Settimana di potenziali hit. Elodie e Irama, senza inventare nulla, appoggiano le loro vocalità su una base di sinuoso reggaeton. E mentre Neffa si conferma una sicurezza, Sabrina Carpenter ingaggia una sfida a distanza (che vince) con la nostra Gaia. Il nuovo singolo di Major Lazer è un trionfo di sublime ignoranza. Peccato infine per uno spompo Bon Jovi. Il feat con Bruce Springsteen, però, funziona.
ELODIE/IRAMA, Ex
E così su una base di reggaeton gelido e compassato (buona la produzione di Room9), Elodie e Irama, per la prima volta insieme, sfoderano una hit quasi garantita che non rende i suoi tre minuti di durata l’esperienza dolorosa che ci si poteva attendere. I due confrontano le loro vocalità in un video in bianco e nero che ce li fa vedere “ex”. Rancorosi e malinconici. Irama che tira un po’ troppo a Blanco fa parte dei tempi grami che ci toccano. Elodie fa il suo, diligente e persuasiva. Come condurre l’estate al suo tramonto con un pezzo amaramente ballabile.
MAJOR LAZER, DIPLO, BUSY SlGNAL & KYBBA, Gangsta
Il ritorno di Major Lazer, qui accompagnato da Busy Signal e Kibba, è un minitrionfo di tracotante ignoranza in salsa moombahton. Due minuti di hit quasi garantita (e siamo a due sue due, a questo giro) destinati ai peggiori bar di Caracas. Qui si rischia seriamente di fare il giro completo, così che un pezzo così primordiale e gnurant – voce ragga più autotune più base reggaeton ultra-schizzata – possa trasformarsi addirittura una brillante intuizione. Frammenti di notti deviate e geneticamente modificate. “Gangsta” è questo.
GAIA, Nuda
Mmm… Ci sbaglieremo, ma qui la hit non è quasi garantita. Eppure dei tre brani recensiti questo è quello che ci prova nel modo più smaccato ad essere una hit. Arridaje col reggaeton, qui in forma più che mai basic. Però il reggaeton da solo serve a poco o nulla. Ci vuole Gaia. La sensualità e la sessualità di Gaia, soprattutto. Che ci sbatte in faccia un video piccante, grossolanamente sexy, e una canzone in cui ci ripete, una sessantina di volte, che lei resta “nuda per tutta la notte”. Un’informazione che – messa giù così, con lei che si attorciglia attorno a un palo per buona parte dei tre minuti del pezzo – ci stuzzica anche, per carità. Tuttavia, resta un’informazione che poteva passare attraverso un semplice post social. Non serviva costruirci sopra una canzone così. Ah, diamine, dimenticavo: lui di lei può fare ciò che vuole, sciogliendo sul suo corpo cubetti di ice (cit.). Del resto, lei è una che beve collirio per spegnere il rosso del cielo (cit.).
NEFFA, Show
A costo di ripeterci, questo Neffa edizione 2025, quello che torna al rap, ci convince e ci attrae. “Show” introduce brillantemente la seconda parte di “Canerandagio”, da poche ore disponibile su tutte le piattaforme digitali e nei negozi, ed è, né più né meno, una gemma di hip hop old school. La polpa è il funk. Cubista, nel caso di un Neffa che recupera le vibes epoca “Chicopisco”. Fiducia quindi nel nuovo capitolo di “Canerandagio”, in cui compaiono anche collaborazioni con Jake La Furia, Nayt, Coez, Kaos, J-AX, Mahmood e Salmo.
SABRINA CARPENTER, Tears
Uh, quanto ci fanno godere le lacrime di Sabrina Carpenter! E che bella questa “Tears”. Esce oggi il settimo album di Carpenter, “Man’s best friend”, che punta forte (azzardando, anche inutilmente, forse) su una copertina che se l’avessero concepita gli Scorpions (hanno dei precedenti, per questo li citiamo) sarebbero già al rogo. La moderna inquisizione che vede la misoginia stampata anche sui cartelli autostradali, li farebbe a fettine. Lei, invece, ironica/autoironica o quello che volete voi, se lo può permettere. Perché nel frattempo, alla faccia di chi ancora ritiene che per essere sexy ci vogliano un palo e un testo da “Cinquanta sfumature di grigio”, Carpenter punta anche su brani come “Tears”. Se il mondo continuerà a girare al ritmo a cui siamo abituati, il pezzo sarà prestissimo una mega-hit. Video alla “Rocky horror picture show per un pop pesantemente “discofied” – il riferimento ci sembra essere “Upside down” di Diana Ross –, il genere di cose che un tempo faceva bene Kylie Minogue. Sia chiaro, alla fine attorno al palo ci finisce pure Sabrina, ma è il pezzo a essere un’altra storia.
BON JOVI, Red, white and Jersey/Hollow man (feat. Bruce Springsteen)
Agrodulcis in fundo, ciò che forse non ti aspettavi. Due nuovi brani (o quasi) di Bon Jovi (se è un po’ che non ve lo filate, siete avvisati: la sua voce è quasi irriconoscibile). Il primo, inutile come la sua intera discografia da “Bounce” (a essere generosi) in avanti, si intitola “Red, white and Jersey”. Gravemente dimenticabile, nella sua ostentata poppaggine. Altra storia, almeno in parte, è “Hollow man”, in cui compare addirittura Bruce Springsteen. Il brano è la rivisitazione di una ballad estratta dall’ultimo album di Bon Jovi, “Forever”, che presto verrà ripubblicato in versione “legendary”. Inizia ammiccando a “A hard rain’s a-gonna fall” di Bob Dylan, poi prosegue meditabonda. Quando entra Springsteen, abituato a uno storytelling ben più complesso, ce ne accorgiamo appena. Il brano c’è. Scolastico, ma piacevole. Sul ritornello vacilla un po’ tutto, ma la struttura dell’edificio tiene.
