A quattro anni di distanza dall’ultimo progetto, Chicoria, ex TruceKlan, ha rilasciato il suo nuovo album, “Due lettere dopo”. Tra scenari apocalittici e battaglie personali, dipinge una realtà poco rassicurante, con lo sguardo di chi si è perso e ritrovato più volte. Dalla tossicodipendenza e il carcere, all’arte e la vita di campagna, oggi er Chicoria fa un racconto introspettivo della sua realtà. Lo abbiamo incontrato qualche giorno fa per un caffè sui Navigli, in una Milano ancora fredda. Ecco tutto quello che ci ha rivelato sul nuovo album.

Nella tua discografia già hai affidato le tue riflessioni a delle lettere, cosa ti piace della forma epistolare?
È diretta e personale. Vorrei colpire le persone direttamente interessate dal contenuto dei brani. Ci sono dei racconti nel disco appositamente per delle persone che stanno in difficoltà, per esempio con la tossicodipendenza. Questa cosa è polivalente però, perché possono essere ascoltati anche da chi non ha proprio la più pallida idea di questi problemi, ma che così può capire cos'è la realtà della tossicodipendenza.
Le lettere fanno parte anche della tradizione cristiana, l’immaginario religioso è molto presente nei tuoi testi.
Io sono della città dove c'è il Papa, è normale che vengo influenzato dalla religione, tantissime opere d'arte che vedo in giro, raffigurano eventi biblici. Roma è l'unione di questa cosa, santi e peccatori, come faccio io che provengo da determinate cose a non raccontarle usando questi esempi? La mia infanzia era completamente farcita di queste cose. Negli anni 80 c'erano un sacco di soldi e benessere, dove pensi che la gente si faceva vedere? In chiesa la domenica! Adesso se vai in una chiesa sono tutti mesti, si va in discoteca a sfoggiare, però io sono venuto su con le donne impellicciate ai primi banchi della chiesa che si battevano il petto. L'ostentazione avveniva proprio lì.
Nella lettera “Ai tossici” dici “Me chiedo come abbia fatto l’uomo preistorico sarà che la fame n te fa depresso”, che intendi dire?
La comodità rende l'uomo debole. Noi abbiamo una grande possibilità di oziare, perché tutto quanto è comodo e facile, prima l'attività del procacciarsi il pasto quotidiano occupava così tanto tempo che non nascevano proprio altri problemi. Quella era l'unica cosa fondamentale, non esisteva la cultura, forse l'unica scoperta che c'era fino ad allora era la ruota o il fuoco.
Nella lettera successiva invece, quella “Ad un aborto” parli di un bambino che non è mai nato. Un ipotetico figlio…
Si, il mio, lo sai perché non è mai nato? Ho paura del futuro, non voglio accollarmelo un individuo. Se domani scoppia una guerra i pesi morti sono le persone anziane e i più giovani, i neonati appunto. In questa barra esprimo la mia paura del futuro, il bambino non è mai nato perché ipoteticamente può essere una zavorra per la mia sopravvivenza, è crudo da esprimere così, però ti fa capire.
La tua è una visione pessimistica, quasi apocalittica del futuro, parli anche dei genitori che lasciano i figli in balia degli smartphones, ti spaventa anche la tecnologia?
Non gli creano una dipendenza o delle malattie psicologiche? Quando ero ai domiciliari, il mio produttore veniva a casa mia, montava lo studio e registravamo. Stava con una che aveva due bambini e ogni volta per venire a registrare da me spariva da casa, allora gli ho detto di portare anche lei e i bambini. Avevo una piscinetta gonfiabile grande, quando arrivarono questi due ragazzini dentro casa mia ci si misero davanti e iniziarono a giocare col telefonino, non gliene fregava niente di buttarsi dentro l'acqua e di divertirsi. Sarebbe potuta capitare qualsiasi cosa e non se ne sarebbero accorti, perché erano troppo fusi con il telefono, non c’era condivisione. Questa cosa per me è stata straziante. Poi gli ho preso i telefoni e alla fine hanno giocato e si sono divertiti più del giochetto del cazzo sul telefonino. Ed era tredici anni fa…
In “No escort” in collaborazione con Speranza, lui dice “Meno male che ho conosciuto il rap prima dei rapper”, pensi che rispecchi la situazione attuale dell’industria discografica?
C'è tanta prostituzione intellettuale, perché ovviamente se qualcuno paga il disco, è lui il padrone. Quindi, ipoteticamente, a te che sei artista può indicare delle linee guida. Sia io che Speranza invece siamo molto privi di controllo da parte dell'etichetta, siamo molto liberi di esprimerci.
In “Troppo impegnato” dici “tutti gangsta ma i social network nun so er posto pe criminali”. Qualche giorno fa è stato assolto Shiva dall'accusa di tentato omicidio, il suo caso potrebbe essere un esempio di questa barra?
Non mi sembra che lui abbia messo il video della sparatoria e nemmeno che si sia vantato sui social di aver fatto questa cosa. Dicevo in generale, non solo dei rapper. Di solito chi fa queste cosa qua è qualcuno che si atteggia a criminale ma non lo è realmente, altrimenti non lo farebbe proprio, perché la gente che è nel crimine già lo conoscerebbe, non avrebbe bisogno di dirlo. Se sei realmente criminale, lo sai bene che il telefono è un'arma a doppio taglio. Poi non mi sembra che chi ha fatto queste scemenze qua abbia avuto questo successo incredibile, anzi ha avuto solamente guai legali.
In “Antenne” con Side Baby e Carl Brave parlate della vostra città, Roma, quest’anno tra Achille Lauro e Tony Effe a Sanremo c’è stata molta romanità, ti sei riconosciuto in questi omaggi?
Si. Tony per me ha avuto delle gran palle a portare un cantato così, a subirsi tutte le critiche e le porcate che gli hanno fatto, perché il suo vestiario della serata, lo aveva comunicato, sapevano benissimo che aveva quella collana, altre persone si sono presentate con lo stesso brand, perché la togli a lui? Per me ha vinto il suo festival, è arrivato a una cifra di persone molto più grandi di lui e ha fatto una buona impressione. Avrà stonato davanti al pubblico ma capita, gli artisti sono esseri umani, possono sbagliare, se no fate l'ologramma con l'intelligenza artificiale e state tranquilli che quello non sbaglia.
Nella traccia Side dice anche “Resterò a Roma finché sarò morto”, per i romani è difficile andare via dalla città eterna, intramontabile e sempre uguale a sé stessa, nel bene e nel male.
Io pure ti direi che non me ne andrò mai da Roma, però effettivamente poi abito a Rieti, in campagna. Quando sto là un po' mi manca la frenesia di Roma, però mi accorgo di quello che manca a Roma, in termini di tranquillità, sono tutti arrabbiati…qui (cfr Milano), è tutto funzionale, paghi le tasse e hai le strade pulite, ogni 5 minuti arriva il tram puntuale, pure a Quarto Oggiaro. A Roma ci sono ma non funzionano e parlo del centro. La politica si impegna a farla diventare una città di merda, i romani ne subiscono le conseguenze e si arrabbiano. Qua (Milano) pure se lavorano di più e sono agitati, però la gente è più felice, mi sembra.

Nei tuoi testi denunci molte carenze dell’amministrazione pubblica, dagli scarsi investimenti nell’istruzione alla mala gestione delle carceri. Ci sono battaglie che meriterebbero la stessa attenzione di altre che, per quanto giustissime, sono più di tendenza? Penso ad esempio all’emancipazione femminile e i reati che riguardano le donne.
Oggettivamente i femminicidi fanno i cadaveri, ed è giusto parlarne, è pur vero però che, se tu non dai i fondi giusti all'istruzione, ti ritroverai una cifra di gente ignorante in futuro che non saprà fare il proprio lavoro, che non saprà stare al mondo. La scuola al di là delle conoscenze ti insegna ad alzarti dal letto ogni mattina, la disciplina nel fare qualcosa e poi a relazionarti a tutta una serie di persone diverse. I femminicidi quest'anno mi sembra che in Italia siano stati 112 in un anno. I morti per suicidi in carcere sono stati 85. Non c'è troppa differenza, però i femminicidi ovunque stanno, persistentemente, dei morti in carcere invece non ne parlano mai.
Un'altra battaglia che ti sta a cuore è quella della legalizzazione delle sostanze leggere.
Certo. Io fumo da 33 anni. Cannabis.
Da consumatore ma anche da ex venditore, quanto ci perde lo stato dalla mancata legalizzazione?
Pensa che il primo anno che hanno legalizzato in America, solo in Colorado, mi sembra che hanno alzato una cosa come 8 miliardi di dollari, ed era solo il primo anno. Il Colorado più o meno ha la superficie quadrata dell'Italia, immagina quanto ci perdiamo. Ti faccio pure osservare una cosa, io ho vissuto ad Amsterdam dove il piatto nazionale sono le patatine fritte, poi non mi sembra che ci siano tutti i monumenti che abbiamo noi in Olanda, in confronto avremo opere d'arte cento volte di più. Ma quanto più turismo ci potrebbe essere per tutto il background che c'è in Italia, tra l’arte e il cibo, quanto gioverebbe a tutti gli altri settori quello della cannabis?
Ma oltre ai soldi?
Legalizzazione significa anche educazione, con i soldi delle tasse sulla cannabis si farebbero delle campagne nei licei, perché è proprio quello il momento in cui iniziano a fumare. Nei paesi dove hanno legalizzato, nei coffee shop o nei social club ci entri solo se hai 18 anni, devi aspettare. In Italia invece l'età di avvicinamento alle droghe si abbassa sempre di più perché farsi una canna all'occhio di un ragazzino, ti fa sembrare criminale, nel momento in cui tu legalizzi, la canna diventa come un caffè, non fa più figo. Quando vivevo ad Amsterdam facevo l'aiuto cuoco e un mio collega mi confessò che da quando viveva in olanda non fumava più. Diceva che non c'era gusto, da giovane in Sardegna invece doveva cercare il tipo losco, magari andare anche in un altro paese per trovarlo, era tutta un’avventura. Fumava solo perché era affascinato dal fare queste tarantelle da criminale.
Qualcuno potrebbe obbiettare però che così questo fascino si sposterebbe a sostanze più pesanti.
Ma che vuoi obbiettare? Statistiche inconfutabili testimoniano che in tutti i paesi che hanno legalizzato l’età della coercizione alle droghe si è alzata; invece, qua non fa altro che abbassarsi, fra un po' avremo i ragazzini di dieci anni che si fumano le canne. Ma volete fa' qualche cosa?
