Sono finito sul palco dell’Ariston durante il Festival della Canzone Italiana di Sanremo. E quindi sono finito anche dentro i televisori di qualche milione di italiani. L’avrete notato tutti, immagino, quando sono saliti sul palco i Modà col loro ospite per la serata dei duetti, Francesco Renga, sia Kekko che il cantautore bresciano avevano in bella vista una spilla bianca, con su una faccia buffa, due occhialoni rosa da mosca a coprire gli occhi, i capelli lunghi raccolti su due codini laterali, alla maniera resa famosa prima da Pippi Calzelunghe e poi Frank Zappa, a seconda che siate stati bambini o fan della musica colta mascherata da rock. Ecco, quella faccia buffa era la mia. È la mia. Se siete qui a Sanremo in questi giorni magari vi è anche capitata di vederla in giro, wrappata sulla fiancata di una macchina BYD di MOW che mi sta scarrozzando in giro. Quindi sì, la mia faccia è finita dentro i vostri televisori mentre stavate guardando il Festival, e e ci è finita grazie a Kekko e Francesco Renga, lì intenti a cantare Angelo, brano con il quale proprio Renga ha vinto proprio il Festival nel 2005, esattamente venti anni fa. Fossi uno degli Statuto, storica band ska torinese, cambierei la loro Abbiamo vinto il Festival di Sanremo in un più coerente, Ho preso parte al Festival di Sanremo, cosa che magari tecnicamente non è proprio esatta, ma rende abbastanza l’idea. Ora vi racconto, però, perché. E anche come. Una premessa. Dovuta.

Dovessi dire che almeno una volta non ho fantasticato di calcare le assi dell’Ariston durante il Festival della Canzone Italiana di Sanremo mentirei, sapendo di mentire. Parlo di un passato passato, quando ero un giovane alla ricerca di se stesso e che in quella ricerca si era pure fatto idea che la musica potesse essere il luogo dove trovarsi, ma è una di quelle cose che, come molte di quelle che ci succedono da giovani, è lì, pronta a emergere. Il fatto è che la musica è stata la mia prima passione, sicuramente prima della scrittura, che è poi diventato il mio mestiere, il calcio lì i mezzo, una passione nata forse per induzione, mia sorella Caterina, sei anni più di me studiava oboe al Conservatorio Rossini di Pesaro e mia madre era una grande appassionata di musica classica, mio padre di Modugno, e mio fratello Marco, otto anni più di me, di musica della west coast, ma pur sempre la prima grande passione. Per questo mi sono ritrovato a sei anni a suonare il clarinetto nella banda della mia città, Ancona, per poi passare a studiare violoncello e pianoforte, il più giovane violoncellista della mia regione, ai tempi, salvo poi abbandonare il tutto proprio per il calcio, una volta iniziate le scuole medie, la scelta “o il violoncello o il calcio”, incautamente posta a un ragazzino che smaniava per stare coi suoi coetanei. Passione che ben presto sarebbe tornata a farsi sentire, la chitarra abbandonata da mio fratello il mio primo strumento mio, una elettrica comprata in uno dei tanti giri di svendite post-fallimento della vicina Eko a fare il resto, l’illusione di poter essere un musicista, poi un musicista e cantante presto naufragata sui libri del Liceo Classico, o forse sul mio amor proprio. Di fatto ho sognato di essere su quel palco, ricordo quando vidi nel primo anno delle superiori Enrico Ruggeri cantarci Nuovo Swing, la scoperta di poter essere eccentrici, sghembi, fuori dagli schemi e al tempo stesso intellegibili anche per chi ancora forse neanche sapeva il significato della parola intellegibile.

Poi, a un certo punto, e quel certo punto è l’estate del 1994, quella del mio servizio civile, la scrittura ha fatto irruzione nella mia vita, da grande, avevo venticinque anni, spodestando la musica, almeno momentaneamente, e indicandomi quella che sarebbe stata la mia strada futura, lasciando però Sanremo da qualche parte. Potete quindi ben immaginare quanto mi sia divertito quando, passato dal ruolo di scrittore a quello di scrittore che esercita il ruolo di critico musicale, sono andato a Sanremo per la prima volta, nel 2004, al seguito di Piotta. E potete ben immaginare quanto mi sia divertito l’anno seguente, quando andato a Sanremo per far forza al mio amico Francesco Renga, di lì a breve vincitore con la canzone Angelo, io mi sia ritrovato a ricoprire il ruolo appunto di un angelo nel videoclip che accompagnava quella canzone, se siete curiosi mi trovate intorno al minuto 2.23. Ero uno scrittore che lavorava in quel mondo nel quale avevo sognato da ragazzino di entrare, e in quel mondo c’ero entrato anche con un ruolo specifico, quello di critico, e di angelo. Ok, quindi è stata di Francesco Renga l’idea di cambiare la cortesia e portarti su quel palco, rappresentato da una spilla, concluderà qualcuno. No, è stata di Kekko. Ecco, il mio rapporto con Kekko è strano, parecchio, che fa pure rima. Mia figlia Lucia, quella Luccioola che sta con me in questi giorni condividendo il compito di intervistare i cantanti al Villaggio del Festival, nella cornice di Villa Ormond, qui su MowMag le trovate tutte, comprese quelle fatte a pranzo, tra gli altri proprio coi Modà, mia figlia Lucia, da piccola, li amava molto, e in quanto figlia maggiore, maggiore di quattro, ci ha a lungo costretto a ascoltarli, quando era piccola. Questa cosa di dover ascoltare la musica che piace ai figli, io, non l’ho mai digerita, infatti a più riprese mi è capitato in passato di stroncare artisti che ero andato a sentire per accompagnare Lucia a un qualche concerto, da Emis Killa a Fragola. Proprio per questo, a un certo punto, mi era stato proposto di scrivere con lei le pagelle di X Factor, da Peter Gomez, ai tempi in cui scrivevo per Il Fatto Quotidiano, perché voleva trovare una quadra a questo mio risentimento, quasi frutto di gelosia, oltre che dei gusti discutibili di una bambina: se proprio devi stroncare, diamo voce anche a chi invece sta lì perché vuole esserci. Comunque, tornando ai Modà, li ho molto ascoltati, e anche molto stroncati. A più riprese. Dovessi dire come, confesso, non saprei farlo, scrivo circa duecento pezzi l’anno, chi si ricorda le immagini che vado a trovare. Se le ricorda Kekko, ho scoperto, quando un paio di anni fa è venuto da noi, da me e Lucia, proprio durante Sanremo. In quell’occasione, molto simpaticamente, ci ha scherzato su, citandomene parecchie, tutte piuttosto colorite e scolpite nella sua memoria. La cosa mi ha colpito, perché di solito gli artisti sono molto suscettibili e poco inclini all’autoironia. Mi ha colpito particolarmente perché Kekko era in un periodo durissimo, la canzone presentata in gara, Lasciami, parlava di depressione senza girarci molto intorno, per altro usando la metafora di una storia d’amore tra il protagonista e la malattia, idea quest’anno clonata impunemente da Fedez, in gara con Battito. Mi è piaciuto, Kekko, e nei mesi ci siamo scritti più volte, non per parlare di musica, ma di come andassero le cose, non sempre benissimo. Questa cosa ha fatto sì che, quando Kekko ha deciso di provare a andare a Sanremo, ci ha tenuto a dirmelo in anteprima, facendomi anche ascoltare tutto l’album in uscita, 8 canzoni, raccontandomi di aver ricucito i rapporti con Lorenzo Suraci di Rtl 102,5, rotti bruscamente tempo fa, e mi ha anche anticipato che di lì a breve sarebbe appunto tornato in radio per raccontare di un concerto che si terrà a San Siro il 12 giugno prossimo. Ovviamente mi ha anche detto di Sanremo, almeno come speranza. Io mi sono tenuto il tutto per me, perché se uno ti fa una confidenza in amicizia è per te che te la devi tenere, penso, e quando poi Kekko è tornato in radio, ha parlato di San Siro e poi Carlo Conti ha letto il nome dei Modà nel cast di Sanremo 2025, non ho potuto che felicitarmene con lui. Quando però è uscita la notizia del duetto con Francesco Renga in Angelo, non ho potuto non mandare a Kekko il video nel quale apparivo, corredato da emoticon sorridenti, perché mi sembrava davvero una congiuntura astrale piuttosto bizzarra. A quel punto è stato lui, Kekko, a chiedermi qualcosa di mio da indossare su quel palco, come gesto simbolico, e di lì l’idea di stampare la spilla con la mia faccia, che già che c’eravamo, è arrivata anche a Francesco Renga. Ero l’angelo nel 2005, sono in qualche modo stato un angelo custode nel 2025. Non ci fossero stati i casini che ben conosciamo nei quali si è ficcato Neil Gaiman, casini che più che altro sembra siano veri e propri crimini, usiamo le parole giuste, mi sarei descritto come uno degli angeli del suo Good Omens, ma forse è il caso di andare a cercare altri riferimenti, che so?, quelli di Supernatural, molto più punkeggianti che angelici, certo, ma in fondo è tutta una questione di apparenza. Ecco, sono apparso sul palco dell’Ariston, nella serata delle cover del Festival di Sanremo, tutto il resto è contorno.
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