La nuova serie Sky, M - Il figlio del secolo, tratta dai libri di Antonio Scurati, sta dividendo gli spettatori tra chi la celebra come una produzione audace e chi la considera una semplificazione del fascismo italiano. Tomaso Montanari, storico dell'arte, dopo aver visto le prime quattro puntate, sul Fatto quotidiano si schiera apertamente tra i sostenitori, elogiando la serie non solo per la straordinaria interpretazione di Luca Marinelli e la regia visionaria di Joe Wright, ma soprattutto per la sua capacità di svelare la duplice natura del fascismo: tragico e farsesco (a differenza del direttore, Marco Travaglio). “Il fascismo fu una tragedia e una farsa”, sottolinea Montanari, “e il suo Duce un pagliaccio mannaro: feroce fin dall’inizio e grottesco fino alla fine”. Questa rappresentazione, spiega, smantella l’idea di Mussolini come figura straordinaria, mostrando invece un opportunista privo di lealtà, che si impadronì del Paese con una facilità disarmante: “Non fu una parentesi nella storia italiana, ma la sua più terribile autobiografia”, aggiunge, richiamando il giudizio di Piero Gobetti. La forza della serie risiede nella sua capacità di restituire il ‘costume’ fascista: una miscela ripugnante di oscenità violenta e meschinità piccolo-borghese: “Sempre a cavallo tra il delitto e il carnevale”, come scrive Arturo Carlo Jemolo. Montanari evidenzia come M - Il figlio del secolo riesca a catturare questa doppiezza, rievocando momenti grotteschi che spesso rischiano di essere dimenticati. Ad esempio, Piero Calamandrei descriveva Mussolini come un “funesto ciarlatano” e ironizzava sul suo copricapo: “Una specie di gigantesco tegame... tutto nero, con in cima un fierissimo uccellone d’oro”. Dettagli come questi, che sembrano usciti da una fantasia burlona, vengono riportati con precisione e impatto visivo nella serie.
Montanari trova inoltre straordinaria la rappresentazione della radice fiumana e dannunziana del fascismo, che incarna perfettamente il perpetuo tono grottesco del regime. “Bravate da soldatacci e sciocchezze senza capo né coda, adornate di parole preziose, divennero di moda” spiega citando Mario Bracci, primo rettore dell’Università di Siena dopo la Liberazione. Da qui, il fascismo si evolve in un’escalation di assurdità, dai legionari che sfondavano porte a testate ai gerarchi che saltavano attraverso cerchi fiammeggianti per ordine del Duce. In un momento in cui il fascismo rischia di essere ricostruito come “una cosa seria” attraverso i soli documenti ufficiali, Montanari elogia M - Il figlio del secolo per aver restituito il fascismo come una realtà “tragica, ma non seria.” Questo approccio, pur disturbante, è una lezione necessaria: “Ci ricorda che la maschera grottesca del fascismo non ne attenua la pericolosità, ma ne svela la natura intrinseca”. Con la sua estetica mozzafiato e il suo racconto implacabile, M - Il figlio del secolo è molto più di una semplice serie storica: è un manifesto contro l’oblio, un invito a guardare dritto negli occhi un passato che ancora oggi ci interroga.