Jannik Sinner e Myss Keta. Il tennista numero uno al mondo e l’artista numero uno delle nottate milanesi. Due mondi distanti, di quelli destinati a non incontrarsi mai. O almeno, finché la regina indiscussa delle ragazze di Porta Venezia non ha deciso di includere il brano “Sinner” nel suo ultimo album “.”. Il visual (uscito qualche giorno fa) è un trip psichedelico tra tennis e furry, geniale nella sua assurdità.
La traccia, prodotta da greg Willem, richiama la gabber culture anni ‘90, tra bassi martellanti e ritmi veloci. La sua vera potenza? Il testo, tra Wimbledon, Roland Garros e bagel. Il glossario del tennis si trasforma così in linguaggio da club, trasformando Myss Keta in una “campionessa dell’arte”, una fuoriclasse che rimbalza tra una parola e l’altra con la stessa precisione con cui Jannik lascia andare il suo rovescio a due mani. Il titolo stesso del brano è geniale. Perché Sinner non è solo il cognome dell’orgoglio del tennis italiano, ma è anche una parola che significa peccatore, ribelle, fuori dagli schemi. E sia Myss Keta che Jannik Sinner incarnano questa dimensione, a modo loro: anticonformisti, rivoluzionari nel proprio campo, ma senza perdere mai credibilità e determinazione. Lui, primo italiano a vincere uno Slam nell’era Open, lei un’icona mascherata che sta cambiando le regole del pop italiano. “Nel rap c’è poi questa voglia di vincere, come nel tennis” ha raccontato Myss Keta a La Gazzetta dello Sport. “Mi è sembrata una cosa nuova utilizzare la metafora tennistica per affrontare un testo che parla della Myss come di una campionessa di rime e di serata su una canzone che rimbalza in testa come fa una pallina sul campo da tennis”. E così, mentre Jannik continua a dominare i tornei e a tenere gli occhi di tutti incollati allo schermo, Myss Keta fa lo stesso con i suoi brani: ci tiene in pista fino all’alba, ci fa sentire un po’ peccatori, un po’ campioni. Perché alla fine, il tennis e il clubbing non sono poi così diversi: entrambi richiedono resistenza, ritmo, e soprattutto stile.
