Stop Making Sense compie quarant’anni. Il film concerto più straordinario di sempre (espressione che 'rubiamo' al regista Spike Lee) è stato presentato dallo storico chitarrista Jerry Harrison e dal responsabile del restauro James Mockoski alla Festa del Cinema di Roma. Cosa sono stati i Talking Heads? Per noi e la musica mondiale? Una risposta ce l’abbiamo, ma abbiamo preferito porre questa e altre domande ai due diretti interessati, che, durante la fase di restauro, hanno riscoperto la potenza del lavoro originale. Nel 1983, il regista Jonathan Demme ha immortalato ogni singolo membro del gruppo durante un concerto a Hollywood, creando un’esperienza corale e perfettamente orchestrata, pensata per la sala cinematografica. E noi oggi durante la visione, proprio come i primi spettatori di Stop Making Sense, ci siamo sentiti risucchiare da un tempo lontano, inebriati dalle canzoni dei Talking Heads, da Burning Down the House a This Must Be the Place. È stato bellissimo perdersi tra quei suoni accecanti e colori morbidi, che hanno dato vita, oggi come allora, a un'esperienza collettiva, unica nel suo genere. Eravamo spettatori, stavamo guardando un film sul divano di casa, eppure a un certo punto ci è sembrato di tornare indietro nel tempo, a quel concerto dei Talking Heads nell'anno dell'uscita del loro album Speaking in Tongues. Come ha sottolineato Harrison nell'intervista, "Eravamo in grado di creare uno spazio in cui tutti potessero esprimersi. Ogni membro aveva il proprio momento di brillare, ma con l’intelligenza di non interrompere o sovrastare le performance altrui." Oggi, nel 2024, Stop Making Sense, torna a vivere per coloro che non hanno avuto la fortuna di essere lì, in quegli anni, di fronte ai Talking Heads (e dopo una lunga lista di tappe italiane, il film concerto vi aspetta il prossimo 30 ottobre all'Estragon di Bologna). Quando sarà possibile vederlo in sala? Segnatevi le date: 11,12,13 novembre.
Stop Making Sense e il leggendario concerto del 1983. James, hai curato il restauro: qual è l'elemento che non potevi assolutamente trascurare e che doveva essere mantenuto in fase di restauro del film originale di Jonathan Demme?
James Mockoski: Credo che la cosa migliore di questo progetto fosse replicare l'esperienza di essere al concerto del 1983. E questa è stata la magia di Jonathan Demme, che ha catturato nel film un momento nel tempo, che sopravvive ancora dopo 40 anni. E come restauratore, lavorare a un progetto di questo tipo è gratificante perché il film viene visto dai fan che lo apprezzarono all'epoca, ma trova anche un nuovo pubblico. La gratificazione più grande del tuo lavoro e della tua arte è vedere i tuoi figli iniziare ad apprezzare ciò che è stato creato quarant'anni fa.
C'è stato un momento nel processo di restauro che vi ha fatto riscoprire la magia di quel concerto?
Jerry Harrison: Beh, ce ne sono diversi. Ho iniziato ascoltando la musica non con il film realmente restaurato, perché abbiamo iniziato a lavorare sulla musica molto prima di avere il film, perché sapevo che ci sarebbe voluto molto tempo per ottenere un risultato corretto. Avevamo alcuni riferimenti dal mix originale e ne avevamo fatto uno nuovo nel 1999 quando è stato pubblicato su Dvd e Blu-ray. Il risultato oggi è più di quanto potessimo fare. Grazie ad alcune strumentazioni e dettagli tecnici è stato possibile immedesimarsi nello spazio, nel pubblico e provare la sensazione di un concerto che ti avvolge. (...) In un certo senso, siamo stati molto "conservatori": volevamo che l'esperienza fosse simile a quella di assistere a un vero concerto sul palco.
James Mockoski: Dopo quarant'anni, abbiamo a disposizione ottime televisioni e sistemi audio di alta qualità. Quando l'ho visto per la prima volta, era sempre su una cassetta Vhs, e quella è stata una delle esperienze più ispiratrici che abbia mai avuto con un film di concerto. Anche se desideriamo che le persone vivano questa esperienza al cinema, con Stop Making Sense le persone possono comunque godere di un buon concerto a casa. Tuttavia, vorrei che lo spettatore sia al cinema, mi piacerebbe sapere che può condividere l’emozione durante la visione del film con un pubblico e che sia una vera festa danzante, un momento di puro divertimento. Questo è ciò che Stop Making Sense riesce a creare in una sala cinematografica. Per me, la cosa più rivoluzionaria del restauro è stata vedere come la gente si immergesse completamente nel concerto.
Harrison, il titolo del fim concerto viene dal brano Girlfriend is Better: 'As We Get Older and Stop Making Sense'. Ecco, oggi, dopo più di 40 anni, come osserva il cambiamento del panorama musicale? Cos'è cambiato?
Jerry Harrison: Non si tratta solo di riconoscere e ricordare la qualità della musica e il talento di ogni singolo musicista, ma anche di come eravamo in grado di creare uno spazio in cui tutti potessero esprimersi. Sul palco eravamo in dieci, eppure nessuno si sovrapponeva agli altri; tutto era perfettamente orchestrato. Ogni membro aveva il proprio momento in cui brillare, e l’intelligenza di non interrompere o sovrastare le performance altrui. Penso che questa sia una delle cose più belle: eravamo sempre consapevoli dell’importanza dei momenti in cui non suonavamo. E poi lo spazio che ti concedevano, faceva parte dell'esperienza, ci permetteva di realizzare qualcosa di chiaro e comprensibile.
James Mockoski: Penso che sia la bellezza del film. Hai un'esperienza diversa quando fai un concerto live. Di solito non vedi cosa stanno facendo la bassista o il chitarrista. In questo film invece, puoi osservare tutto.
Jerry Harrison: Vedi a un certo punto qualcuno che parla, ride, suona. In Stop Making Sense puoi vedere l’insieme e le interazioni di ognuno di noi sul palco.