Sono passati cinquant'anni da quella tragedia che ha segnato la storia politica dell’Italia. Cinquant'anni da quando Sergio Ramelli, giovane militante del Fronte della Gioventù, è stato aggredito e poi ucciso per un tema che aveva scritto in classe. Un testo che, seppur breve e scolastico, aveva infiammato le coscienze, messo in moto meccanismi che avrebbero avuto risvolti drammatici e ancora irrisolti. Ma, oggi che si commemora la sua morte, quante persone hanno realmente letto quel tema? La storia è nota: Ramelli scrive un tema in classe, un testo che critica le Brigate Rosse, denuncia l'omicidio di due militanti missini a Padova e, in qualche modo, invita ad una riflessione sull’assenza di una risposta istituzionale. Il tema, rubato al professore, viene affisso in bacheca. E da lì si scatena il pandemonio. Quella denuncia, quella scrittura, quella visione del mondo, diventano simbolo di un'ideologia e catalizzano odio, violenza, vendetta. E poi, il 13 marzo 1975, un gruppo di militanti di sinistra di Avanguardia operaia lo aggredisce brutalmente, colpendolo alla testa con una chiave inglese. Dopo 47 giorni di agonia, Sergio morirà il 29 aprile. Ma il tema dov'è finito?

La verità è che nessuno, a parte i suoi aggressori, ha mai letto quel testo per intero. Sono circolate frasi, citazioni, versioni parziali, ma il tema integrale, quello scritto da Sergio Ramelli, resta un mistero. È stato distrutto o è stato nascosto? E le versioni che sono state riportate erano corrette, o sono state interpretate in modo stumentale? C'è forse qualcuno che lo ha custodito nel tempo e come mai nessuno ha mai fatto chiarezza sul suo contenuto? È strano come, dopo decenni di dibattiti, libri, analisi politiche, e una giusta revisione storica di quell'epoca segnata dagli anni di piombo, nessuno si sia mai chiesto: ma il tema originale di Sergio Ramelli, che fine ha fatto? In un mondo dove tutti hanno un’opinione su tutto, dove ogni parere è stato già sviscerato e analizzato, è quasi un paradosso che nessuno si sia mai posto una domanda tanto semplice. Forse è il caso di smetterla di ripetere sempre le stesse frasi, di raccontare sempre la stessa storia, senza mai fermarsi a chiedersi: che cosa c'era scritto esattamente in quel tema? Che toni aveva? Era un invito alla riflessione o una provocazione? E soprattutto, cosa ci direbbe oggi, quel testo, a cinquant'anni di distanza?

In questi anni sono stati scritti molti libri su Ramelli. Da ultimo "Uccidere un fascista" di Giuseppe Culicchia. Libri che raccontano la sua vita, il contesto, le dinamiche politiche, ma nessuno di questi, e nemmeno la storicizzazione collettiva, ha mai provato a rispondere a una domanda semplice: cosa pensava veramente Sergio Ramelli, quel giorno, quando scriveva il suo tema? Cos'è che aveva pensato di voler lasciare in quella pagina, di voler dire alla sua classe, ai suoi compagni, al professore? Dopo tutti questi anni, non sarebbe forse il caso di recuperare quel tema originale? Non sarebbe il momento giusto per dare finalmente una risposta? Non possiamo continuare a parlare di Sergio Ramelli e della sua morte senza risolvere almeno il mistero del tema che ha innescato la catena di eventi. La verità non sta solo nei generici pensieri che sono stati riportati, ma nel come sono stati scritti e soprattutto nelle motivazioni che li hanno animati. Il tema di Sergio Ramelli è il punto di partenza per capire di più di quell’epoca e del suo omicidio. Ma nessuno se lo chiede, eppure sarebbe fondamentale, a distanza di cinquant'anni, poter finalmente leggere quei fogli e scoprire cosa c’era scritto, se quel testo fosse un inno politico o solo la voce di un ragazzo che cercava un modo per esprimere la propria indignazione. Il tema di Ramelli potrebbe finalmente rispondere alle tante domande ancora irrisolte. Ma per farlo, dobbiamo trovarlo. E allora, vogliamo chiederci dov'è sparito?
