Sono passati due anni dal suo ultimo album di inediti; eppure, Lazza in tutto questo tempo non è rimasto nell’ombra, si è messo sotto le luci dei riflettori sanremesi e ha conquistato tutto il pubblico che non rientrava nella sua nicchia, perché non gli bastavano i ragazzini fissati col rap, “voglio piacere anche alle sciure”. E così è stato, perché ormai Jacopo, così all’anagrafe, è un volto nazionalpopolare e con questa notorietà, non a misura d’uomo, deve farci i conti. “Locura”, il suo quarto album, è una riflessione su tutte le sfaccettature del successo, da quella più seducente dei privilegi e del lusso, a quella più oscura della competizione e della solitudine. La sua prospettiva prende le vesti di una corrida, in cui la fama è rappresentata da un toro indomabile, che Lazza in copertina riesce a infilzare con un salto impossibile a mezz’aria, facendo riaffiorare ai nostri occhi le spettacolari tauromachie dipinte da Goya.
Già dal 5 settembre, quando Lazza ha organizzato un concerto davanti San Siro con l’Orchestra Sinfonica di Milano, alcuni spezzoni dei brani nuovi circolavano sui social, facendo aumentare le aspettative nei fan, che hanno così imparato le melodie e le parole ancora prima dell’uscita. La bravura di un artista ormai si vede anche nella promozione dell’opera e Jacopo ha fatto le cose in grande, coinvolgendo la sua città, Milano, con indizi e incontri che spaziano dall’istallazione di una statua di un toro d’oro in piazza XXV Aprile a un’edicola che vende esclusivamente il giornale “Locura”.
Ora che uscito però, si riconosce che la grandiosità della narrazione corrisponde alla storia e che Lazza ha fatto ancora un passo in avanti, realizzando un disco in cui i testi sono più introspettivi e le musiche più sperimentali, perché se è vero che è un appassionato del rap, non bisogna dimenticare che è anche un musicista classico e qui l’aspetto sinfonico e orchestrale sono venuti finalmente a galla.
Anticipato da “Zeri in più (Locura)” in cui aveva già fatto il miracolo facendo sembrare Laura Pausini una Mina in pieno splendore, “Locura” mostra che il ragazzo che “al polso ha due appartamenti” e vive negli attici dei grattacieli non è il dipinto della felicità, né un dio in cui credere. In “Verdi nei viola” dice “Credono sia il messia con delle nuove Nike […] Ma è tutto una follia”, svelando qual è la malattia della società moderna, in cui lui non sa più se essere la vittima o l’artefice (“Siamo vittime o carnefici?).
Ed è in questo vortice di visibilità in cui tutti siamo immersi, per merito (o demerito) dei social, che finisce anche la conferenza stampa di “Locura”, visto che un giornalista della Rai, che dovrebbe impegnarsi a fare servizio pubblico più che pettegolezzo, invece di indagare il lavoro che un musicista ha realizzato in due anni di fatica preferisce chiedergli un parere sulla diatriba del momento tra Tony Effe e Fedez, entrambi amici stretti dell’artista.
Sempre per rimanere in tema di tendenze e viralità, lo stesso Fedez ha pubblicato il brano “Allucinazione collettiva”, che in modo diverso parla del ruolo delle masse nell’esistenza di un personaggio di rilevanza pubblica, in questo caso quella di Fedez e Chiara Ferragni. Quello che doveva essere la risposta a “Chiara” di Tony Effe, nel battibecco gossipparo che era iniziato con il brano di Tony per il Redbull 64 bars e poi proseguito con “L’infanzia difficile di un benestante” di Fedez, si è rivelato essere una canzone di disamore e disincanto verso la ex, in cui il cinismo ha preso il sopravvento sul sentimentalismo.
Rimane così di Tony l’ultima parola e anche la scena, visto che il brano “Chiara” è fra i 10 testi più cercati al mondo su Genius e alla fashion week presenzia le sfilate degli stilisti più in voga come Gucci, che lo adora, come riporta su Instagram ironizzando con la frase “Chiara dice che mi adora” diventata già iconica in tutto il web.
Tra follie individuali e collettive, tra le canzoni uscite dal Suzuki Music Party, in onda sul Nove nella serata di domenica 22, c’è anche “Hangover”, che vede esordire l’inedita coppia Emma-Baby Gang, dopo tanto tempo finalmente sul palco con una strofa d’amore che ben si sposa con la vocalità della cantante salentina.
Che non passi in sordina nemmeno la triade Ornella Vanoni-Elodie-Ditonellapiaga, che ripropone una versione rinfrescata di uno dei cavalli di battaglia di Ornella (fresca novantenne), “Ti voglio”, ora ancora più ammiccante grazie alla sfacciata sensualità di Elodie unita alla velata malizia di Ditonellapiaga. Un’esplosione di femminilità a cui sarà difficile rimanere indifferenti.