Ho pensato a lungo se scrivere questo articolo, perché io a Miss Italia ci sono stata come ospite di Patrizia Mirigliani, e il bon ton giornalistico italiano impone di parlare bene quando si viene invitati, specie se da una signora per bene come Patrizia. Ma poi ho pensato che io l’unica cosa che le devo è la sincerità; dunque, spero non mi diverrà ostile se scrivo candidamente quello che penso.
Premessa: se Usigrai si indigna per il ritorno di Miss Italia sulla Rai (anche se dalla porta di servizio di Rai Play) parlando di “immagine stereotipata delle donne”, e se Repubblica e Vanity Fair fanno altrettanto, significa che comunque Miss Italia ha fatto bene a tornare, un minuscolo atto di resistenza contro la follia del mondo moderno è stato compiuto. Non so su quale pianeta vivano i giornalisti di Usigrai, di Repubblica, di Vanity Fair, se hanno mai dato un’occhiata ad Instagram, a Tik Tok, se hanno visto come si mostrano le ragazze oggi su quei social per attirare l’attenzione, se conoscono Onlyfans, se sanno che sempre più donne non trovano nulla di male a vendersi su quel social per la felicità degli azionisti che lo controllano. Oppure se hanno dato un occhio, pochi giorni dopo Miss Italia, al concerto di Elodie trasmesso da Canale 5 (per altro con pessimi risultati d’ascolto), se hanno confrontato gli outfit delle ragazze della Mirigliani con quelli della “Beyoncé del Testaccio” e del suo corpo di ballo. Roba che le miss parevano suore Orsoline.

I concorsi di bellezza ci sono ovunque nel mondo, ci sono nell’America woke, ci sono in Europa, per esempio in Francia, dove la finale di Miss Francia 2023 ha ottenuto la bellezza di 7 milioni di ascolto medio sul canale di TF1, con il 40% di share. È paradossale – e soprattutto offensivo – che in un Paese come il nostro, dove le donne, sui temi concreti, sono in netta di difficoltà, i giornalisti si ricordino della dignità femminile solo per parlare di Miss Italia. Da noi l’occupazione femminile è al 55%, contro la media europea del 70%; di queste molte lavorano part-time, ma oltre il 60% è involontario, cioè scelto perché non c’è alternativa. Perché, razza di ipocriti, non vi occupate di questo, invece che rompere l’anima a Patrizia Mirigliani? Fatta questa premessa, e passando a quanto accaduto durante la finale, bisogna essere chiari su un punto. Miss Italia è un concorso di bellezza (come ribadito più volte da Alba Parietti, membro della giuria). Un concorso dove si valuta la bellezza, uguale a quelli che, come ho detto, si svolgono in ogni angolo del globo. Se si pensa che abbia senso continuare a farlo, perché parte della tradizione e dell’immaginario di questo Paese, lo si continui a fare. Se invece bisogna farlo vergognandosene, e obbligando le ragazze a fare altro, a mostrare ipotetici talenti che nulla hanno a che fare con la bellezza, si lasci perdere. Si lasci morire Miss Italia sull’altare dell’ipocrisia di questi avvoltoi del politicamente corretto, e si vada avanti tranquillamente, la condizione femminile nel nostro Paese resterà pessima, ma i giornalisti di Usigrai, Repubblica e Vanity Fair potranno brindare soddisfatti appendendo al muro di casa lo scalpo del concorso di bellezza.

Durante la prima parte della finale, infatti, venti ragazze, vestite con improponibili abiti arancioni tutti uguali, che rendevano i loro corpi anodini e irriconoscibili, umiliando la loro femminilità, hanno dovuto mettere in scena un siparietto di qualche minuto in cui dovevano ballare, cantare, suonare uno strumento, o nei casi più disperati raccontare una barzelletta o dire una poesia. Il risultato era una specie di Corrida di Corrado con le poverette che, pur impegnandosi, suscitavano sentimenti di tenerezza e vicinanza umana.
Che cosa c’entra il talento con la bellezza? Nulla. La bellezza è straordinariamente democratica: il suo fulmine può colpire una ragazzina della Ciociaria e trasformarla improvvisamente nella donna più desiderata del mondo, senza che ci sia un solo motivo razionale. Il talento invece è cosa completamente diversa, ha bisogno di tempo e denaro per essere coltivato, elaborato, rifinito. Una ragazza sale sul palco, suona il violino per due minuti e poi scappa via senza neanche sorridere alla giuria: brava, ci mancherebbe, ma che cosa c’entra questo con un concorso di bellezza? Nulla. Rinnegare sé stessi, a volte, può essere peggio di morire. E rinnegare cosa, poi? Quale colpa deve espiare Miss Italia? Quella di aver dato a decine e decine di ragazze in costume intero la possibilità di farsi una carriera, di guadagnare, di diventare indipendenti?

Si potrebbe parlare anche di altro, per esempio della terribile conduzione di Nunzia Di Girolamo. Mai un guizzo, mai una battuta riuscita, mai un’interazione divertente con la giuria, non spiega nemmeno il funzionamento delle eliminazioni in maniera chiara, tanto che per buona parte della serata il concorso risulta incomprensibile. Concentrata esclusivamente su quello che deve dire dopo, non ascolta l’interlocutore e non ci interagisce, come quando, sul finale, davanti al bel discorso della Miss Italia 2024, Ofelia Passaponti (arrivata preparatissima), non fa una piega, andando avanti come se nulla fosse. Il motivo per cui la Di Girolamo, da Ministro dell’Agricoltura del governo Letta sia diventata conduttrice televisiva RAI portata in palmo di mano, si inserisce di diritto nella lunga tradizione dei misteri italiani, gomito a gomito con quello di Ustica. Si potrebbe criticare anche il format pensato dagli autori, con le Miss inutilmente divise in due squadre, o gli errori della produzione, che non riesce a trovare un microfono che funzioni nella prima mezz’ora. Ma sarebbero, come detto, questioni secondarie.

Il tema vero, per Miss Italia, è capire cosa vuole essere in futuro. Se vuole essere se stessa, nella consapevolezza che non ha nulla, assolutamente nulla di cui vergognarsi – hanno trovato più lavoro alle giovani donne italiane i Mirigliani che l’intero Ministero delle Pari Opportunità – allora continui a lottare, con orgoglio, per la propria sopravvivenza, nella consapevolezza che la bellezza è un dono, non una colpa. Se invece vuole diventare la versione low cost di Amici di Maria Di Filippi, pensando di zittire i critici, sappia che i critici tanto non si zittiranno, e l’unico risultato sarà il tradimento della propria storia, della propria irripetibile tradizione.
