Un corpo steso a terra con addosso un paio di Converse nere e dei jeans Levi’s. Alla vita una cintura di pelle. Porta una camicia semplice, di cotone, e una t-shirt con due disegni neri sul petto. Nelle dita della mano sinistra sono infilati tre anelli: due sono bianchi con pietre verdi e nere incastonate, mentre l’altro è giallo. Le dita stringono un fucile gauge 20 semiautomatico, e il corpo è quello di Kurt Cobain, il leader dei Nirvana. Si è suicidato e il cadavere è rimasto nella sua villa sul lago Washington per tre giorni, prima che un elettricista se ne accorgesse e avvertisse la polizia. La causa della morte è nota da anni, il suicidio, appunto. Ma i dettagli e le specifiche dell’autopsia non sono stati mai rivelati. Adesso, però, il sito Tmz ha riportato che un investigatore privato, Tom Grant, ha reso pubblico il file con il report che descrive nei dettagli lo stato del corpo del cantante. È la prima volta che il file viene reso pubblico. Grant, in realtà, ha indagato per suo conto in tutti questi ultimi trent’anni, riportando gli aggiornamenti sul suo sito personale: l’obiettivo dichiarato era quello di modificare la causa di morte. Non più “suicide” (“suicidio”), ma “undetermined” (“non determinata”). Nel testo che accompagna il file del referto, Grant sostiene che la morte volontaria del frontman dei Nirvana potrebbe essere stata una messa in scena. Come sottolineato ancora da Tmz, però, i documenti pubblicati dall’investigatore parrebbero non smentire l’ipotesi del suicidio, ossia quella secondo cui Kurt Cobain si è sparato. La ferita del proiettile è in bocca, sul palato, e il cranio è costellato di fratture. Poi ci si sofferma, dopo le ferite esterne, su quelle interne. Sistema cardiovascolare, sistema respiratorio, apparato urinario e digerente: nessuna anomalia. Anche il cuore non presenta problematiche pregresse. È stata rilevata, invece, una necrosi del fegato (verosimilmente effetto e non causa della morte), così come quella del cervello (con tanto di emorragia). Sul polso del cantante vediamo un orologio con al centro del quadrante un volto su uno sfondo nero. Gli investigatori risalgono dal polso sull’avambraccio: ci sono dei fori causati da degli aghi. Kurt Cobain era dipendente dall’eroina. Accanto al corpo venne ritrovato un portaoggetti: al suo interno c’è tutto il necessario per farsi. Sull’apertura della scatola c’è scritto Tom Moore, una storica marca di tabacco da pipa. Lo sappiamo perché, oltre al documento, ci sono anche le foto. Nei risultati delle analisi, in aggiunta alla morfina, sono state ritrovate tracce di codeina e diazepam. Kurt era depresso e un tossicodipendente. Oltre a questo, però, ci tiene a sottolineare il suo agente Danny Goldberg in un’intervista per HuffPost, era anche “un rompicoglio*i, un uomo lunatico e attaccabrighe, cattivo, buffo e stupido”. Goldberg ci ha scritto un libro sulla vita di Kurt: perché la sua eredità non è la morte, ma la musica. E la sua fragilità.
La generazione che l’ha seguito sembra essere afflitta da quegli stessi fantasmi, dalle stesse insicurezze. Ed è per questo che i giovani trovano ancora nei tre album pubblicati dalla band uno specchio d’acqua in cui riflettere la propria immagine. Nel biglietto di addio indirizzato a Courtney Love e a sua figlia Frances Bean c’è l’ansia, quella che lo assaliva ogni volta che doveva esibirsi, e il senso di colpa dovuto all’infelicità, nonostante stesse vivendo la vita che gli altri sognano. “C'è del buono in ognuno di noi e penso che io amo troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fot*utamente triste”, leggiamo. Perché una stella piange, quando possiede tutto? Perché qualcuno a cui una folla tende migliaia di mani solo per il suono della sua voce dovrebbe voler morire? La polizia di King County, prosegue Tmz, non ha rilasciato dichiarazioni. Resta da valutare, quindi, la veridicità del documento dell’investigatore Tom Grant. Ma Kurt Cobain non è un cadavere. Forse, come quel bambino sulla copertina di Nevermind, era un essere umano in apnea. Non voleva essere lo specchio di nessuno: “Broke our mirrors”, dice in Lithium. Non un esempio da seguire, ma qualcuno a cui sentirsi vicino. La sua musica, il suo stile e la sua vita, prima che la morte, sono ciò che resterà scritto di lui. Non basta sezionarne il corpo per scoprire ciò che Kurt Cobain si portava dentro. Non basta un’autopsia vecchia di trent’anni per uccidere un uomo due volte.