Lorella Cuccarini è ontologicamente un ballo del qua qua vivente. La dedizione al servizio del cringe. Fiorello ha forse elevato l’esibizione iniziale sulle note di La notte vola (e prima di Grease, momento inspiegabilmente rubato a Travolta) al suo vero significato: una scenetta comica. Tutto, l’entourage, Amadeus, i fuochi d’artificio, le trombe in fila, il tappeto rosso, le colombe in aria, gli annunci affissi sui muri del borgo, il passaparola di bambini eccitati per il solo fatto di poter assistere a un evento nell’evento, pure i più poveri, con le ginocchia sbucciate e le maglie bucate, accalcati all’ingresso dell’Ariston per vedere lei. Irragionevolmente in forma e decisamente più entusiasta lei di quanto non lo fossimo noi nel vederla sul palco, la Cuccarini ci ha mostrato cosa significa superare se stessi in convinzione e operosità: lei da bambina alla sbarra esercitandosi nella danza classica, in un mondo fatto di nuvole, con un divano fatto di nuvole, con una parete fatta di nuvole. Poi entra lei, non più bambina, non più ballerina classica, che ride, guarda il cielo per vedere se pioverà, e attira su di sé come un magnete ballerine e ballerini pronti a ballare con lei un po’ come, al The tonight show, fece Kevin Bacon sulle note si Footlose. Ma la Cuccarini non è Kevin Bacon e Amadeus non è Jimmy Fallon. E Sanremo, in questi momenti, sembra più un saloon texano che non un programma serio.
Lorella Cuccarini è peggio di John Travolta, perché avrà firmato qualche liberatoria. E issarsi sul corpo di ballo è stato peggio che indossare (o meno) un cappello da papera. C’era, nelle intenzioni degli autori, sicuramente il taglio ironico. Ma siamo sicuri che fosse così anche per la Cuccarini? Basti vederla al serale di Amici e in quasi qualsiasi occasione pubblica. La sua forza è la sua debolezza. Lei non fa nulla per gioco, è sempre l’esibizione della vita, sempre la performance che non può scadere in qualcosa di facilmente liquidabile. È. E così lei sente, fortissimamente sente, il bisogno di essere una star, la stella che tutti aspettavano, con una coda di accoliti che possano metterla in risalto. E poi l’omaggio a Pippo, la santa reliquia del Festival, che l’avrebbe scoperta op qualcosa del genere. E poi il vestito a metà tra Hogwarts e La carica dei centouno. Fino a sparire, in dissolvenza, in un programma fitto che, in fondo in fondo, non le ha concesso troppo spazio. Forse anche per questo se l’è preso, lei, all’inizio. Momento migliore il regalo della bambola cucina dalle sarte, in onora della mamma della Cuccarini, anche lei sarta. Momento intimo che in fondo apre a una diversa chiave di lettura: la Cuccarini è stata forse una ragazza modello, di quelle studiose, che hanno sempre lavorato sodo. Altro che trash, altro che cringe. Altro che ballo del qua qua. Lei dentro ha i calli del Lago dei cigni, della Petit mort. Peccato, allora, che i risultati siano solo piume. Piume di papere in diretta.