I baci e l’amichettismo, chi dice e chi tace. Il comunicato stampa finale, conclusivo, ufficiale, prontamente diffuso dall’organizzazione di “Più libri più liberi” annuncia apoditticamente “grande successo per l’edizione 2024 della fiera, affluenza straordinaria, tutto esaurito negli incontri culturali e vendite stabili per gli editori”. Un amico "piccolo" editore, ascoltato al telefono questa mattina, racconta invece un’altra storia, semmai di segno declinante. Nei numeri, nelle presenze, solo in recupero nell’ultima giornata festiva. E ancora, soprattutto, proprio lì, nel condominio della Nuvola di Fuksas, Eur, già “E 42”, in verità l’esistenza di due distinte fiere: la prima, trionfale, destinata ai beneficiati della "direttrice" Chiara Valerio, al piano superiore, evidenza spettacolare, scenografica immediata allo sguardo del visitatore, della persona interessata alla lettura, alla scoperta, al dibattito, vero o presunto. Diversamente, al piano inferiore, occupato invece dagli stand dei “piccoli editori”, cui dovrebbe essere almeno nominalmente, tautologicamente, visto l’intento programmatico della rassegna, consegnata evidenza, spazio, visibilità, al contrario per loro la garanzia compassionevole di un limbo; quasi a marcare la gerarchia tra piccoli, “minus”, e invece grandi, infine accolti in pompa, nella luce piena dell'evidenza appunto gerarchica.
Paradossale, se è vero che nel suo titolo, nella sua intestazione, ripeto, la fiera dovrebbe essere dedicata proprio alle realtà cui non è consegnato il medesimo spazio che appartiene altrove, per evidenza imprenditoriale, ai grandi gruppi editoriali. Negli anni, in verità, ed è questo un dato oggettivo, PPPL ha cercato di accostarsi al Salone del Libro di Torino, pretesa concorrenziale quantitativa. Ostentazione di potere territoriale, egemonia tout court. Si sappia che la questione Leonardo Caffo appare addirittura secondaria, marginale, nonostante le giuste assenze e i rifiuti dei pochi autori ededitori che hanno ritenuto eticamente, politicamente, irricevibile lo spazio che al filosofo catanese era stato concesso dall'amica direttrice soprattutto in una fiera dedicata alla violenza di genere e segnatamente a Giulia Cecchettin. Assai più vistoso invece l’intento di potere e di controllo esclusivo territoriale di Chiara Valerio nel silenzio compiaciuto dei suoi cooptati, insieme chiuso, privilegiato, in nome, si perdoni l’autocitazione, dell’amichettismo. Resta che il vaso di Pandora di PLPL è ormai incrinato, se non in pezzi, cocci; sia pure in modo ancora in parte carsico, l’insofferenza, la contrarietà, il fastidio, il rifiuto politico e umano della gestione di Chiara Valerio viene manifestato da molti autori; “il re è nudo”, dicono alcuni, comprensibile retorica che corrisponde forse a verità oggettiva. Mi consta personalmente, penso alle telefonate che ricevo, colme anche di invettive, rabbia. Nomi che terrò per me, sia pure nella certezza che siano in procinto di manifestare dissenso in modo netto, fuori dal timore d’ogni ritorsione rispetto al controllo territoriale delle cose dell’editoria e della produzione culturale. Pura mistificazione parlare di "linciaggio", come detto ipocritamente da alcuni per salvare il salvabile, l'insalvabile.
Non sembri una metafora, e tuttavia “La Nuvola” sè strutturalmente, architettonicamente adeguata a marcare plasticamente, non sembri una suggestione tardo-marxiana, la distinzione di classe: i "piccoli" nel suo piano sotterraneo, “sommersi”, gli altri, i “salvati”, accolti, gratificati, beneficiati, “baciati” dall'amica direttrice al piano superiore, tra l’Arena Robinson di “Repubblica” e a ogni altra presenza propria dei “garantiti”. “la Repubblica”, alle 17.30 di ieri, titola: “Più libri più liberi tiene e chiude con 110mila visitatori. Chiara Valerio direttrice anche nel 2025”. L’inviata, Sara Scarafia, aggiunge che “la fiera fa ancora quadrato attorno alla direttrice artistica e conferma la scelta di archiviare le polemiche scatenate dall’invito al filosofo Leonardo Caffo, indagato per violenze domestiche”. In un altro riquadro si affaccia, benedicente, l’amico Roberto Saviano: “Da Chiara Valerio in qualche modo c'è da imparare perché si è scusata e di fatto ha rimesso in equilibrio la situazione". E ancora Saviano, questa volta all'Ansa: "Perché dico che c'è da imparare? Noi siamo in un Paese dove la ministra del Turismo ha accuse gravissime, dove il linguaggio della politica è violentissimo e ricattatore feroce e nessuno chiede scusa per cercare di ritornare a un equilibrio”. Spostare sempre e comunque l’oggetto della discussione, ignorare il vulnus, mai rispondere nel merito, operando così la difesa d’ufficio di chi riteniamo a noi prossimo, quadratura del cerchio dell’amichettismo, nonostante il vaso sia ormai in frantumi, i cocci visibili a chiunque abbia attitudine allo stato delle cose, alla verità. I baci, il bacio. Personalmente, ho trovato irricevibile, nonostante gli insegnamenti di Monsignor Della Casa e delle comprensibili leggi dell'ospitalità, anzi, degli imparaticci della condominialità capitolina dove, come scrive Ennio Flaiano, “non si può fare la rivoluzione, perché ci conosciamo tutti”, incomprensibile proprio il bacio che Alessandro Giuli, attualmente ministro della Cultura, ha donato alla direttrice inaugurando la fiera. Un bacio che almeno ai miei occhi appare negazione di ogni possibile discontinuità, un sigillo apposto a garanzia dell’arroganza che lì si è manifestata. Caro Alessandro, in nome della nostra amicizia, dico che quel bacio smentisce tutto ciò che avrebbe dovuto essere e non è stato. Restano ora solo frantumi, ipocrisia, il meschino silenzio di una imbarazzante "società letteraria"; quanto al controllo territoriale delle cose dell’editoria, della parola letteraria e filosofica, della cultura nelle forme cerimoniali sua comunicazione pubblica tutto ciò mostra una subalternità tra il risibile e l’inaccettabile; confermo, in felice solitudine da hidalgo, la richiesta di dimissioni di Chiara Valerio da PLPL. Non è vero che tutto va ben, madama la marchesa.