Si torna a parlare delle incongruenze o “erroracci” del controversa serie con Luca Marinelli, diretta da Joe Wright. A scriverne, questa volta, è il giornalista Marco Patricelli su Libero che in merito alla terza e quarta puntata del prodotto Sky (ogni settimana usciranno sulla piattaforma due puntate, per un totale di otto episodi) ha detto: “[La serie] Non è una biografia di Mussolini e non è una storia del fascismo, e neppure una storia italiana spalmata su Ventennio, perché gli italiani o non ci sono oppure vengono tirati fuori dal mazzo delle figurine Liebig disegnate da Angelo Biolento, con Mussolini come il Feroce Saladino ma niente affatto raro”. Patricelli non ci sta al ritratto del Duce cucito da Joe Wright prendendo spunto dai romanzi omonimi di Antonio Scurati (che, ricordiamo, con M - Il figlio del secolo si è aggiudicato il Premio Strega nel 2019). “Data per insopportabile la cadenza romagnola affibbiata al giornalista di Predappio, ecco subito l'anticipazione dell'istituto Lace con Benito a cavallo e schermidore”. Il giornalista ritiene probabile che, in futuro, la rappresentazione di Mussolini evolverà ulteriormente, prendendo spunto dai cinegiornali dell’epoca. In questi, il Duce era ritratto in una serie di attività improbabili: ballerino disinvolto, calciatore rigido, tennista quasi paralitico, nuotatore instancabile e persino aviatore. Quest'ultima immagine, sottolinea il giornalista, fu tanto efficace da far diventare Adolf Hitler “verde di paura” ogni volta che Mussolini impugnava la cloche, un caso unico nella storia, dice. Procedendo con la lettura dell'articolo, l'autore afferma che, nella serie, verrebbero mostrati il “ciao, ciao” Giovanni Giolitti, l’irrisione in aula parlamentare nei confronti del primo ministro Ivanoe Bonomi e poi a Luigi Facta, il quale, nota, fu marchiato per sempre da Gabriele d’Annunzio con l’appellativo di “Caligola”.
Insomma, M - Il figlio del secolo è una “tragedia”. Negli episodi tre e quattro, che raccontano l’ascesa politica del Duce e dei suoi, la violenza fascista sarebbe mostrata, spiega nell'articolo Patricelli, con compiacimento unilaterale, senza alcun riferimento alla situazione italiana dell'epoca. “Mussolini è il capomuta di quelli che definisce ‘cani rabbiosi’, li tiene al guinzaglio e li lancia contro gli avversari politici, armati di manganello, olio di ricino e stoccafisso (…)”. Non sono state apprezzate anche la scelte di regia e più in generale la cifra autoriale e distintiva della miniserie. Niente da fare anche per il make up di Luca Marinelli, il suo Duce da “gli occhi truccati di nero come un panda di provincia” non è gradito tanto meno la tecnica della “strabuzzata quarta parete”. Addirittura, in alcuni punti, il giornalista parla di una “commedia all’italiana stereotipata in salsa inglese”. Si legge: “Mussolini dice di sé che è uno stratega e appiccica sbrigative etichette a Dino Grandi, Roberto Farinacci e Italo Balbo; soprattutto quest'ultimo è talmente fuori le righe da risultare improbabile”. A proposito di luoghi comuni invece, Patricelli riporta, come smentito da Bruni Guerri, l'idea che il fascismo non sia nato con Mussolini: ma che il vero padre è d'Annunzio. Su Libero: “Il fascismo, come un tenace opportunista e parassita della storia si appropriò delle liturgie dannunziane, belliche e a Fiume, e le fece proprie banalizzandole, come quell''eja eja alalà' che nella fiction risuona quasi come un ‘trullalà’ di bambinoni troppo cresciuti o non cresciuti affatto ma che si credono superuomini a imitazione del Vate”. Male anche la scrittura del personaggio di Rachele, la moglie del Duce. Sarebbe inverosimile e addirittura da cartoni animati la sua rappresentazione. Ritratta come fosse una specie di “strega disneyana”. E Matteotti? Dipinto come un autentico invasato, un transfer di Mussolini.
Tra le altre segnalazioni fatte dal giornalista legate al sovrano e alcuni chiarimenti storici, nella recensione si osserva come Mussolini sia stato descritto in queste puntate con l’intento a muovere le "bandierine delle squadre di camicie nere” come fosse un giocatore di Risiko, “davanti al triumviri cui ha concesso a Napoli di coordinare uno scaciolato atto di forza si è mosso solo in un secondo tempo, ma da Milano”. Inoltre, Patricelli non manca di evidenziare la rappresentazione caricaturale dello stesso re. Dal momento che, quest'ultimo, viene presentato, secondo lui, come uno “gnomo impaurito che piagnucola e accenna persino all'intenzione di abdicare”. Eppure, fa sapere il giornalista, nella realtà, l'unico timore del sovrano, che ne influenzava lucidità e decisioni, sarebbe stato un altro. Anche il figlio Umberto viene ritratto superficialmente come una sorta di “bamboccione", nonostante in quel momento storico ci fossero in gioco i destini del regno. Insomma per Libero M - Il figlio del secolo è un disastro. “Si poteva trasformare la vicenda insieme toria o in una trama avvincente e credibile ma ancora una volta sono la noi a e le caricature a fare da filo conduttore”.