“Questo Fleming va un casino in questi anni”, potremmo dire per semicitare Jacobim Mugatu nel capolavoro di Ben Stiller, Zoolander. Ian Fleming, bisbetico scrittore inglese in esilio volontario nella sua villa giamaicana chiamata GoldenEye e padre del personaggio di 007, era ufficiale del servizio informazioni della Royal Navy durante la seconda guerra mondiale e in passato è stato considerato “poco più di un passa carte” dagli storici di professione a dai giornalisti che lo citavano solo quando dovevano attingervi per condire un pezzo, rifacendosi all’immaginario dello spionaggio più celebre, e sciorinando quindi qualche posa di James Bond. Eppure, ora è una “comparsata fissa” in ogni film di Hollywood o serie Netflix che si rispetti, come a voler puntare su una sorta di trend che strizza l’occhio a chi ne ha sentito parlare, a chi sa e a chi crede di sapere. Perché era indubbio che, come la maggior parte degli addetti ai servizi segreti britannici che poi hanno trovato occupazione nel pericoloso mondo dell’editoria - William Somerset Maugham, Graham Greene e il più noto John le Carré -, Fleming attingesse a sua volta alle sue esperienze personali come consigliere addetto alla pianificazione di operazione segrete di altissimo livello durante la guerra. Operazioni che li procurarono una serie di scheletri da nascondere in un armadio grosso come una spiaggia di ciottoli bianchi dell’alta Normandia. I collegamenti con una realtà che prima era stata taciuta, o completamente accantonata, da qualche anno a questa parte non sono più materiale esclusivo per cultori della materia, topi di biblioteca o fanatici della storia, ma una serie di fotogrammi nitidi posti all’attenzione di tutti sulla bella scena cinematografica che non può fare a meno di raccontare e continuare a raccontare, tra un’esplosione e l’altra per incontinenza d’azione, il Secondo conflitto mondiale come passato recente decisamente affascinante e ancora in parte misterioso. E non a caso i tunnel sotterranei che passano sotto Londra, in cui l’autore lavorava come spia per Winston Churchill, apriranno al pubblico. Fleming, Ian Fleming, ha avuto un ruolo attivo nel suggerire operazioni assurde. Dall’Operazione Micemeat dove un cadavere venne messo al servizio di sua maestà per sviare i tedeschi dallo sbarco in Sicilia, alla progettazione di una gigantesca portaerei di ghiaccio e poltiglia di legno nota come Progetto Habakkuk; Fleming ha spiato Dusan Popov nel Casino di Estoril quando faceva il doppiogioco per i britannici e l’Abwher, il servizio segreto tedesco, e ha suggerito l’elaborazione di trucchi come la realizzazione di strani congegni che ne nascondevano in realtà altri (fotocamere, armi silenziate, mappe nascoste ecc. ecc.) per quella che era in tempo di guerra la Sezione 9 del Military Intelligence. Quella che nei film di James Bond chiama in causa il mitico personaggio noto con la sola sigla di Q, e che nella storia vera era nota per avvalersi della consulenza del mago Jasper Maskelyne, e aiutare, attraverso ogni mezzo possibili, i prigionieri di guerra ad evadere e fuggire dall’Europa occupata.
Fu annoverato inoltre e tra gli altri, come uno dei principali responsabili della carneficina in cui terminò il Raid su Dieppe nell’agosto nel 1942. Recentemente citato nel film di Guy Ritchie, Il Ministero della guerra sporca, protagonista di un breve siparietto nella bella serie di spionaggio Una spia tra noi di Alexander Cary basata sul libro di Ben Macintyre sulla storia vera della spia doppiogiochista Kim Philby - siparietto in cui un agente segreto olandese emerge da una piscina con uno scafandro da sub per dimostrare come uno “smoking perfetto” per imbucarsi alla festa organizzata in riva al mare da ufficiali nazisti potesse mantenersi “asciutto” - Fleming sta vivendo una nuova gloria nell’immaginario degli amanti del genere e si sta ritagliando un nuovo ruolo nella storia del passato. Quella di una sorta di Rasputin dei servizi segreti inglesi. Un onere che forse dovrebbero attendere, prima o poi, l’approfondimento sulla creazione della 30 Assault Unit o Commando 30, come ricorda lo storico David O’Keefe. Un’unità speciale creata sotto l'egida del Director of Naval Intelligence britannico che mise “in scena” uno sbarco in forze, con morti veri, quale diversivo per mettere le mani sui nuovi codici della macchina Enigma, così ben presentata nella pellicola Imitation Game di Morten Tyldum. Film sulla vita di Alan Touring e i critto-analisti di Bletchley Park. Dietro la strage che si consumò nel raid di Dieppe, codificata come Operazione Jubilee, ci sarebbe la firma di Lord Mountbatten, ma la mano di Fleming, Ian.