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La vera rivoluzione nell’arte? Si chiama Anna Piera Di Silvestre. Tra pelapatate totemici, angelici strumenti, Salò di Pasolini e icone sexy: ecco perché le sue opere spaccano i cu*i

  • di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

8 dicembre 2024

La vera rivoluzione nell’arte? Si chiama Anna Piera Di Silvestre. Tra pelapatate totemici, angelici strumenti, Salò di Pasolini e icone sexy: ecco perché le sue opere spaccano i cu*i
Disegni sexy, posizioni particolari e poi Roccaraso, strumentazioni “angeliche” e un Michelangelo gay. Tutto questo è l'immaginario di Anna Piera Di Silvestre, un'artista e cartoonist italiana che lavora a Berlino e fa cose fighissime

di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

Anna Piera Di Silvestre mi si è rivelata per caso, puro, purissimo caso. Con un suo sticker, incollato forse da anonime mani (o magari dalla Di Silvestre Anna Piera stessa?) in Sicilia, estati fa, credo a Modica (o era forse Ragusa?) su un cartello stradale, accanto ad altri adesivi, forse di ordinari traslocatori del luogo muniti di moto Ape e perfino risolutori di spurghi per pozzi neri d’improvviso gorgoglianti: l’immagine della rivelazione mostrava un pelapatate, di quelli che, almeno un tempo, c’era modo di ammirare alle fiere, con il venditore a dimostrarne la praticità. Nel suo caso, il pelapatate era lì a “sbucciare” diligentemente un organo genitale maschile. Suggestione sadomaso, ironia delle merci domestiche che si trasfigurano in bisturi da bondage, per l'eterno, gay, virago, cavallerizze implacabili dall’iride furente dall’impeccabile professionalità. Un disegno netto, perfetto, “stenografico”, monologo iconico a fumetto; ironia e orgasmi proprio del teatro della crudeltà dell’illustrazione, tra Antonin Artaud, Pasolini di “Salò-Sade” e, così d’obbligo immagino, Tom of Finland, il Michelangelo della Sistina e dal doveroso cuoio penitenziale, punitivo, proprio di un “valhalla” da sauna. Quello sticker non ho potuto fare a meno di staccarlo, fissarlo sulla cover del mio cellulare. La carta di identità, o forse il porto d’armi, la patente nautica ed erotica di Anna Piera recitano, parole sue, così: “Sono un'illustratrice abruzzese residente a Berlino, dove ho lavorato negli ultimi dieci anni come Assistente di Produzione nel campo dell'Arte (nello specifico Urban Art e Street Art). Prima di trasferirmi all'estero, ho studiato Filmica e Fotografia presso l'Istituto Statale d'Arte "V. Bellisario" di Pescara per poi conseguire una laurea in Graphic Design presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli. In quanto artista e cartoonist, il mio lavoro personale si rivolge principalmente ad un pubblico adulto, da illustratrice invece ho collaborato con diverse realtà come Working Class History, Correctiv, Heimattbwa, Feral House, Bmw Foundation, Howl Books, Friscospeaks Magazine, Rustblade Records, Piccola Biblioteca Marsicana (per citarne alcuni). Inoltre, curo e scrivo un editoriale chiamato “Visual Satiation” per Livetrigger Webzine in cui, attraverso interviste, esploro il lavoro di alcuni tra gli artisti più originali e significativi che operano in vari campi dell'Arte Contemporanea: dall'Underground Art alla Fotografia, dalla Textile Art ai Graffiti alla Scultura”.

Un'opera di Anna Piera Di Silvestre 
Un'opera di Anna Piera Di Silvestre
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Nell’immaginario storico nazionale, pensando anche al calendario preparato da Anna Piera per l’anno che verrà, il 2025 - “Gran sesso sul Gran Sasso” - d’improvviso al prigioniero Benito Mussolini, un tempo ospite coatto a Campo Imperatore dopo il 25 luglio del 1943, si sostituiscono mille suggestioni del post-umano. Unicorni e pony carnivori, iconici, pronti a trasfigurarsi non meno carnalmente in tatuaggi e perfino pronti ad accostarsi a un fumetto ora spaziale ora da toilette furtiva. Sì, un pony in apparenza down che in realtà è Quasimodo, il Gobbo di Notre Dame, accostato all’incubo di una sala di dissezione che rimanda, almeno ai nostri occhi, a “Nurse”, dove una sanguinaria infermiera impazza e brilla crudele e implacabile interpretata dalla nostra amica Paz de la Huerta. E ancora riecco il pelapatate totemico che, bisturi improvvisato, agisce ora sul tallone, in attesa degli angelici strumenti, servizi offerti dalla tecnologia altrove a favore di maionese... Infine, almeno per i più colti, una suggestione ancora che rimanda alla “Poupée” di Hans Bellmer, il dadaista che finirà esposto nella mostra dell’arte degenerata voluta da Joseph Goebbels. Poi suggestioni grafiche che visualizzano una miracolosa varicella punk. Materiali visivi che personalmente rimandano a una rivista che conquistava anni fa le edicole underground degli Stati Uniti per gli appassionati di skate, “Big Brother” oggi, ahimè, non più esistente. Incubi tricologici che si rivelano perfino sulle gambe di un simulacro di John Lennon, stivali da amatore dei piedi, possibile utente della regina del genere, cioè Franca Kodi. Sembra addirittura che lo spettro di Bettie Page danzi insieme ad angeli e demoni e “schiavi di Abruzzo”, nome da trattoria turistica reificato qui in versione erotica, sottomessi a donne che appaiono degne delle giovani cognate non meno abruzzesi professionalmente dominatrici, emule delle attrici di Russ Meyer. Lo stesso bianco e nero “gotico” che accompagna Dick Tracy, nell’iconosfera di Anna Piera Di Silveste, lei che si è rivelata per caso con uno sticker ai nostri occhi in vacanza.  

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