L’estetica di Marsterchef nega l’acquolina in bocca. In un modo o nell’altro la fame non arriva mai. Per chi ha l’abitudine di mangiare di gusto, la maggior parte dei piatti, la loro spiegazione, le storie che si portano dietro, gusto non ne hanno. Anche perché c’è un modo di vivere effettivamente il cibo come cultura, ed è quasi il contrario di quello che un programma del genere tende a rappresentare. Non solo perché le creazioni sembrano non testimoniare alcuna memoria condivisa (diciamo una tradizione), ma perché sembra di assistere alla sfilata dentro e fuori dal camerino di un essere umano indeciso sul vestito migliore per una festa che è decisissimo a non perdersi. Eccola, la sfilata di lustrini, paillettes, colori cangianti e di plastica, poltiglie, piatti mezzi vuoti. E questa storielle individuali, ricordi di nonni, padri, madri, sorelle. Che poi non c’è nulla di male, se non il fatto di non saperle raccontare. Storielle che restano storielle e non divertono o commuovono, storielle sfruttate per impietosire o poco più. Le ultime due puntate di Masterchef 13 sono forse le più noiose finora proprio per questo. Abbiamo smesso di conoscere davvero i personaggi da un po’, ma non è che si sia sopperito alla mancanza con chissà quali piatti da master, maestro. Qualcosa si salva, ma andiamo con ordine.
Bruno Barbieri: voto 7
Un po’ troppo amicone. Va bene, ma lo preferiamo, oltre che giustamente preoccupato per la cottura del cervo, impietoso e austero, un po’ come quando zittisce Lorenzo durante lo skill test. Ma è stato il migliore per sei puntate, non possiamo scendere troppo con il giudizio.
Antonino Cannavacciuolo: voto 8
Cannavacciuolo e la tartelletta, la tartelletta e Cannavacciuolo. Chef che si reinventa maieutico, socratico, e ci piace. Invece di dire come stanno le cose, lascia che ci arrivino i concorrenti. Ha anche qualche punta di severità niente male. Il migliore delle due puntate.
Giorgio Locatelli: voto 7,5
Va apprezzato. Dopo tutte le critiche abbiamo capito che è impossibile cambiare un gentlmene, una sorta di Olef degli studi di Sky 1. Un gentlemen che secondo noi può fare del buon rock ma ci sta bene anche in versione “piano e voce”.
Alex Atala: voto 6
Ottimo il suo italiano, ma complice uno skill test terzomondista e forse poco comprensibile (aggravato dalla possibilità di dare libero sfogo, con guance e pancette crude, all’incapacità creativa dei concorrenti) risulta poco più che un’ombra di passaggio. Uno spettro da terre antidiluviane.
Kassandra: voto 0
Il problema di Kassandra con il sifone è il problema nostro con Kassandra. Non si monta l’entusiasmo. Forse il momento migliore è quando risponde agli chef, ovviamente inconsapevole di aver torto. Era un 1 diventato uno 0 nel momento in cui ha garantito che non metterà mai del piccante nel piatto per via dei suoi problemi intestinali. Ha fatto venire i bruciori di stomaco a tutti. E pure qualche conato di vomito.
Eleonora: voto 7
Ancora una volta la prima della classe, ma a differenza dei fuorisede fuoriorario e fuoricorso in materie umanistiche di Bologna, tendiamo a preferire il merito alle cretinate. Per cui ci sentiamo di essere dalla sua parte.
Settimino: voto 7
Una piacevole costante che tira avanti a gusto, pur senza molta tecnica. Non durerà, ma finché dura… (Nota personale. Associo settimino a un nocciolo parlante di un programma per ragazzi, una sorta di Melevisione sul Volga).
Marcus: voto 6
L’unico caso di concorrente che non crede in se stesso che non risulta stucchevole. Era partito tra i favoriti di queste pagelle. Torna a crescere.
Michela: voto 6
Nemico pubblico numero uno e in effetti non si fa notare per la sua simpatia. Ma i nemici vanno quasi sempre rispettati, a meno che non siano nemici ma solo ostacoli. Invece lei dimostra di saper fare qualcosa, abbastanza da rientrare nella media della classroom.
Valeria: voto 5
Se ne va con il sorriso ma se ne va. Vola Valeria, insegna ai gabbiani a fare una pasta al sugo.
Nicolò: voto 4
Togliamoci il dente, pardon! il grembiule. Nicolò era quello del flirt durante le selezioni? Non siamo andati neanche a controllare. Purtroppo al sua prematura eliminazione non ci scuote. Un po’ come i suoi piatti.
Alberto: voto 6
Sembra un buono e la bontà va premiata. Ma non basta per essere parte dello spettacolo, neanche se per dieci secondi ti trasformi nel pesciarolo del tuo paese.
Andrea: voto 4
Forse il più meritevole di uscita. Non solo per essere finito tra i peggiori due volte su due nell’ultimo giovedì, ma per essere finito tra i mediocri puntata dopo puntata. Tra l’altro un meticcio che non meticcia nei piatti non serve a nessuno, eddai.
Alice: voto 3
Fisiognomicamente insopportabile. Denota una sicurezza che non corrisponde a nulla. Tutto parte dal naso e arriva al piatto. Forse (e purtroppo) in tutti i sensi.
Anna: voto 6
Teniamola sopra la sufficienza in attesa del valzer con Locatelli. Tenero il tentativo di trasformarsi in chef da cucina stellata, cum cacatina in un piatto visivamente diviso in terzi.
Antonio: voto 3
È Alice ma maschio. Tutto parte dalla barba, irricevibile, e finisce sul piatto. L’odio reciproco tra lui e Kassandra è persino fastidioso, poiché sganciano l’uno per l’altra la stessa accusa e risulta difficile dare torto a uno dei due.
Beatrice: voto 7
È piccola lei. Piccola ma dotata. Sembra anche sinceramente interessata alla cucina e non ad aprire un canale social. Poi lo aprirà, indubbiamente. Ma ha un certo candore che convince (o di cui vogliamo convincerci. Al massimo questo voto è per noi).
Lorenzo: voto 5
Non tanto per la cottura della pancetta quanto per la banalità della risposta a Cannavacciuolo: “Paese che vai, usanza che trovi”. Da lì la crisi totale, tanto da finire tra i peggiori. Tra cui si teme rimarrà.
Deborah e Filippo: voto 2
Chi sono?
Sara: voto 7
Dolce come Beatrice ed esperta di cacao. Il piatto allo skill test più curioso è il suo. Discrezione e mansuetudine sono piacevoli.
Niccolò: voto 2
Avrà anche ottenuto la golden pin ma è ormai stato smascherato. È passato dall’essere il mezzo genio con la testa tra le nuvole, all’antisociale che si imbarazza per tutto (per sua stessa ammissione), al simpatico e a tratti goffo distratto. Oltre a sembrare bravo, però, sembra anche stratega e in fondo maligno. Il contrario dello svampito per cui vorrebbe passare. E noi non gliela facciamo passare.