"O mi portate lui, o io Cucine da Incubo non lo faccio": il direttore di Sky voleva Antonino Cannavacciuolo e l'azienda l'ha corteggiato fino a quando non l'ha avuto. Lo chef è passato dal Basement di Gianluca Gazzoli e ha raccontato i retroscena della sua esperienza televisiva: gli autori lo avrebbero voluto già per la prima edizione di MasterChef, ma lui era concentrato sulla ristorazione e su un unico obiettivo: la terza stella Michelin. Gli autori hanno perciò fatto di tutto per portarlo in tv, corteggiandolo tra un cooking show e l'altro.
Ma perché avevano scelto proprio lui? Cannavacciuolo racconta che in questi casi, quando si fanno queste scelte, la produzione mette sul tavolo le foto dei papabili giurati e, da lì, gli autori vedono le foto e iniziano a pensare chi potrebbe andare bene per il ruolo. Quale volto potrebbe funzionare.
A quei tempi, Cannavacciuolo aveva già ottenuto diversi successi, era già stato notato dal Gambero Rosso, ed era un nome di spicco nella ristorazione: la tv però, non lo aveva ancora reso un personaggio noto anche al grande pubblico, né MasterChef era ancora diventato il fenomeno televisivo che sarebbe poi diventato. Anzi, non aveva proprio debuttato. Lo chef sarebbe poi entrato alla quarta edizione, ora ne ha 11 all'attivo, spinto dalla moglie Cinzia che, dopo i primi rifiuti, lo aveva convinto almeno ad ascoltare cosa volessero dirgli i produttori. Quando poi MasterChef debuttò, divenne un vero e proprio caso: ma Cannavacciuolo non era ancora interessato. L'anno successivo invece, venne di nuovo contattato, stavolta per Cucine da Incubo: secondo no. Ma il direttore di Fox lo voleva, così, con l'intercessione della moglie, Cannavacciuolo fece un provino a Villa Crespi e, soprattutto, si lasciò convincere ad avere una troupe che riprendesse il servizio. L'emergenza di dover disossare un prosciutto, convince ancora di più gli autori: al punto da proporre allo chef di girare nei mesi di chiusura di Villa Crespi, convincendolo definitivamente.
Da lì è partito il Cannavacciuolo chef televisivo. Ma prima c'è stato quello del primo giorno, a cui venne dato il compito di separare tuorli e albumi di un bancale di uova; quello delle esperienze in Francia, dove ha imparato a utilizzare gli ingredienti più poveri perché “usavano ingredienti meno nobili, ma li portavano al massimo della loro espressione”. Perciò oggi, ha la dispensa piena di frattaglie. In un'Italia dove ci sono ben 15 tre stelle Michelin, in cui la cucina è diventata addirittura patrimonio dell'Unesco, bisogna avere “il fuoco negli occhi”: in un giovane ristoratore, è questo che fa la differenza per Cannavacciuolo. Il successo fa dormire, mentre l'insuccesso ti fa rimanere sveglio, ti spinge a interrogarti per capire dove stai sbagliando. Come è successo a lui, che per Villa Crespi ha smesso di fare sport, di mangiare a orari regolari, assimilato tutto lo stress e la fatica.
Tra tante soddisfazioni, una su tutte: la maglia col numero 10 del Napoli autografata da Maradona, il mito della sua infanzia e dei pomeriggi al San Paolo con lo zio. Un regalo da parte di alcuni clienti che ci avevano scritto sopra “Cannavacciuolo numero 10”, così quando il campione soggiornò a Villa Crespi per tre giorni, lo chef gli chiese l'autografo; ma Maradona lo chiamava affettuosamente “Tonino”, tanto da chiedersi addirittura chi fosse Cannavacciuolo. Poi una promessa: “Se allenerò l'Argentina, tu sarai il nostro cuoco”; purtroppo poi, le cose sono andate diversamente...