Yayoi Kusama. Infinity Room
Il tempo e lo spazio sono due delle variabili che maggiormente hanno affascinato l’essere umano fin dall’alba dei tempi e continuano a farlo anche nel presente. La dicotomia tra passato, presente e futuro è il filo rosso che sembrerebbe emergere, unendole, alcune delle mostre ed eventi tra i più significativi in Italia per la settimana che segna il passaggio tra febbraio denso di eventi e marzo, gravido di promesse di cronaca e gossip. La prima, forse anche per importanza, è la mostra più attesa del 2023, in quanto inaugurata l’anno scorso, che ha perpetuato la sua fascinazione anche nel 2024, come confermato dal numero di biglietti emessi: Yayoi Kusama. Infinity Room. La mostra, ma sarebbe meglio dire l’esperienza, si presenta, all’accoglienza, con poche, essenziali informazioni sull’autrice e sfocia in un corridoio, White Cube, dove campeggiano fotografie ed informazioni relative alla genesi dell’opera. L’esposizione vera e propria è unica ma non fa rimpiangere l’assenza di altre sale. Ci troviamo in un ambiente buio, con passerelle che danno l’illusione di galleggiare su un acquoso specchio di luci. Il visitatore sdoppia la propria immagine fondendo la coscienza nel riverbero delle innumerevoli scintille. L’esperienza suggerisce la contemplazione del nostro essere nell’infinito della creazione ma, c’è un ma. Il tempo di permanenza per ogni spettatore è di un solo minuto, rendendo lecita la meditazione intorno alle tematiche della fruizione di una mostra ai fini dell’arricchimento della propria galleria social, forse in misura maggiore dell'interesse per i risvolti culturali. La risposta non è univoca e presenta la possibilità che Instagram and Co. siano, ormai, parte integrante del dibattito culturale e dell'esperienza museale del singolo che vede, nella sua immagine, la vera essenza dell’arte. L’artista, che The Art Newspaper ha definito la più popolare del mondo, ci propone una riflessione sull’infinito presente ricordandoci, con i suoi 94 anni, che la sfida dell’arte, da parte delle donne non è vinta ed è necessario continuare a creare contenuti di qualità eccelsa come lei, con grande eleganza, continua a fare.
Ukiyoe. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone
L’Oriente e la sua millenaria tradizione culturale e artistica sono in scena anche a Roma con un’altra mostra molto attesa: Ukiyoe. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone. Il tempo, qui, non viene presentato nel suo eterno ritorno e dunque nel suo immobilismo, bensì si connota in un’epoca storica dalle coordinate definite. Vengono proposte opere e testimonianze del periodo Edo (1600-1800 circa) epoca nella quale la temperie Ukiyoe, letteralmente “immagini del mondo fluttuante” era la tendenza dominante. Cosa aspettarsi dalla visita? Innumerevoli rotoli dipinti a pennello, si tratti di seta o carta, stampe policrome rese con matrici in legno la cui paternità rimanda a nomi del pantheon dell’arte giapponese di tutti i tempi: Utamaro, Hokusai, Sharaku, Eisen oltre che rappresentanti i cui nomi sono meno noti ma afferenti alle raffinatissime scuole quali Tokugawa e Utagawa. Ma c’è di più. La vera sorpresa è la presenza di strumenti musicali, giochi da tavola, accessori femminili e parti di corredo nuziale, tutti pezzi collezionati da eccelsi cultori dell’oriente non ultimo il genovese Edoardo Chiossone, creatore della grafica delle banconote nipponiche ancora in epoca imperiale.
Il tempo immobile
Il tempo immobile di Yayoi Kusama a Bergamo, il passato prestigioso delle stampe giapponesi nella capitale, la memoria storica, scevra dalla nostalgia, dei Cccp a Reggio Emilia. Dopo Stipe a Milano, torniamo a parlare di musicisti all’opera nella creazione di esposizioni autoreferenziali, in questo caso essi stessi curatori con l’ausilio di Stefania Vasques, Pasquale Mari e Gianni Bertoli rispettivamente responsabili degli allestimenti e del light design. Chi pensasse di fare un tuffo nei ricordi e di cullarsi nella mestizia del tempo che fu resterà deluso, le sale sono l'esposizione della visione geopolitica del gruppo che, di fatto, non è mai stato solo un insieme di musicisti. Il sapore della cultura apolide e comunista si respira senza che ci sia ombra di formalina spazzata via dagli, attualissimi, proclami di Lindo Ferretti che rimbalzano sulle pareti e si fondono con la voce di Amanda Lear che ci trasporta, con la sua Tomorrow, all’interno di riferimenti al teatro e alle suggestioni performative, componenti fondamentale nell’immaginario degli autori. Non solo musica e politica ma anche installazioni di artisti quali Arthur Duff, Roberto Pugliese, Luca Prandini e Stefano Roveda. I CCCP, forse, non torneranno ad infiammare le piazze al suono dei loro cavalli di battaglia ma, con la loro Felicitazioni! Cccp Fedeli alla linea 1984-2024 inviano un razzo di segnalazione al mondo della cultura: i loro messaggi non sono superati, anzi. Noi riflettiamo se tale universalità e atemporalità sia frutto unicamente del loro, indubbio, talento o sia catalizzato dalla ripetitività degli errori che gli esseri umani, e le politiche dei vari Paesi, continuano ostinatamente a commettere.
M9 Museo del ‘900
Ponti tra passato, presente e futuro. Ponti forieri di continuità tra ciò che è stato fatto e ciò che si mostra nel presente. Queste sono alcune delle componenti che animano le sale del M9 Museo del ‘900 di Mestre che dal 23 febbraio al 2 giugno 2024 ospitano l'ingombrante, sotto molti punti di vista, visione artistica del criptico street artist inglese (?): Banksy - Painting Walls. Metamorfosi Eventi, nella figura della curatrice Sabina de Gregori, ha portato nella città lagunare, già teatro dell’artista in passato, 70 opere sui temi ai quali Banksy ci ha abituati, dai fenomeni migratori al cambiamento climatico per continuare con la critica ai conflitti globali. L’esposizione propone, tra gli altri contributi, tre muri originali con altrettante testimonianze dello street artist relativi al 2009, 2010 e 2018 tutti rappresentanti adolescenti e bambini alle prese con le idiosincrasie della società moderna, tra i quali spicca l’iconico Season’s Greetings che, con un bambino che sognante assaggia la “neve” che piove dal cielo, ci mostra un bidone dell’immondizia nascosto ( agli occhi, alla società) che emana fumi tossici i quali si rivelano la vera origine della neve artificiale di cui gode il fanciullo. L’opera, concepita per Port Talbot, in Galles denuncia il forte inquinamento della città segnalata anche dall’OMS. Heart Boy e Robot/computer Boy completano, colorando i rispettivi muti di supporto, l’esposizione. Muri: parte della città che la street art reclama come tele socialiste ed egualitariste con lo scopo di denunciare, informare e creare senso di appartenenza. Musei: luoghi di elezione fruibili (perlopiù) a pagamento per meditare e conoscere processi culturali che, intrinsecamente e storicamente, escludono strati della società. Ha senso, dunque, una musealizzazione della street art? La domanda ad oggi non porta ad una risposta unitaria ma a interessanti spunti di discussione indissolubilmente legati all'annosa questione di cosa sia ormai storicizzato e cosa, invece, costituisca l'avanguardia artistica.
Utopiche Seduzioni
Quest’ultima categoria contiene interessanti sperimentazioni, di cui la mostra Utopiche Seduzioni visibile a Forlì fino al 24 marzo 2024. La fondazione Dino Zorzi presenta un dialogo profondo tra artisti, storicizzati e musealizzati, come Piero Manzoni e facenti parte delle “nuove leve”, pensiamo alle installazioni site specific di Francesca Pasquali, Valentina Palazzari e Giulia Nelli. I contributi proposti, pur variando nella forma, comunicano l’importanza e l’urgenza di una coscienza votata al riciclo, all'ecostenibilità per approdare alle sperimentazioni della recycled art. Il messaggio è chiaro: per salvare il nostro futuro dobbiamo agire sul presente imparando dagli errori del passato.
In arrivo...
Se febbraio è stato caratterizzato dai santi di turno (Remo e Valentino), marzo porta con sé venti di riflessione sociale, non femministi, bensì egualitaristi. Il femminismo potrebbe non essere la via, permanendo nella parzialità della visione storica, sociale e politica, mentre l’egualitarismo permetterebbe di ricostruire la storia dell’umanità utilizzando tutti i pezzi del puzzle ed avvicinandosi alla genuina restituzione della verità. Su questo, ed altri temi, lavora il progetto di mostra - laboratorio artistico Recontemporary promosso da Irene Pittatore, Lisa Parola e Tea Taramino che con l’iniziativa “MONUMENTA ITALIA” intende promuovere la consapevolezza ed il dialogo riguardo alla penuria, se non all’assenza, di monumenti raffiguranti personaggi femminili, nelle piazze italiane. Chi si trovi a Torino dal 7 al 28 marzo 2024 rimanga ricettivo rispetto a proclami e ad affiche, la tematica va ben oltre la retorica della festa della donna ma riguarda ognuno di noi. La donna e la sessualità, due temi promossi dalle avanguardie artistiche e capaci di generare, spesso, polemiche e dibattiti sono alla base di un’altra interessante sperimentzione. Cosa accadrebbe se il dibattito si tenesse nei locali di un cinema a luci rosse nel centro città, abbattendo i tabù grazie a visioni collettive e alla dimensione rilassata dell’happy hour? Chi volesse sperimentare le possibili risposte potrà farlo al Cinema Gioiello a Genova dal 29 febbraio al 3 marzo quando, attraverso attività itineranti e fortemente sperimentali, Matteo Alfonso (curatore e appassionato) porta avanti la sua visione sul postporno con la rassegna Amuse Bouche animata da proiezioni, presentazione di libri e tavole rotonde informali.
Cosa vi siete persi...
Si è conclusa il 25 febbraio 2024, al Castello di Rivoli di Torino, la mostra Michelangelo Pistoletto. Molti di uno, esperienza non solo estetica ma anche cassa di risonanza della dimensione sociale del mondo dell’arte e dei suoi comprimari. Il maestro non delude mai, restiamo in attesa di una sua nuova esposizione e/o di una replica di Molti di uno, progetto che ha ancora molto da raccontare.
Il caso...
Un caveau sui Pirenei, delle casse contenenti opere d’arte di valore inestimabile e un detonatore, al segnale convenuto parte della storia dell’umanità, della sua espressione e della libertà di pensiero verranno disciolti nell’acido per sempre. No, non è la trama di una puntata della nuova stagione di Black Mirror, è la realtà ormai capace di superare le distopie più divergenti. L’arte tiene in ostaggio, come uno scudo creativo, i simboli della libertà per denunciare la situazione, complessa, di Julian Assange: la sua morte in prigione si tradurrebbe, nell’arco di poche ore, in una tragedia dell’arte internazionale. Nace così la performance Dead Man’s Switch. Meditando sul valore della vita umana e della sua temperie artistica si apre un dibattito che, difficilmente, può generare tifoserie e al contrario è destinato ad arricchirsi di punti di vista cmplementari. L’artista e performer russo Andrei Molodkin, solito creare opere di grandissimo impatto sull’opinione pubblica come quelle realizzate con il sangue per denunciare le atrocità della Chiesa, di Putin e delle bombe atomiche, cambia medium, il sangue che definiva stemmi e bandiere nelle installazioni degli anni scorsi, si tramuta in acido. Le tele che accoglievano i simboli del potere, anonimamente vergati, sono adesso le grandi opere di Picasso, Warhol, Rembrandt, Sarah Lucas, Santiago Serra, Jannis Kounellis, Andreas Serrano e Franko B. Se gli ultimi due hanno offerto spontaneamente le proprie opere all’altare della denuncia politica, gli enti museali e i collezionisti privati hanno avuto una genesi decisionale più tortuosa, come nel caso delle Galleria Abbondio di Todi, rappresentante di Molodkin, che ha donato un suo preziosissimo Picasso, dopo una lunga trattativa. L’artista russo, classe 1966, ha concepito una macchina distruttiva che fa rivivere vendicatori mascherati del cinema anni Duemila, serie tv distopiche ed echi, lontani e trasmutati, della verve degli Azionisti viennesi della prima ora. Cosa accadrebbe qualora Assange rimanesse in carcere, senza che gli venga torto un capello? le opere sarebbero custodite nella loro fortezza della solitudine. Nella possibilità, remota, che il fondatore di WikiLeaks venga rilasciato le tele sarebbero rese ai legittimi proprietari che, si ricorda, le hanno donate spontaneamente e in accordo con la via narrativa scelta dall'artista. La performance è stata ideata, promossa e implementata in terra francese da un artista russo che, da anni, ha scelto Parigi come dimora di vita e di lavoro, la temperie dell’estremo est e la vocazione all’impegno politico della patria della Rivoluzione appaiono, a posteriori, come la culla ideale per un messaggio tanto esplosivo.