Meraviglioso-Dentro una canzone è un podcast che nasce come costola musicale di One More Time, la creatura di Luca Casadei. Ospite Roberto Vecchioni, che ha sparato aneddoti e opinioni sul mondo della musica, e non solo, dai ricordi d'infanzia con nientemeno che Eugenio Montale fino al racconto di come è nata la sua hit più famosa: Luci a San Siro. Perché, se è vero che dentro una canzone c'è (quasi) sempre un mondo, allora dentro a uno che di canzoni ne ha sfornate a centinaia ci si può perdere. La storia di Luci a San Siro? Sembra quasi una commedia sexy anni Ottanta: “Io avevo 21 anni, lei ne aveva 16, anche se dimostrava una maturità da quarantenne. Bellissima, splendida, siamo stati insieme 4 anni, facendo l'amore da tutte le parti. Naturalmente non avevamo case, stanze, posti dove andare. L'amore si faceva in macchina: una Fiat 600, scomodissima, faceva sempre male dappertutto. Un giorno, dopo 4 anni che stavamo insieme, mi avvicino per baciarla e lei mi fa: basta, non voglio più stare con te. E scappa via. Io le corro dietro e le dico che la amo. Mentre la inseguo sento uno scalpiccìo, mi giro, erano le prostitute del posto che mi avevano scambiato per un violentatore. Così hanno iniziato a insultarmi: brutto scemo, schifoso, me ne hanno dette di tutti i colori, m'hanno tirato giù per terra e mi hanno preso a borsettate. Borsettate pesanti”. Le hit nascono anche così: “Poi mi sono rifatto scrivendo questa canzone mentre ero a militare a Casale Monferrato”. Quasi a Cuneo, come nel film di Totò.

I cantautori italiani? I migliori al mondo, secondo Roberto Vecchioni, fatta eccezione per Leonard Cohen. Non si salva nemmeno Bob Dylan: “Può allacciare le scarpe a uno come Fabrizio De Andrè. De Andrè è trenta volte Dylan per cultura, per sentimento, per modo di costruire la canzone. Solo che lui parla italiano, a volte perfino genovese, mentre l'altro parla inglese americano, e se ha vinto il Nobel è soltanto per questo motivo”. Tant'è che chiede di non chiamarli cantautori, un termine brutto secondo lui, ma “poeti cantanti”. E, se deve pensare a un momento bello, il professore indica proprio la nascita della canzone d'autore italiana. “Quando ho sentito Gino Paoli, o Luigi Tenco dire cose tipo: mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare, ho pensato: questo è un genio”. Cantanti e poeti come Guccini, con il quale Vecchioni passava le famose serate in osteria a bere e cantare fino al mattino: “Non ricordo bene l'ora perché eravamo ubriachi”.

E, parlando di poeti, il cantante racconta di aver conosciuto Eugenio Montale in persona. Vecchioni era un bambino, e il padre lo portava in questa pizzeria a Milano, frequentata da tutti gli artisti, additandoglieli. Una volta c'era il poeta e premio Nobel seduto a mangiare. Vecchioni chiede al padre cosa fosse un poeta, ricevendo una risposta che era già poetica di suo: “I poeti sono quelli che vedono ciò che non vediamo”. Il piccolo Vecchioni fraintende sia il significato che il nome del poeta dei Limoni, e pensando che si chiamasse “Un tale” gli si avvicina per fargli questa domanda: “Signor Un tale, lei che vede tutto, sa dov'è finito il mio trenino elettrico? Montale ha riso, e parecchio”. Il grande poeta, tornando seri, diceva che la poesia ha già una sua ritmica, quindi la musica non serve. Vecchioni su questo non è d'accordo: “Per me cazzava totalmente, io sono con Dante, che ha scritto una cosa bellissima a riguardo: la canzone, quella in poesia, su quei versi è ancora più bella se c'è la musica”.

E, parlando di poeti, il cantante racconta di aver conosciuto Eugenio Montale in persona. Vecchioni era un bambino, e il padre lo portava in questa pizzeria a Milano, frequentata da tutti gli artisti, additandoglieli. Una volta c'era il poeta e premio Nobel seduto a mangiare. Vecchioni chiede al padre cosa fosse un poeta, ricevendo una risposta che era già poetica di suo: “I poeti sono quelli che vedono ciò che non vediamo”. Il piccolo Vecchioni fraintende sia il significato che il nome del poeta dei Limoni, e pensando che si chiamasse “Un tale” gli si avvicina per fargli questa domanda: “Signor Un tale, lei che vede tutto, sa dov'è finito il mio trenino elettrico? Montale ha riso, e parecchio”. Il grande poeta, tornando seri, diceva che la poesia ha già una sua ritmica, quindi la musica non serve. Vecchioni su questo non è d'accordo: “Per me cazzava totalmente, io sono con Dante, che ha scritto una cosa bellissima a riguardo: la canzone, quella in poesia, su quei versi è ancora più bella se c'è la musica”.
