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L’attacco degli Slf: “I ragazzi di oggi? A volte vogliono fare i cantanti come via più semplice”. Napoli? “Più consapevole”. Da Secondigliano al Palapartenope ecco We The Squad Vol.2…

  • di Giuditta Cignitti

29 gennaio 2025

L’attacco degli Slf: “I ragazzi di oggi? A volte vogliono fare i cantanti come via più semplice”. Napoli? “Più consapevole”. Da Secondigliano al Palapartenope ecco We The Squad Vol.2…
Il collettivo rap napoletano Slf, tra i più interessanti della scena urban italiana, ha fatto uscire un nuovo album, dal titolo We The Squad Vol. 2. Noi, per l'occasione, li abbiamo intervistati, per farci raccontare che rapporto hanno con il repertorio classico della canzone napoletana (ma anche italiana) e quali messaggi si nascondono dietro alcune canzoni…

di Giuditta Cignitti

La Slf, acronimo di Siamo La Fam, è il collettivo napoletano in cui si riuniscono le personalità di Lele Blade, MV Killa, Vale Lambo e i produttori Yung Snapp e Niko Beatz. È uscito il loro secondo progetto “We the Squad Vol.2”, una celebrazione del lavoro di squadra e della libertà d’espressione, che ruota intorno al membro invisibile del gruppo, Napoli con tutte le sue contraddizioni. Noi li abbiamo incontrati e abbiamo capito che la Slf più che un collettivo è una scuola, ora vi spieghiamo perché.

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Slf

Slf. In “Tutto è possibile” dite “Sto facendo musica per mandare un messaggio”. Qual è il vostro messaggio dietro questo album?

Mv Killa: Sicuramente la libertà d'espressione. Sentirsi liberi di fare musica, di fare unione, di coltivare una passione anche con le persone vicine, divertendosi.

In un'intervista a Billboard per il vostro primo mixtape “We the squad”, avete detto “non siamo una crew musicale, siamo una jam, una festa”, è ancora così?

Mv Killa: Forse eravamo una crew quando eravamo più piccoli, oggi la differenza sostanziale, in effetti, è che ognuno di noi ha una carriera sua e il suo modo di essere. Questa è un'occasione per essere tutti quanti, quindi, è come una festa dove ci sentiamo liberi di divertirci. C’è molto più intrattenimento rispetto a quando si fa un disco da soli.

Lele Blade: Veniamo da un background molto hip-hop, fare gruppo è radicato nella nostra cultura. Quando ero più piccolino con la crew andavamo a fare i contest, a sfidare le altre crew per strada, poi tutto si è trasformato in un'altra cosa.

Ho visto recentemente un'intervista di Sick Luke (storico produttore della Dark Polo Gang) in cui parlando della Dark Polo Gang diceva che non si vedevano mai tutti insieme in studio, perché c'era troppa energia. Nel vostro caso, come funziona?

Lele Blade: Dipende. Con più persone in una stanza si fa sempre più bordello. Può capitare che per motivi lavorativi o personali uno non possa venire e quindi dobbiamo portare avanti il lavoro, poi invece ci sono altri pezzi che abbiamo fatto insieme. C'è sempre però il momento dove ci mettiamo tutti e quattro e finalizziamo la cosa, la portiamo avanti o la creiamo da zero.

Vale Lambo: Per l’energia, stare insieme, per me, è solo un valore aggiunto.

Se doveste pensare a una qualità che apprezzate l'uno dell'altro, quale sarebbe?

Mv Killa: Antonio (Yung Snapp) è stravagante, quindi, la sua eccentricità.

Lele Blade: Siccome io e lui (MV Killa) siamo molto simili, anche se abbiamo stili diversi, però veniamo dalla stessa scuola, i due che trovo molto più diversi da me sono Vale Lambo e Yung Snapp. Mi piacerebbe poter prendere la leggerezza con cui si espongono loro. È come se mi fossi creato un personaggio, che non può più tornare indietro a poter fare delle cose più spensierate, come fanno loro. Quindi ti dico la leggerezza. Magari scrivo una parola in una canzone, ma poi la cancello perché non mi ci rivedo, però se la sentissi da loro direi che hanno spaccato.

Yung Snapp: Visto che io sono un produttore e poi un rapper, quello che mi piace di tutti e tre (Lele Blade, Vale Lambo, MV Killa) è proprio l'attitudine da rapper che non ho, che poi ho costruito ma che di base non possiedo. Per esprimere un concetto prendo delle strade, mentre loro sono più concisi.

Slf è anche una scuola quindi?

Lele Blade: Sì, una scuola interna, ma poi abbiamo fatto scuola anche fuori, anche se è difficile vedersi dall'esterno, però davvero è stato un'accademia tutto quello che abbiamo creato. Immagina un ragazzino che inizia da poco e si trova in uno studio dove ci sono quattro personalità diverse avanzate, c'è solo da imparare e assorbire. Poi magari diventano pure più bravi di noi, questo non lo metto in dubbio. Poi qualcuno lo riconosce, qualcuno no, ma a noi no, perché non lo facciamo per i soldi.

In “Sarò con te” il linguaggio e le immagini che usate attingono molto dal repertorio classico della canzone napoletana ma anche italiana, qual è il vostro rapporto con la tradizione?

Mv Killa: Sicuramente vogliamo mantenere dei valori che in altre società non sono più considerati valori, il contatto con la realtà. Mantenere degli aspetti autentici di una propria cultura. Uno può essere più sfegatato o meno nelle tradizioni, però comunque là nasci, impari quello. È una cosa così forte che si lega a te, che poi la mantieni e porti avanti ovunque. 

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Sempre in “Sarò con te”, dite: “Oggi Napoli è diversa”. In che senso?

Mv Killa: È più consapevole della propria forza. Hanno capito che di Napoli si può spingere anche la parte positiva e si può fare tanto.

In “Nun m n facc proprij” dite: “Sto mischiando Gin e codeina, sono diseducativo”. Voi che avete vissuto ai margini della periferia napoletana e avete visto molte situazioni crude, ora che avete un pubblico più vasto, sentite la necessità di spiegare il vostro linguaggio?

Lele Blade: No, questa è una cosa mia personale, ma penso che pure loro la pensano come me. Io scrivo di cose che ho visto o vissuto non curandomi di altro, anche perché il pezzo si chiama “Nun m n facc proprij” che vuol dire “non mi interessa proprio”. Poi dico anche che è diseducativo, perché non sto certo invitando nessuno a drogarsi. Essere real nell’hip-hop significa essere vero. La realtà non è solo bella, è anche brutta, se non dici la verità significa che non capisci le cose. Però ci sono ancora molti limiti.

In “Una vita annanz” raccontate la periferia napoletana, quella dove siete cresciuti.

Lele Blade: È una canzone legata alle ultime cose successe a Napoli, la morte di quei ragazzi. È la nostra presa di posizione in questa circostanza. Abbiamo voluto parlare di questa tematica, come se il pezzo fosse scritto da due ragazzi, il ragazzo che prende la strada negativa e il ragazzo che prende quella positiva, è una sensibilizzazione per dire 'guarda ti faccio vedere, questa è la strada giusta e questa è quella sbagliata. Così fai bene, così fai male. La scelta è tua, responsabilizzati'.

Cosa vi ha lasciato la vita di strada?

Lele Blade: Il nostro collettivo è già un'eredità della vita di strada, fare gruppo per una passione comune, ma soprattutto il saper distinguere la cosa giusta da quella sbagliata. Mi viene in mente un'immagine, mi ricordo che nel posto dove vivevamo e ci frequentavamo, un giorno mentre noi facevamo freestyle proprio di fronte a noi un noto camorrista ha rubato una macchina, se ci penso è proprio una scena da film. Lui rubava le macchine e noi lì a fare freestyle, noi però abbiamo scelto la strada della musica.

Yung Snapp: L’essere intraprendente, non fermarsi alle mille difficoltà e poi riconoscere il valore delle cose. Nessuno di noi quando ha iniziato a lavorare ha perso la testa proprio per questa cosa qua, perché quando hai solo cinque euro in mano sai qual è il valore di tutto.

Sempre in “Tutto è possibile” con Tormento, lui dice “Abbiamo regalato un sogno alle generazioni”, voi che modelli avevate?

Lele Blade: I Co’Sang. Poi ovviamente erano tempi molto diversi, quindi loro non hanno fatto un successo mainstream se non attraverso le singole carriere, però noi abbiamo respirato quello spirito lì. Non siamo cresciuti pensando che potevamo fare quello che facciamo noi ora. Credo proprio che noi siamo un'eccezione, perché prima le persone in questo campo erano molto chiuse, si tenevano molto stretto quello che avevano, non potevi entrare nelle cerchie del rap. Quando siamo entrati noi nel gioco, abbiamo reclutato sempre nuova gente che si appassionava, abbiamo fatto rinascere la scena. Non penso che prima riuscissero a campare con il rap come facciamo noi adesso. Abbiamo veramente rivoluzionato le cose. Il problema dei ragazzi di oggi è che non riescono a proiettare il nostro sogno, quello che stiamo vivendo e che abbiamo reso realtà nelle loro vite. Un ragazzo oggi è molto più superficiale, se vede me che faccio musica e arrivo a un certo livello, non è che pensa, 'forse l'impegno che ci sta mettendo questa persona nel rap lo posso mettere io nel fare l’architetto', ad esempio, ma vuole fare il cantante perché pensa che sia la via più semplice.

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