Ranch di Salmo è uno di quei dischi apparentemente senza difetti. E citando la chiusura di Salmo in Mob, brano di Lazza con il rapper sardo e Nitro: “lo ammetto ‘sto pezzo ha un difetto”. Lascia in sospeso, ma intendiamo già tutto. Forse l’unico difetto di questo album, che arriva dopo un periodo in cui Salmo ha abbandonato Milano per rifugiarsi in Gallura, è che finisce, dopo 16 tracce serrate, crude, dure e che sono la dimostrazione che se mandi affancu*o le mode, le ballad stracciafig*e e fai quello che ti pare il risultato non può che essere sorprendente, almeno se ti chiami Salmo. Ranch poi si chiude con Titoli di coda che è una di quelle tracce che, 20 anni fa, avremmo voluto trovare come singolo alla Fnac o alle Messaggerie Musicali a Milano (pace all’anima loro) e saremmo stati felici di spendere dei soldi per ascoltare un solo brano fino a consumarlo. Titoli di coda è, almeno per chi scrive, il vero manifesto di Ranch. Un brano che è la naturale continuazione di Mr. Thunder, uscito nel 2016 e contenuto in Hellvisback, dove Salmo si trova a confrontarsi con questo personaggio caricaturale, appunto Mr. Thunder, che rappresenta la discografia italiana. Mr. Thunder rappresenta il discografico che pensa solo a fatturare, che non sa nemmeno il nome dell’artista che ha davanti (anche se, magari, gli porta in tasca un sacco di soldi) e che, nel brano contenuto in Hellvisback, gli suggerisce quali brani fare per avere successo. Riguardando il video del 2016 è quasi commovente vedere sia come i generi di successo siano cambiati sia come, allo stesso tempo, si sia sempre alla ricerca di un modo per fare successo.
Non importa se per arrivare a fare milioni di streaming ci si debba snaturare, l’importante è guadagnare, guadagna e guadagnare. Sì, anche sulle spalle degli artisti. E così se nel 2016 Mr. Thunder consiglia a Salmo di fare prima un pezzo trap, poi reggaeton, per arrivare al rap anni ‘90 e al brano strappalacrime, nel 2025 non cambia la modalità, ma i generi sì. Mr. Thunder infatti suggerisce al Salmo di Ranch di fare prima un pezzo da stadio (“dove non dici un caz*o, ma li fai cantare tutti”), la hit (“noi siamo italiani, vogliamo ridere, ballare, scopa*e…) e il dissing… anzi, il dissing a se stesso (“allora ho avuto la brillante idea di essere geniale nel proporti una sfida a te stesso. Sei in grado di fare un dissing a te stesso?”). Sono passati 9 anni, ma il Mr. Thunder di Ranch, nonostante lavori da un cesso, è sempre lo stesso coglio*e. E ci racconta chiaramente che la discografia potrebbe anche essere cambiata, ma in peggio. Perché ci sono anche le criptovalute e i podcast dove si dicono “i cazzi degli altri” invitando “quattro scappati di casa” e diventando virali. E a dire l’unica cosa sensata, in questa seconda parte di Titoli di coda, che si apre con una lunga lista di ringraziamenti, non può che essere Salmo: “ma io in realtà vorrei fare a modo mio come ho sempre fatto”. Dito medio a Mr. Thunder, a chi dice che è “un rimasto”, a chi ascoltando Ranch non ha capito che è tornato e che Playlist e Flop, non tra i migliori lavori di Salmo, sono un ricordo. Un bel pezzo d’archivio da tenere lì, per ricordarsi che sì, ci sono anche i featuring e le canzoni da classifica assicurata, ma si può (e si deve?) fare molto di più.
