Vittorio Feltri, su Il Giornale, racconta il suo primo incontro con Oriana Fallaci negli esplosivi anni Ottanta, un periodo segnato dalle sue famose interviste, lunghe e travolgenti, a personaggi come Khomeyni, leader iraniano, e Gheddafi, dittatore libico. Feltri scrive: “Fallaci, non essendo una giornalista ordinaria, non era il tipo da scrivere un’intervista e mandarla tramite stenografi o fax. Il suo dattiloscritto non viaggiava mai da solo. Arrivava sempre con lei, che rimaneva al Corriere della Sera finché il suo articolo non veniva impaginato come voleva, con il titolo che decideva lei, al momento che decideva lei. E noi tutti, silenziosi, fermi”. Nel suo articolo-omaggio, Feltri rievoca anche la sua esperienza al Corriere, riportandoci agli anni in cui bastava pronunciare il nome di Oriana perché la confusione (e forse anche la tensione?) prendesse il sopravvento nello spazio. Tutto il giornale si fermava per lei, alcuni redattore pare si dovessero dedicare esclusivamente a Oriana Fallaci. Tra questi, Sandrino Rizzi, caposervizio esteri, che lei chiamava affettuosamente “Cosino”. Ogni volta che la giornalista aveva bisogno di lui, era lì, accorreva prontamente. E Feltri, dalla sua scrivania, osservava divertito e perplesso. “Questa donna è una calamità”, pensava.
Il peggio arrivava a notte fonda: nonostante la stanchezza, se Oriana scovava un errore in un testo, tutto doveva ricominciare da capo. A quell’ora, mentre gli altri erano ormai allo stremo, lei appariva fresca e instancabile, pronta a nuove sfide, lasciando il Corriere e i suoi redattori esausti in un angolo. Ancora, Oriana e quel lungo e interminabile vizio del fumo. Feltri racconta una serata in cui, dopo aver lanciato uno sguardo alla ricerca di qualcuno che stesse fumando, Oriana individuò il pacchetto di sigarette che lui stesso teneva sulla sua scrivania. Erano delle Muratti. “O te, bel giovane, mi offriresti una sigaretta?” gli chiese. E fu proprio in quel momento che Fallaci, felice come una bambina, entrò nella vita del giornalista. In una di quelle notti infernali, d'un tratto nacque un'amicizia che sarebbe durata anni.
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Feltri ricorda anche un’intervista fatta a Oriana dopo la Guerra del Golfo, a Firenze. Era un'altra di quelle serate interminabili in cui lui si ritrovò con un terribile mal di testa tra domande senza risposte e ripensamenti (di lei). A un certo momento, Oriana gli chiese: “Oh, si mangia qualcosa?”, ma nel frigorifero c’era solo caviale, che finirono a mangiare a cucchiaiate. E l'intervista, alla fine, andò benissimo. Poi, il loro rapporto, negli anni, si interruppe per un periodo. Quando Oriana gli disse che aveva il cancro e Feltri non riusciva a crederci. “Vittorio, tu non mi vuoi più vedere perché ci ho i cancri”. “Non è così,” rispose lui, che non riusciva a concepire che Oriana, la donna invincibile, potesse ammalarsi. Mai l’aveva vista piangere. “Ti voglio bene come sempre,” le disse. Purtroppo, Oriana si ammalò sul serio. Quando iniziò a scrivere per Libero, il quotidiano fondato da Feltri, la loro relazione si rinvigorì, ma non senza le sue famose sfuriate. “Vittorio, ho bisogno del tuo aiuto,” gli disse, e quando gli spiegò di voler morire a Firenze, ma di non sapere dove stare a Milano, Feltri le offrì la sua casa. Oriana accettò, ma quando le propose il servizio della sua governante, lei non sembrò molto felice, preferendo la segretaria per le commissioni quotidiane. Feltri la andava a trovare ogni pomeriggio. Dentro, il disordine regnava sovrano, tra mozziconi di sigarette e caos. Feltri tra le pagine de Il Giornale ripensa anche all'ultimo viaggio di Oriana verso Firenze. E qualche mese dopo, mentre il giornalista si trovava in ospedale ricoverato d'urgenza, Oriana cercò disperatamente di parlargli. “Ho bisogno di sentire Vittorio, ora che so di dover morire,” disse a sua moglie. Feltri non seppe mai cosa Oriana volesse dirgli. Ma poi, dopo la morte di lei, il Direttore la sognò giovane e sorridente, che gli parlava: “Vittorio, ti devo parlare”. Qualche tempo dopo quel sogno strano, Feltri incontrò monsignor Fisichella che gli restituì un bicchiere e un cucchiaino che Oriana aveva preso dalla credenza del Direttore poco prima di andarsene.
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