Sarah è tutte le donne, quelle che sono madri, quelle che sono mogli o che non vogliono un partner. Sarah ha un teorema che porta il suo nome e a Testaccio, Milena Mancini ce l’ha spiegato. L’attrice (straordinaria e umana in questa prova attoriale) con la regia di Vinicio Marchioni ha portato sul palcoscenico del teatro Cometa Off una storia che è dentro di sé tante altre storie, l’insieme dei racconti e delle parole di tante donne incontrate per caso, al bar, alle riunioni dei genitori nel corso di una vita intera. Al centro di ogni cosa c'è ancora l’amore, quella fatidica domanda su che forma e volto abbia davvero questo sentimento inesprimibile. Dal primo minuto dello spettacolo sembra tutto così semplice, diretto, lo spettatore ha quasi l'impressione che quello che accade sul palcoscenico lo coinvolga sì ma fino a un certo punto, eppure verso la fine di questo teorema di Sarah, accade l'esatto contrario. Davanti a tutte le donne che sa essere Milena Mancini, il fruitore stesso comincia a porsi delle domande.
Ma cosa significa amare? Come si fa a non farsi del male in due? L’amore con il matrimonio finisce o si trasforma? Chi sono io fra tutte loro? Sono moltissime le spettatrici in sala che si guardano, fanno cenno ai loro compagni che quello che dice l'attrice protagonista è ciò che provano, alzano le braccia, “suggeriscono” addirittura a Milena stessa delle parole per concludere alcune sue esternazioni perché quella storia lì che lei sta raccontando, della donna in versione “principessa boomer” o la “mamma supereroe” sono loro. E così capiscono, sgomitano, fremono nel sapere come lei possa portare avanti tutte queste narrazioni. Come a desiderare una risposta, un epilogo, una soluzione alle loro stesse vite. In questo senso Il teorema di Sarah ha già vinto nel suo essere coinvolgente come prometteva già dalla sinossi, nel suo essere specchio in cui una parte di pubblico per una sera è riuscito davvero a vedersi.