image/svg+xml
  • Attualità
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca Nera
  • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • Girls
    • Orologi
    • Turismo
    • Social
    • Food
  • Sport
  • MotoGp
  • Tennis
  • Formula 1
  • Calcio
  • Volley
  • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Cover Story
  • Attualità
    • Attualità
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca Nera
  • Lifestyle
    • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • girls
    • Orologi
    • Turismo
    • social
    • Food
  • Sport
  • motogp
  • tennis
  • Formula 1
  • calcio
  • Volley
  • Culture
    • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Cover Story
  • Topic
Moto.it
Automoto.it
  • Chi siamo
  • Privacy

©2025 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159

  1. Home
  2. Culture

Quando il Corriere fa disinformazione colta: Maurizio Ferraris usa Marx per spiegare la povertà, ma è come spiegare le malattie con Galeno

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

23 ottobre 2025

Quando il Corriere fa disinformazione colta: Maurizio Ferraris usa Marx per spiegare la povertà, ma è come spiegare le malattie con Galeno
Maurizio Ferraris, uno dei più noti filosofi italiani, tiene una rubrica sul Corriere, ma questo basta per non chiamarla comunque disinformazione? No, se per spiegare perché i poveri sono poveri e i ricchi sono ricchi si utilizza la teoria di Marx, smontata cento anni fa in modo definitivo. Ma se neanche chi dovrebbe fare cultura lo spiega, i giornali dove vogliono andare?

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Cosa pensereste se i dottori vi spiegassero le malattie come ai tempi Galeno invece che con la medicina moderna? E se venisse fatto nel più importante quotidiano italiano ancora attivo, cioè Il Corriere della Sera? Immaginate se per parlarvi di gotta vi raccontassero la storia dei quattro umori e se l’antrace vi venisse spiegare come un travaso di “umor melanconico” (bile nera). Ora cambiate materia, metteteci la filosofia. Maurizio Ferraris, filosofo teoretico e pop dell’Università di Torino, da decenni uno dei maggiori divulgatori filosofici d’Italia per Rai e per vari giornali, autore di svariati saggi eccentrici, interessanti, curiosi, decisamente eruditi (l’ultimo è Comunismo digitale: una proposta politica), ci spiega sul Corriere non la teoria di Marx, ma perché esistono i poveri e i ricchi e perché, in sostanza, i ricchi vengono fregati dai poveri E la spiegazione è, appunto, la teoria del valore-lavoro del padre del comunismo, cioè una delle teorie più sputtanate della storia dell’economia. Ma andiamo con ordine. 

Come spiega Ferraris, Marx legge Feuerbach e la sua tesi sulla religione: “Ciò che l’umano apprezza in Dio non è altro che sé stesso, perché la divinità è una semplice proiezione di ciò che l’umanità vorrebbe essere. Il passo da fare, nei confronti della religione, è che l’umanità si riappropri di quella parte di sé stessa che aveva alienato da sé proiettandola in cielo”. A scuola talvolta si parla di “antropologia inversa” e cioè il fatto che l’uomo abbia tirato fuori da sé qualcosa che lo riguarda; così, riappropriandosene, si libererà da questa stranezza. Come spiega Ferraris, però, Marx va oltre e applica questa teoria al Capitale. Così, al posto del credente, “Marx metterà i lavoratori, ossia coloro che, con la loro fatica, producono la loro stessa alienazione: le merci, frutto del loro lavoro, che vengono vendute a un prezzo molto superiore a quello che viene pagato ai lavoratori che le producono”. Insomma, i lavoratori sarebbero vittime di un autoinganno, che li porta a lavorare per salari da fame per produrre merci vendute a un prezzo ben superiore, tanto da far guadagnare il datore di lavoro, il capitalista, a scapito del lavoratore stesso, fregato dal padrone. 

C’è un nome che Marx dà alla differenza tra il prezzo di vendita di una merce e il salario pagato al lavoratore: plusvalore. Così Ferraris: “Ecco spiegato il motivo per cui gli operai sono poveri e i padroni delle fabbriche sono ricchi”. Il plusvalore è “il segreto che rende ricchi i padroni e poveri gli operai”. Nel video a corredo dell’articolo lo dice più chiaramente: è questo che genera “l’ingiustizia sociale”, poiché nel capitalismo l’operaio “non sa quando è che ha finito di pagarsi lo stipendio e quando è che inizia a lavorare gratis per il padrone”. Questa tesi si basa sull’idea che gli oggetti venduti abbiano un valore pari a quello del lavoro che è servito per produrli. Insomma, se il lavoratore ha bisogno di 5 ore per produrre una merce, quella merce dovrà valere esattamente le 5 ore di lavoro, né di più né di meno. Ora, secondo Marx, e secondo Ferraris (che applica questa teoria alla civiltà dei robot, cioè la nostra), il capitalista non avrebbe nessun interesse a vendere una merce al prezzo di 5 ore di lavoro o meno, poiché non guadagnerebbe nulla: il prezzo della merce, diciamo 10 euro, varrebbe quanto il lavoro che deve pagare al dipendente, 10 euro, e quindi a lui resterebbero 0 euro. Quindi cosa fa? “Scoppia” il lavoro dalla merce e decide che la merce avrà un prezzo maggiore rispetto al costo del lavoro. Quindi, pagando 10 euro al dipendente e vendendo la merce a 13 euro, il capitalista guadagnerà 3 euro. 

Maurizio Ferraris
Maurizio Ferraris

Il problema, aggiunge Marx, è che il capitalista vuole aumentare il più possibile il suo profitto e sa che non può aumentare all’infinito il prezzo di una merce. Sa anche che non può ridurre i costi delle macchine che utilizza nella fabbrica (il capitale fisso), quindi cosa gli resta da fare? Ha due possibilità: aumentare la quantità di merci prodotte dai lavoratori nella stessa quantità di tempo necessaria a produrre una sola merce; o svalorizzare il lavoro dei dipendenti, in modo da pagare 10 euro le ore di lavoro necessarie non per produrre una merce, ma per produrne molte di più. In altre parole, li sottopagherà o, secondo Marx, li sfrutterà. Il ragionamento è semplice: se ti serve un’ora per produrre una sedia, io ti obbligherò a produrre tre, quattro, sei sedie in un’ora, pagandoti allo stesso modo, o, pagandoti allo stesso modo, ti farò lavorare più ore, così da avere più sedie prodotte da un dipendente che pago sempre per un’ora. Ecco come aumenta il guadagno dei padroni. 

La teoria sembra funzionare, anche perché incredibilmente lineare e pulita: il ricco cattivo frega il povero buono, che si lascia fregare. Ma se il povero buono si accorge che è stato fregato, allora si rivolterà contro il ricco cattivo. Ecco cos’è la rivoluzione comunista. Sarebbe bellissimo, un mondo bidimensionale costruito sulla lotta tra due classi ben distinte, una sfruttata e l’altra sfruttatrice, e la chiave per smascherare l’inganno è semplicemente la teoria del valore-lavoro di Marx. Peccato, però, che questa teoria sia stata smentita dalla scienza economica novecentesca e, nei fatti, dalla realtà. Un modo per definire la teoria del valore-lavoro di Marx che Ferraris dà per buona e anzi ripropone sulle pagine del Corriere della Sera, dopo quasi duecento anni dalla sua formulazione (e dopo almeno un centinaio di anni dalla sua confutazione), è “teoria del valore oggettivo”: le cose, insomma, hanno un valore oggettivo, cioè un valore che non dipende dalle preferenze delle persone o dal contesto. Dati i parametri considerati “normali”, la teoria del valore di Marx ci dice che il valore di una cosa corrisponde al lavoro necessario per produrla. Se ci vogliono, in condizioni normali, due ore, allora varrà due ore di lavoro, indipendentemente dai desideri del capitalista. Per questo il capitalista ti frega: dato un valore oggettivo, che lui conosce, fa in modo tale di guadagnare il più possibile sfruttandoti (cioè farà in modo tale che il valore oggettivo di una merce diventi il valore di più merci). 

Quest’idea doveva sembrare particolarmente affascinante, un po’ come il determinismo ottocentesco affascinava la fisica (a tal punto che pure Einstein, nei primi decenni del Novecento, fu restio ad accettare la meccanica quantistica e le nuove frontiere “indeterministiche” della scienza). Ma come spesso accade, le teorie affascinanti sono anche sbagliate e, talvolta, come in questo caso, anche sbagliate a un livello elementare. Ciò che scoprirono i padri della cosiddetta Scuola austriaca di economia, infatti, fu che il valore di una merce non equivale al valore del lavoro necessario per produrla, ma dipende dall’utilità di quell’oggetto per raggiungere dei fini individuali. Per intenderci: siamo in un’isola deserta, io ho scelto di coltivare il cibo che mangerò, mentre tu hai preferito optare per la caccia. Una terza persona ha capito che il modo migliore per sopravvivere sarà produrre degli oggetti necessari per coltivare e cacciare, così da guadagnare in cambio qualcosa (in un’isola deserta, per esempio, una parte del cibo coltivato dalle due persone; nella società vera dei soldi per acquistare altro). Tuttavia, sa benissimo che se venisse da me con un arco e delle frecce e venisse da te con un annaffiatoio, i suoi prodotti varrebbero zero, poiché non ci sarebbero utili per i nostri fini. Ma se venisse da me con l’annaffiatoio e da te con l’arco e le frecce, allora potrebbe davvero guadagnare qualcosa. Eppure, sia che lo presenti a me sia che lo presenti a te, il lavoro necessario per costruire quell’arco è stato sempre lo stesso. Quindi il valore del prodotto (di un arco) non corrisponde al valore del lavoro necessario per produrlo. 

In altre parole, il valore delle merci è soggettivo (che non equivale a dire che sia completamente scollegato dal contesto in cui si vive e così via). Questo è il motivo per cui le case a Milano costano più che in un paesino disabitato in alta montagna. In una città sovraffollata con meno case disponibili e molta gente interessata, la casa avrà per chi vuole comprarla un valore molto alto; mentre se volessi comprare una casa in un paesino pieno di case vuote e con poche persone interessate a trasferirsi, allora il valore della casa sarà decisamente più basso. La vita di tutti i giorni, in forme basilari, ci dimostra che la teoria del valore-lavoro di Marx è sbagliata. Questa teoria è comunque sopravvissuta ed è alla base di molti impeti rivoluzionari. Chi, conoscendo la causa dell’ingiustizia sociale, come dice Ferraris, non sceglierebbe di ribellarsi? Ma, ancora una volta, immaginate se i vostri parenti, vedendovi accasciati a terra, iniziassero a cercare travasi di bile nera invece di chiamare un medico per fare tutti gli esami previsti dalla scienza contemporanea. 

Un meme innocente, una reazione comprensibile alla fake teoria del valore-lavoro
Un meme innocente, una reazione comprensibile alla fake teoria del valore-lavoro @YaBoiHakim tramite YouTube

Purtroppo, continuiamo ancora a inventare teorie fantasiose, curiose e suggestive, che in un modo o nell’altro hanno il potenziale di convertire tutti (gli appassionati di politica ma anche gli appassionati di arte, i letterati e i fisici, eccetera eccetera), ma ci rifiutiamo di accettare teorie più stabili e solide, che superano la prova del tempo e, semmai, si migliorano senza essere mai ribaltate, come la teoria del valore soggettivo della Scuola austriaca. Oggi il marxismo è usato dai marxisti e dagli antimarxisti, dai comunisti e dagli anticomunisti, e i filosofi continuano a fare disinformazione basando le proprie teorie su teorie superate e cogliendo le occasioni pubbliche per divulgare, cioè semplificare, delle storielle affascinanti ma false. Con un unico risultato prevedibile, quello di inculcare nella testa delle persone idee sbagliate prese per buone. 

Così chiunque si troverà a leggere Il Corriere della Sera e Maurizio Ferraris metabolizzerà la teoria marxista; poi passeranno gli anni e quando si troverà a dover valutare altre teorie, be’, partirà da quel vago ricordo del ricco che sfrutta il povero, del plusvalore e dell’ingiustizia sociale, deciderà quale partito seguire in base a queste false convinzioni e giudicherà ciò che è giusto e ciò che è sbagliato a partire da premesse-spazzatura. Odierà d’istinto il ricco, avrà la sensazione che, se guadagna poco, è perché lo stanno fregando, e si sentirà costretto in un lavoro che in realtà ha scelto (è, ma non ci dilunghiamo, il fenomeno della preferenza temporale, che fa sì che alcuni scelgano dei profitti immediati, come fa il lavoratore dipendente, e altri preferiscano attendere profitti maggiori, ma più in là nel tempo, come fanno gli imprenditori che investono dei soldi per ottenerne di più in futuro). Tutte convinzioni forti, fondamentali, che potrebbero spingerlo a reagire, a ribellarsi, a organizzarsi per migliorare la propria condizione. Convinzioni, tuttavia, basate su una bugia. 

***
Una nota all’ultimo paragrafo di Ferraris, che sostiene, come ha fatto nei suoi ultimi libri, che la società del web non sia in realtà una società turbocapitalista, ma una sorta di “comunismo senza comunità” e cioè una società senza classi in cui non siamo più alienati. Un comunismo paradossale, poiché siamo comunque sfruttati ma non più come lavoratori che producono una merce, bensì come esseri umani che quella merce, il contenuto digitale (il “documento”, come lo chiama Ferraris), la consumano. Allora quale sarebbe la soluzione? Prima di tutto, comunismo o no, capitalismo o no, farsi pagare tutto il lavoro che non ci viene pagato, il lavoro “in nero” e “sommerso”, e cioè tutto quel tempo che “lavoriamo gratis” “consumando contenuti sui social”. Oltre alla plateale assurdità di questa teoria (dovremmo essere pagati per il semplice fatto di vivere, di produrre “dati” per il comunismo/capitalismo digitale solo scorrendo il feed di Instagram? Un po’ come se ogni mattina i genitori dessero al figlio una medaglia per il solo fatto di essersi svegliato), e alla confusione terminologica generata (ma quindi siamo nel capitalismo, definito come il sistema in cui il lavoratore viene sfruttato, o nel comunismo, ma non quello originale, ma uno sui generis, in cui anche se non esistono più le classi si viene sfruttati lo stesso?), ciò che dovrebbe far riflettere è il fatto che anche la diagnosi e la medicina proposta per il presente si basa su una conoscenza sbagliata, antiquata e superata, che viene ancora considerata valida, senza che venga messa realmente in discussione. Allora la domanda è: quanto potrà essere buona una medicina proposta da un chimico con una conoscenza della materia vecchia di duecento anni?

https://mowmag.com/?nl=1

More

La Kate: “Così è triste! Marco quella volta…” Su Toprak, Bulega, questi 14 anni senza il SIC e il dovere di “riempire un ricordo” (asfaltando gli ultras nelle corse)

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

SBK e MotoGP

La Kate: “Così è triste! Marco quella volta…” Su Toprak, Bulega, questi 14 anni senza il SIC e il dovere di “riempire un ricordo” (asfaltando gli ultras nelle corse)

Ma lo sapete chi sono i “poteri forti” che controllano il mondo? I grandi fondi d'investimento (BlackRock, Vanguard, State Street...). Hanno fatto incaz*are Trump e ora vogliono saccheggiare l'Europa

di Federico Giuliani Federico Giuliani

L'élite senza volto

Ma lo sapete chi sono i “poteri forti” che controllano il mondo? I grandi fondi d'investimento (BlackRock, Vanguard, State Street...). Hanno fatto incaz*are Trump e ora vogliono saccheggiare l'Europa

Diciamoci la verità, Avs ha trovato l’ennesima influencer, stavolta “palestinese napoletana”, che non può essere chiamata grassa, ma antisemita sì

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Il vero problema

Diciamoci la verità, Avs ha trovato l’ennesima influencer, stavolta “palestinese napoletana”, che non può essere chiamata grassa, ma antisemita sì

Tag

  • Cultura
  • Corriere della Sera
  • comunismo
  • fake news
  • disinformazione
  • Economia

Top Stories

  • Ma come si pronuncia il nome del Nobel per la letteratura 2025? Siamo gli unici così onesti da dirvi che László Krasznahorkai non sappiamo chi sia (ma proviamo a dirvelo lo stesso)

    di Riccardo Canaletti

    Ma come si pronuncia il nome del Nobel per la letteratura 2025? Siamo gli unici così onesti da dirvi che László Krasznahorkai non sappiamo chi sia (ma proviamo a dirvelo lo stesso)
  • Scandalo San Carlo, anche Fedora Sorrentino, come Spedaliere e Tzempetonidis, assunta per un ruolo che prima non esisteva: ma quante cariche si sono inventati?

    di Riccardo Canaletti

    Scandalo San Carlo, anche Fedora Sorrentino, come Spedaliere e Tzempetonidis, assunta per un ruolo che prima non esisteva: ma quante cariche si sono inventati?
  • E se qualcuno vi dicesse che “Una battaglia dopo l’altra” di Anderson con DiCaprio non è un capolavoro (né è un film attuale)? Lo fa Bret Easton Ellis. E la rivoluzione...

    di Matteo Cassol

    E se qualcuno vi dicesse che “Una battaglia dopo l’altra” di Anderson con DiCaprio non è un capolavoro (né è un film attuale)? Lo fa Bret Easton Ellis. E la rivoluzione...
  • Intervista dolce, violenta, vera ad Anna Negri: “Mio padre Toni? Voleva cambiare il mondo, ma non si accorgeva dei rapporti di potere con mia madre e me”

    di Leonardo Caffo

    Intervista dolce, violenta, vera ad Anna Negri: “Mio padre Toni? Voleva cambiare il mondo, ma non si accorgeva dei rapporti di potere con mia madre e me”
  • Ma perché non mi sono ubriacato al release party del nuovo disco di Irama? Non ne ho idea. Il reportage...

    di Gianmarco Serino

    Ma perché non mi sono ubriacato al release party del nuovo disco di Irama? Non ne ho idea. Il reportage...
  • La folle storia del Supersonic Record Store, che da Foligno porta la gente a New York partendo da un ex cinema a luci rosse

    di Cosimo Curatola

    La folle storia del Supersonic Record Store, che da Foligno porta la gente a New York partendo da un ex cinema a luci rosse

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Se sei arrivato fin qui
seguici su

  • Facebook
  • Twitter
  • Instagram
  • Newsletter
  • Instagram
  • Se hai critiche suggerimenti lamentele da fare scrivi al direttore [email protected]

Next

Siamo entrati nel backstage dei Queens of the Stone Age a Milano dopo un concerto apocalittico per portarci a casa l’anima di Josh Homme

di Cosimo Curatola

Siamo entrati nel backstage dei Queens of the Stone Age a Milano dopo un concerto apocalittico per portarci a casa l’anima di Josh Homme
Next Next

Siamo entrati nel backstage dei Queens of the Stone Age a Milano...

  • Attualità
  • Lifestyle
  • Formula 1
  • MotoGP
  • Sport
  • Culture
  • Tech
  • Fashion

©2025 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159 - Reg. Trib. di Milano n.89 in data 20/04/2021

  • Privacy