"I gruppi più innocenti hanno i fan più violenti". Prendo a prestito le parole di Fabri Fibra, durante una recente intervista a Radio Deejay, perché inquadrano perfettamente l'andazzo social di cui sono qui a scrivere. In queste ore, divampa una infuocata polemica che vede al centro Laura Pausini e Gianluca Grignani per via della cover che la cantante nostrana più conosciuta e apprezzata nel mondo ha fatto de 'La mia storia tra le dita', uno dei tanti storici evergreen del 'Joker'. Non voglio entrare nel merito del contenzioso per una ragione molto semplice: Grignani ha dato la sua versione, lamentando falle a livello di comunicazione e uno scarso se non nullo coinvolgimento al progetto. Pausini assicura invece di aver giocato pulito, di apprezzare moltissimo quel pezzo e di aver semplicemente voluto omaggiarlo, (ri)portandolo alla ribalta internazionale. Sapete che c'è? Io non c'ero. Non so come sia stata gestita questa cosa, né mi va di millantare di saperlo per darmi arie di importanza.
A fronte di ciò, trovo sterile schierarsi da una parte o dall'altra, tanto per fomentare un odio del tutto innecessario che, purtroppo, sta rendendo di nuovo i social, soprattutto X, la solita cloaca di sante, inutili crociate per futili motivi. Quello che so e vedo, però, è appunto la violenza con cui i fan più accaniti di Pausini, ovviamente la più potente e seguita tra i due 'contendenti' sta riversando contro Grignani. Lo definiscono 'drogato', 'alcolista', 'disgraziato', 'uno che ha fatto giusto una canzone e poi si è rovinato la vita da solo. Cosa vuole mo'? Sicuro soltanto visibilità riflessa dal nome della regina Laura". Chiunque tenti di prendere le parti di Grignani, sostenendo per esempio che il nostro non sia l'ultimo degli stronzi, ma uno che ha contribuito per anni a scrivere bellissime pagine della musica italiana è soltanto un complottista che scrive mosso da invidia nei confronti di Pausini. Perché 'è impossibile che Grignani possa avere dei fan, chi lo conosce?'. Non si può imputare a nessuno la colpa d'essere 'giovane', anzi, beati loro (e l'ignoranza). Ma ci siamo passati tutti a quell'età dall'idea, anzi dalla strenua convinzione che il mondo sostanzialmente non esistesse prima della nostra nascita.
Il medesimo disprezzo è riservato a Tiziano Ferro, 'reo' di aver lanciato la sua nuova 'Cuore Rotto' lo stesso giorno del debutto di 'Piazza San Marco', duetto tra Annalisa e Marco Mengoni. Visto che il ritorno di Ferro è stato accolto assai bene dal pubblico, assisto allo smarrimento di molti: "Com'è possibile? Cos'hai fatto questo a parte un paio di canzoni 20 anni fa?". E, ancora una volta, chiunque si permetta di rallegrasi sui social dei risultati del cantautore di Latina, viene attaccato. Perché, agli occhi dei fanatici d'altri, non è contemplabile che si tratti di due brani validi, no, deve essere una gara a chi ce l'ha più lungo lo stream così da rieleggerlo imperatore assoluto della musica tutta. Questo mentre gli stessi cantanti per cui gli invasati si spellano i polpastrelli digitando insulti a raffica, continuano a godersi i propri successi, senza nemmeno sapere, incredibile a dirsi eh, della lotta dei loro tanto infervorati kamikaze. O del fatto che a Peppino l'idraulico non piacciano granché. Sarà inutile, ma sono una sognatrice: proviamo a ristabilire un po' di ordine in questa caciara che non ha (mai) senso di esistere. E che, tra l'altro, rovina la musica un po' per tutti, crociati e shitstormati che siano.
Cominciamo da Laura Pausini e questa oramai tanto famigerata versione de 'La Mia Storia tra le Dita'. Di cover brutte è piena la storia della musica italiana, anche se, per convenzione, forse preferiamo dimenticare, per esempio, che Vasco abbia realmente ricantato nella nostra lingua 'Creep' dei Radiohead (diventata per l'occasione la raggelante 'Ad ogni Costo'). Prendo questo a modello per dire che nessuno è immune dal fenomeno della cover, appunto, brutta. Nemmeno il più grande di tutti. Può capitare. Ed è capitato, quindi, anche a Laura Pausini? Dirò qualcosa di sconvolgente, vi prego di mettervi seduti: dipende dai gusti. È naturale che una cover suoni 'diversa' dall'orginale (altrimenti cosa la fai a fare?, ndr). La Pau la canta a modo suo, trasformandola in un brano del tutto differente rispetto all'interpretazione originale, così delicata e sofferta. Non sembra, insomma, la stessa canzone. Come è giusto che sia. Personalmente, preferisco la versione di Grignani ma mai mi sognerei di andare a dare dello stronzoinfame a chi non la pensa così.
Eppure, nel grande periodo storico-sociale dell'inclusione e del rispetto inclusivo verso chiunque, Grignani è diventato, appunto, un povero disgraziato. E, di conseguenza, chi predilige l'originale, un terrapiattista che non si deve permettere di 'andare contro la Pau'. Qui urge una precisazione importante, mi spingerei a dire fondamentale: criticare o non apprezzare l'ultima fatica sfornata da qualsiasi cantante, non significa invalidarne l'intera carriera, rosicare per i suoi successi, rigargli la macchina e sparargli a un parente stretto. Il repertorio di qualunque Big della musica italiana come internazionale è composto di qualche capolavoro assoluto, canzonette fischiettabili, fetecchie conclamate più o meno consapevoli. Ciò non lo rende meno 'Big'. Come nemmeno le critiche, che siano da parte di giornalisti o di chiunque ascolti e non ne gradisca uno, due, tre, quattro, cinquemila pezzi del nostro artista del cuore.
Quando diventi famoso, perfino molto molto famoso fino a raggiungere lo status di celebrità granitica, ci sarà sempre gente che appena sente la tua voce, avrà solo voglia di farsi una doccia e bruciare i vestiti che aveva indosso in quel momento. Ed è super legittimo, gli Stadi si riempiono lo stesso, nemmeno Vasco Rossi piace a tutti. Ma ogni critica e/o detrattore per gusto personale, non gli ha impedito di diventare e rimanere nel tempo Vasco Rossi. Di cui Grignani, tra l'altro, è stato considerato per diversi anni una sorta di figlio putativo, di erede musicale. Visto che era proprio una pippa al sugo.
Ritenere che Annalisa non sia una grande ballerina - non lo è, magari migliorerà ma per il momento le coreografie in cui talvolta tenta di prodursi sul palco sono piuttosto goffe - non significa non riconoscere che sia tra le voci più incredibili che brillano nel nostro panorama musicale attuale. Insomma, non è un'offesa. È un parere. Non c'è bisogno di imbracciare il bazooka e andare a rovinare la giornata, o più giornate, a chi s'arrischia a esprimere qualcosa su di lei che sia poco poco meno di 'divina'. Lo stesso vale per Marco Mengoni, un altro artista megagalattico che abbiamo la grandissima fortuna di poter annoverare tra le stelle del nostro firmamento discografico. Allo stesso tempo, 'Sto bene al mare' è un brano certamente minore del suo repertorio. E sicuro non è nemmeno uscito con l'idea di diventare la nuova 'L'Essenziale'. Sussiste, però, un terrore micidiale a sostenere che 'Piazza San Marco', il duetto tra Mengoni e Annalisa sappia più di operazione commerciale che di una canzone nata da un'esigenza artistico-creativa. Due discografiche enormi hanno riunito i loro Mazinga dalle voci celestiali pensando che ciò sarebbe bastato a vendere, a prescindere dal brano affibbiatogli. E hanno pensato molto bene perché funzionerà di sicuro. Ma da qui a gridare al capolavoro, nonostanze le potenze di fuoco scese in campo, ce ne corre assai. Tutto il casino sui corsetti che ha sfoggiato sul palco dell'ultimo trionfale tour? Inutile e fomentato, ancora una volta, dagli stessi fan. Quei corsetti erano costumi di scena e, in quanto tali, potevano piacere o meno. Per me, donavano poco e niente alla sua fisicità. Sarebbero bastati pantaloni più ampi per armonizzarne i volumi delle spalle e fargli fare miglior figura. Quindi sono omofoba? Penso che un suo concerto non possa essere emozionante? Infatti, no. Non c'entra nulla.
Credo che gli stessi cantanti, tante volte, non sarebbero deliziati vedendo i termini con cui i loro (non scelti) kamikaze apostrofino chiunque non li apprezzi (o comunque non completatamente). Non avete idea di quanti 'zitto froci0 di m*rda!' abbia letto all'indirizzo di chi osava non gradire il wannabe tormentino estivo mengoniano. E questo è un gran bel cortocircuito, no? Sì, lo è. Ma il fan infervorato medio, per quanto l'artista che segue rappresenti magari tutt'altro, non guarda in faccia a nessuno, spara pallottole verbali offensive e fuori da ogni grazia appena avverte che, poco poco, qualcuno stia mettendo in dubbio la perfezione del suo idolo. Sbiella senza ritegno né vergogna, supportato da tutti gli altri di questo esercito infinito che, diciamola tutta, riproduce più che scene di guerra, i futili capricci dei bambini dell'asilo quando puntano i piedi perché sono stati beccati a nascodino e 'No maestra, non è giusto!".
C'è un'ultima cosa da aggiungere, in chiusura di un discorso che potrebbe andare avanti in eterno: non si può dire che sia sempre tutto bello. 'Non si può' nel senso che non è proprio possibile. Basta avere i timpani e, sì, anche dare un occhio ai numeri, alle classifiche.
Se in cima alle suddette classifiche trovassimo sempre e solo piccoli e grandi 'Mozart', sarebbe eretico avere da ridire. La realtà dei fatti, però, ci svela ogni giorno che così non è. Basti pensare che il disco più venduto del 2024, l'anno scorso eh, sia 'Icon' di Tony Effe. Un prodotto commerciale che è riuscito benissimo a far presa sul proprio target di riferimento, ma potranno mai essere oggettivamente 'belle' quelle canzoni? Per carità, i gusti son gusti, ma se oggi ci lamentiamo di Gianluca Grignani, forse non siamo davvero capaci di realizzare da quanta conclamata bruttezza siamo circondati. Per cui no: gli stream, le classifiche, le views o chiamatele come vi pare, non sono garanzia di qualità assoluta e incontestabile. E anche che la musica si sia ridotta, da parte dei fan, all'algebra è triste assai. Chissenefrega di rivendicare ossessivamente percentuali e 'peak', non riesco davvero a immaginare qualcosa di meno interessante. E di più distante dall'arte o anche 'solo' dall'intrattenimento, nonché da un qualunque tipo di gioia. Certi accounti su X sembrano oramai fogli di lavoro Excel, tutti tempestati di percentuali per dimostrare con certezza matematica l'imbattibile superiorità di questo re o quella regina. E che palle.
Questo pezzo non sposterà assolutamente nulla e lo so bene. Gli eserciti di fan ossessionati continueranno a ossessionare il prossimo online perché, per loro, è giusto così. La gente seguiterà a non dire la propria, a meno che non sia allineata al parere dei più, 'per evitare shitstorm', ma la cosa più ridicola in tutto ciò è che spesse volte la stessa cosa, lo stesso silenzio, sia esercitato da giornalisti o sedicenti tali. Siamo tutti, in generale, automi pronti a ripetere ciò che 'è giusto dire' perché conviene in virtù dell'algoritmo, dei follower che potremmo conquistare semplicemente negando l'evidenza. Perché sussiste ancora il falso mito che la credibilità dipenda dai K social accumulati. E perché chi non lo fa, sa già di rovinarsi ogni speranza di serenità personale, almeno per una settimana. E questo è solo uno dei tanti modi per professare libertà e bei messaggi mentre, ogni giorno, ci rendiamo gioiosamente sempre più schiavi. Neanche di una religione per atto di fede o di un partito politico per appartenenza, per urgenza sociale. Ma di semplici canzonette. Continuiamo così, facciamoci del male. Nel nome di Pausini, Mengoni, Annalisa, Elodie, di qualunque artista che avrebbe il solo e onesto scopo di intrattenere. Ma che rendiamo simbolo, bandiera, filosofia di vita, intoccabile divinità. E che non verrà mai a sapere, nemmeno lontanamente, della nostra esistenza votata a indomite battaglie sul nulla cosmico, ma pro domo sua. Amen.
