In uno dei suoi caffè corretti con retorica, il Barista dell’Ovvio, Massimo Gramellini, si è occupato di Filippo Champagne. Il pezzo si articola in quattro argomentini che non brillano, diciamo, per originalità: il sagace editorialista rileva infatti come l’influencer, benché avanti con gli anni, abbia un discutibile stile di vita, e una generale capacità di programmare il suo domani più breve di una storia di Instagram. Sembrerebbe, insomma, che l’articolo, pubblicato in prima pagina su uno dei principali quotidiani del Paese (il Corriere della sera), riporti in bella copia quanto scritto nei commenti sotto ogni post di mister Champagne degli ultimi 5 anni; ma prima che qualcuno possa chiedersi a cosa serva comprare i giornali, se la profondità di analisi è quella della signora Cecioni, bisogna rilevare una decisiva differenza. L’intervento di Gramellini si chiude con l’osservazione secondo cui “la scuola dell’obbligo ha fallito” a causa del fatto che l’influencer è seguito da 452 mila persone. Salta all’occhio come il giornalista possegga una conoscenza dei meccanismi social che poteva essere giustificata nel 2008, forse nel 2009, ma certo non dagli anni ’10 del Ventunesimo secolo in poi. Seguire una persona sui social non rappresenta, a priori, una manifestazione di apprezzamento, di ammirazione, di condivisione valoriale; qualsiasi ragazzino delle medie sa come il procedimento sia più complicato – si può seguire una persona, a maggior ragione se famosa, anche per odio, per arraparsi, per farsi due risate, perché è cringe, eccetera. Ma la cosa interessante è un’altra, ovvero la malcelata invidia del Gramellini nel constatare come Filippo Champagne abbia il doppio esatto dei suoi follower (452mila contro 226).

Ora: da che mondo è mondo si sa che della cosa pubblica se ne sono sempre occupati in pochi. In polis ci andava una piccola élite, per secoli della società e delle sue dinamiche se ne occupavano solo nei monasteri, nei castelli e al massimo in qualche palazzo nobiliare. È vero che il benessere diffuso garantito dal capitalismo ha permesso, dalla seconda metà dell’Ottocento, alla borghesia e poi al popolo, di avere tempo libero, e quindi di confrontarsi con temi che non riguardassero solo la necessità di riempire la dispensa per non morire di fame. Ma, di nuovo, chi si interessava a tematiche “alte” restava una minoranza, e infatti c’erano film, libri e spettacoli “di cassetta” contrapposti a quelli “impegnati”. In altre parole: i Filippi Champagne sono sempre esistiti, quello che è cambiato è l’ego degli intellettuali, che se prima si accontentavano di rappresentare una nicchia, adesso, schiavi della loro vanità, frignano perché non vengono considerati, perché i padroni delle pizzerie non chiedono più la foto insieme da attaccare alle pareti, perché i loro cuoricini sono inferiori a quelli dei burini. E allora giù a occuparsi dei burini, dando vita a un maestoso cortocircuito: mi lagno che la gente si interessa all’ultimo fenomeno del trash e non al mio intelletto, ma poi gongolo quando il mio articoletto dedicato a quel fenomeno ottiene ottimi riscontri.

Chi è abituato a frequentare altre realtà, sa che all’estero le cose funzionano diversamente: Bbc, Cnn e compagnia cantante conservano una loro dignità, e certe cose, sulle loro pagine, non trovano diritto di cittadinanza. L’Italia, terra di chiagni e fotti, è invece il Paese dove i giornalisti per bene si dolgono per i social “ormai cloache a cielo aperto” - per citare un’espressione che si sente spesso - e però nelle cloache ci sguazzano, pescando fior da fiore. Per quanto imbarazzante, Filippo Champagne rappresenta solo sé stesso; Gramellini invece rappresenta l’imbarazzo dell’intero giornalismo italiano genuflesso al trash, proprio come ieri quello stesso giornalismo si inginocchiava davanti a Chiara Ferragni e alla sua farsa. Insomma: il fatto che tra il Filippo di turno e il Barista dell’Ovvio sia il secondo a occuparsi del primo (mentre il primo, probabilmente, non sa neanche chi sia Gramellini) la dice lunga su chi dei due abbia bisogno dell’altro per continuare a esistere.
