eppure l'attività rilevata insieme al marito a Sanremo è un'altra favola moderna: dall'infanzia a Benevento, passando per il diploma fino a gestire quella che diventerà la tintoria ufficiale del Festival di Sanremo. O ancora, un'altra vicenda ordinaria eppure straordinaria: Agnese Laurenza, nata nel 1933 a Caivano, in una famiglia di origini contadine, diventerà una delle prime sarte a cucire utilizzando i modelli e, in seguito, fa della sua sartoria una piccola impresa di successo.

Queste erano solo le protagoniste dell'ultima puntata. Ma tutte insieme, martedì dopo martedì, Le Ragazze di Rai Tre formano un affresco variegato di vite, ciascuna con le proprie vicende. Le vite di chi si è battuta per realizzarsi in una società che la voleva relegare nel contesto domestico. Sono le donne come loro che hanno innescato il cambiamento: senza retorica, senza strumentalizzazioni, senza slogan dal divano di casa né brand da taggare nelle stories. Chiunque voglia capire qualcosa di lotta femminile, chiunque voglia riappropriarsi del suo significato più puro, può guardare una puntata di questo programma di Rai Cultura: tutti gli hashtag, i “call out” a orologeria, le foto filtrate, impallidiranno davanti al potere di una calza coprente color carne. Un filo di perle vi domerà tutti.
