La recente tempesta mediatica che ha investito la Scuola Holden, scatenata da un video Instagram oggettivamente discutibile ma incredibilmente sovradimensionata nei suoi effetti, è l'ennesima riprova di come il dibattito pubblico italiano sia ormai avvitato su se stesso, incapace di guardare oltre la superficie e divorato da una sterilità intellettuale che fa più male della crisi economica. È una polemica ridicola, francamente. Si grida allo scandalo per il costo di una scuola privata, come se l'esistenza di istituzioni elitarie e costose fosse una novità sotto il sole, un'anomalia tutta italiana. Ma di cosa stiamo parlando? Il capitalismo, piaccia o meno, è il sistema in cui siamo immersi. E in questo sistema, l'accesso a determinate opportunità passa spesso attraverso investimenti economici. Le scuole private di alto livello esistono ovunque, dal Massachusetts al Giappone, e offrono, a chi può permetterselo, un network di contatti e un percorso formativo che indubbiamente facilitano l'inserimento in certi ambienti. Negarlo è negare l'evidenza, è un'ingenuità che rasenta l'idiozia. E la fortuna, diciamocelo, è che in Italia abbiamo ancora un sistema di scuole pubbliche d'eccellenza, un baluardo che resiste (malgrado tutto) all'erosione liberista e che garantisce, almeno in teoria, pari opportunità a tutti.

La parte più nauseabonda di questa querelle è l'uso strumentale che ne viene fatto. La destra, con la sua consueta e cinica abilità, ha fiutato l'occasione per gettare benzina sul fuoco e far detonare la sinistra dall'interno. Ed ecco che fioriscono articoli su "Il Giornale" – quotidiano che, come molti altri, insegue le polemiche da strapazzo sui social senza la minima velleità di analisi – che sbattono il mostro in prima pagina, criticando una presunta "auto-tempesta di sinistra". Ma quale sinistra? Quella dei "trombati" e degli "esclusi", che in un delirio di frustrazione coniano parole inesistenti come "amichettismo" per denunciare un sistema che, a loro dire, si auto-alimenta attraverso favoritismi e reti di amicizie. Ed è qui che si tocca il fondo della vacuità. Cosa ci sarebbe di male nell'aiutarsi tra amici? Soprattutto quando l'amicizia in questione si basa sulla reciproca stima e competenza. È l'essenza stessa di ogni network professionale, di ogni ecosistema culturale che funziona. Chi ne è fuori, ovviamente, scalpita per entrarci. È umano. Ma trasformare questa legittima aspirazione in una crociata contro un presunto sistema di caste è pura demagogia. È il lamento stanco di chi, non avendo saputo o potuto costruire il proprio percorso, si rifugia nella critica sterile, nel risentimento che corrode. La Scuola Holden, come qualsiasi altra istituzione formativa di alto livello, offre un pacchetto. Costa. Sì, costa tanto. Ma offre docenti di calibro, un ambiente stimolante, connessioni preziose. Non promette, e non potrebbe farlo, di risolvere la vita. Nessuna scuola, privata o pubblica, americana o italiana, ha questo potere taumaturgico.

La vita, quella vera, te la devi risolvere da solo, con la tua intelligenza, la tua caparbietà, la tua capacità di cogliere le occasioni. E poi c'è il coro, insopportabile, dell'anti-capitalismo da social network. Quello di chi, magari, sognava di diventare un grande scrittore o un comunicatore illuminato, e non essendoci riuscito si è trasformato in un critico rabbioso ai margini del sistema. Un sistema in cui, per altro, non vede l'ora di entrare, sognando magari quella stessa "amicizia tra competenti" che oggi denuncia. È una posizione comoda, quella di chi spara a zero da dietro una tastiera, senza mai sporcarsi le mani, senza mai confrontarsi con la complessità del reale.
L'idea che l'accesso alla cultura e alla formazione di alto livello debba essere "per tutti" è, in sé, nobile. Ma è un'utopia irrealizzabile in un mondo che funziona secondo le logiche di mercato. Certo, avere grandi scrittori come insegnanti è un lusso. E forse, in un mondo ideale, dovrebbe spettare a tutti. Ma non viviamo in un mondo ideale. E finché non saremo in grado di costruire una società diversa, radicalmente diversa, continuare a piagnucolare sui costi di una scuola privata è una perdita di tempo preziosa. Lunga vita alla Holden, allora. E lunga vita a chi, invece di lamentarsi, cerca di costruire, di imparare, di fare, anche a costo di pagare il prezzo. Perché alla fine, la vera distinzione non è tra chi può permettersi una scuola privata e chi no, ma tra chi agisce e chi si limita a criticare. E questa, per fortuna, è una scelta che spetta a ciascuno di noi.
