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Michele Monina ci spiega
come uccidere i nostri idoli
(senza rimpianti)

  • di Otto De Ambrogi Otto De Ambrogi

25 dicembre 2022

Michele Monina ci spiega come uccidere i nostri idoli (senza rimpianti)
"I kill your idols" di Michele Monina è un memoir del laico della critica musicale italiana, uno che non si è piegato mai e deve la sua fama, racconta, a una stroncatura fatta a Michael Jackson (con annessa protesta sotto gli uffici della sua rivista). Ma non sono solo la sua vita e la sua esperienza professionale a essere trasmesse, bensì anche un grande senso della correttezza e dell'onestà intellettuale e un messaggio per il presente e le generazioni future: cercare la "leggerezza pensosa"

di Otto De Ambrogi Otto De Ambrogi

Michele Monina non ha scritto un libro. Qualcuno lo ha copiato mentre lo dettava, e lo dettava sognando, guardandosi indietro e ripercorrendo passo passo il suo personale rapporto con gli artisti adorati, i musicisti con cui si è scontrato, gli scrittori che lo hanno ispirato. È questo I kill you Idols (Musicae, 2022). Nessuna idolatria e spesso un entusiasmo alimentato da una rettitudine deontologica e un sano distacco necessario per chiunque voglia scrivere di musica e di arte. È il caso della sua prima stroncatura. Scriveva per Tutto Musica e bocciò Invincible di Michael Jackson. I fan andarono a protestare sotto la sede della rivista. Perché per “uccidere i tuoi idoli”, bisogna prima imparare a uccidere qualunque idolo. In fondo Monina è un po’ come Gorr , il macellatore di dèi, antagonista dell’ultima pellicola di Thor, Love and Thunder, citato a pagina 8. Un uomo non pago e continuamente in lotta contro le mitologie moderne.

Il libro di Michele Monina, "I kill our idols"
Il libro di Michele Monina, "I kill our idols"

Davvero è un unico lungo flusso di coscienza. La divisione del libro lo dimostra (un solo grande capitolo di oltre cento pagine e un secondo breve capitolo di qualche decina, quasi fosse un’appendice). È difficile estrarre episodi singoli, notizie e informazioni, perché si tratta di una solidissima e imperturbabile sintesi dell’intera esperienza professionale di Monina, il laico della critica musicale, lontano da qualsiasi intento agiografico, pur sapendo riconoscere il valore dei grandi nomi della musica occidentale. E, in uno slancio di grande onestà intellettuale, come tutti i pirati della critica, sa fare mea culpa e ci spiega come abbia perso, talvolta, una “gamba”, divorata dal coccodrillo della sua sensibilità umana e morale. Per esempio: «Per dire, fatico a ascoltare le opere di artisti che semplicemente mi stanno antipatici, figuriamoci se potrei ascoltare uno che ha ammazzato di botte sua moglie e che forse ha indotto al suicidio un’altra donna», riferendosi a Cantat.

Bertrand Cantat, condannato per aver ucciso sua moglie
Bertrand Cantat, condannato per aver ucciso sua moglie

Ma Monina non sta ammettendo implicitamente che spesso i suoi giudizi siano stati snaturati da un giudizio soggettivo sulla persona. Sempre riguardo a Cantat dice: «Nel caso di Maradona, arte per arte, molti hanno tirato in ballo Caravaggio, notoriamente omicida ma universalmente riconosciuto come uno dei pittori più grandi di tutti i tempi, e i lati oscuri della sua vita privata sicuramente sono ben visibili nelle sue opere, opere che tutti guardiamo con ammirazione nonostante si sappia che a farle sia stato un uomo dalla dubbia morale». C’è un bellissimo passaggio che ci regala un punto nodale del libro di Monina, nonostante occupi pochissimo spazio poco dopo la metà del volume. In riferimento a Disco di Kylie Minogue Monina scrive: «Credo che mai come oggi abbiamo bisogno di leggerezza pensosa. Non vacua superficialità, quindi, ma una lettura del mondo capace di utilizzare ironia nel senso letterale del termine». Tra una citazione di Ernest Hemingway e un elogio di David Foster Wallace, Monina ci regala un suo ritratto senza ritratto, un volto senza volta, perché lui è «Michele Monina, come tutti».

Michele Monina
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