Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria, è diventata il palcoscenico di uno scontro intellettuale che ha travolto Roberto Saviano e Chiara Valerio. L’accusa principale? Difendere il dissenso solo quando conviene e rimodellare le regole del dibattito culturale per proteggere il proprio cerchio di potere. Tutto è iniziato con l’invito controverso del filosofo Leonardo Caffo, figura divisiva per le accuse di molestie all'ex compagna che lo accompagnano. Chiara Valerio, direttrice della fiera, ha dapprima difeso la sua decisione di invitarlo, promettendo di presentare lei stessa il libro di Caffo per “riportare equilibrio”. Una mossa che, per molti, ha peggiorato la situazione, trasformando il dibattito in una crisi d’immagine. Le scuse tardive di Valerio sono sembrate più un tentativo di arginare il danno che un sincero riconoscimento dell’errore. Roberto Saviano, intervenendo a difesa di Valerio, ha colpito duramente chi aveva scelto di boicottare la fiera, definendo le defezioni di artisti come Fumettibrutti, Zerocalcare e Carlo Lucarelli “reazioni infantili” dettate dalla “paura dei follower”. Per Saviano, il ritiro non è un atto di dissenso, ma una mossa da codardi social.
Eppure, lo stesso Saviano non ha mai esitato a usare il dissenso come arma politica personale. Quando fu escluso dal festival di Ravello per un presunto veto politico, chiamò alla mobilitazione pubblica, provocando le dimissioni di Antonio Scurati. Recentemente, dopo l’esclusione dalla Fiera di Francoforte, ottenne la solidarietà di autori del calibro di Sandro Veronesi e Paolo Giordano, che si rifiutarono di partecipare in segno di protesta. Saviano appare ossessionato dall’idea che gli altri usino il dissenso per paura dei social, dimenticando che egli stesso ha spesso invocato il boicottaggio in nome della giustizia. Il punto dolente non è il dissenso, ma chi lo esercita e come. I critici di Saviano sostengono che dietro la sua difesa di Valerio si celi un intento conservativo: preservare il potere culturale di un’élite che seleziona amici e nemici per mantenere saldo il controllo. Contro questo atteggiamento è arrivata oggi, attraverso la sua personale newsletter, la dura presa di posizione di figure come Selvaggia Lucarelli e Carlotta Vagnoli.
Selvaggia Lucarelli ha lanciato un attacco frontale sia a Chiara Valerio che a Roberto Saviano, accusandoli di aver trattato il dissenso come un capriccio infantile. Secondo Lucarelli, Valerio ha inizialmente sbagliato invitando Caffo e, quando il malcontento è esploso, ha cercato di gestire la crisi proponendosi come moderatrice del suo stesso errore. Una mossa che ha peggiorato la situazione: “Chiara Valerio non ha riportato equilibrio, ha portato un rovinoso disequilibrio che ha danneggiato la rassegna, accendendo una luce sull'arroganza di alcuni circoletti culturali di cui Saviano fa parte e che difende”. Lucarelli critica poi l’intervento di Saviano, accusandolo di usare la retorica del corpo solo quando fa comodo a lui: “Saviano ci ammorba con la retorica dei corpi tutti i giorni, ma quando i suoi colleghi manifestano col loro corpo restando a casa, quello non gli piace”. L’accusa è pesante: Saviano sarebbe più interessato a preservare il potere culturale che a difendere realmente il dissenso. Carlotta Vagnoli, scrittrice e attivista, ha rincarato la dose in una storia su Instagram. Per lei, Saviano ha ridicolizzato le proteste dei colleghi, dipingendole come una semplice paura dei follower: “Il dissenso vale soltanto quando lo manifesta Saviano. Altrimenti è una reazione infantile. Che sterzata a destra stanno avendo in molti, dopo questo brutto episodio”. Vagnoli ha evidenziato come le defezioni di artisti come Zerocalcare e Fumettibrutti siano state decisioni politiche e simboliche, non certo dettate dal timore del giudizio social. Ha anche sottolineato un rischio preoccupante: una deriva culturale in cui chi detiene il potere intellettuale decide chi può manifestare dissenso e in che modo. Il vero nodo sembra essere il controllo del dibattito. Saviano e Valerio sono stati accusati di usare la loro posizione per smorzare critiche legittime, proteggendo il loro cerchio culturale con un atteggiamento paternalistico verso le proteste femministe.