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Secondo Walter Siti non hanno alternativa, per questo sono frignoni, complessati e non scopano più. Ecco la “fuga immobile” dei giovani in un mondo di Trump, guerra a Gaza e cambiamento climatico

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

17 settembre 2025

Secondo Walter Siti non hanno alternativa, per questo sono frignoni, complessati e non scopano più. Ecco la “fuga immobile” dei giovani in un mondo di Trump, guerra a Gaza e cambiamento climatico
Un libro che raccoglie le impressioni di un grande scrittore, vecchio, su una Generazione di giovani fragile, ipersensibile, spesso illiberale e frustrata, se non apertamente violenta, che non sa più vivere in questo mondo e forse, per colpa di gente come Trump, non vuole neanche più provare a farlo. Ecco cos’è “La fuga immobile” (Silvio Berlusconi editore, 2025)

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Gli scrittori ti danno le parole, ma rubano i concetti. Così Walter Siti rilegge “lo strano caso della Generazione Z” nel suo La fuga immobile (Silvio Berlusconi editore, 2025), un libro in cui fornisce espressioni chiare per analisi che in molti hanno già proposto. Dall’analisi del vittimismo di Pascal Bruckner alla crisi dell’universalismo dei valori del nuovo attivismo woke analizzata da un autore di sinistra come Yascha Mounk, le nuove generazioni, la loro rabbia e il loro dolore, sono l’ultimo vagito del postmodernismo, della crisi dei valori, dell’incapacità di rivendicarne di nuovi, o di vecchi perché no. I valori? Non esistono. La realtà? Non esiste. La nostra società, come suggerisce Siti, è “disagiocentrica”. Abbiamo tutti una malattia, meglio se mentale, abbiamo tutti una ferita, abbiamo tutti un colpevole a cui guardare e abbiamo tutti un mondo che non siamo sicuri si possa cambiare. È un discorso dell’ombelico, visto che, sempre secondo Siti, i ragazzi finiscono per smontare l’impianto liberale di una società aperta, fatta di scuole, dibattiti, scontri ed elezioni, e sostituiscono una retorica della casa, del safe space, che garantisca a chiunque di sentirsi padrone della propria sofferenza, non potendo essere padroni di altro. Ma cosa vuol dire essere padroni di qualcosa del genere in un mondo che quella sofferenza la vede come un sentimento privato e non una questione sociale? Vuol dire sbattere in faccia al mondo la propria sofferenza e imporre che chiunque, davvero chiunque, ascolti. Siti lo racconta nel primo capitolo: docenti costretti a fare corsi per essere inclusivi e se passano questi corsi vincono dei triangoli arcobaleno da appendere fuori dalla porta dei loro uffici nei college, in modo che gli studenti sappiano che la persona all’interno, oltre a insegnare una materia (cosa per cui viene pagato), sarà anche molto attento a non offenderti in nessun modo. Il problema è che tutto diventa potenzialmente offensivo, pure riconoscere l’obesità come problema medico. In un reel su TikTok divenuto virale una ragazza con i capelli azzurri suggeriva che si potesse essere di fronte a un caso di “grassofobia” quando il medico dice a un paziente “Prima di fare la terapia devi dimagrire”. La richiesta incessante di safe space può trasformarsi poi in una pretesa orwelliana di normare il pensiero di docenti e organizzazioni culturali.

Walter Siti
Walter Siti

Un esempio recente e italiano non trattato nel libro: la linguista Yasmina Pani, dopo aver prodotto dei contenuti culturali per la Fondazione Feltrinelli in occasione dell’8 marzo, viene censurata dalla stessa Fondazione, che rimuove quei contenuti, dopo la proteste di alcune femministe che consideravano la sua posizione incompatibile con i valori da difendere in una giornata come quella (giornata che, è bene ricordarlo, viene normalmente definita “Festa delle donne”). Un altro esempio, ormai classico. La filosofia inglese e lesbica Kathleen Stock viene costretta a dimettersi dalla sua università per via delle sue posizioni transescludenti in campo femminista. Una donna, lesbica e femminista, esclusa dal dibattito da femministe e comunità lgbtqia+. Lungi dall’essere una forma di lotta politica di tipo novecentesco, per Siti queste espressioni di intolleranza sarebbe piuttosto una sorta di sfogo naturale di una tendenza all’accudimento che gli adulti, in un tentativo goffo di venire incontro alle esigenze dei giovani, riservano alla Gen Z. Chi resta escluso per vari motivi da questo mondo, per esempio molti immigrati di prima e seconda generazione o vari italiani delle zone più povere della città, finisce in baby gang e gruppi più o meno criminali. Un caso a parte sono alcuni giovani davvero impegnati, che anche per questo fanno notizia Greta Thunberg è una di queste. Per queste figure dovremmo decolonizzare il sapere (per esempio la matematica dal razzismo che la caratterizza), macchiare la bianchezza, smascherare il privilegio, riconoscere che ogni problema è connesso a tutti gli altri e che tutti sono causati da un unico colpevole, il maschio bianco etero e cis. Intersezionalità, anti-eurocentrismo, anticolonialismo, sono solo alcuni dei termini che Siti riporta per parlare di questo fenomeno. In realtà, visto che di French Theory si parla in tutto il libro, un termine che raccoglie tutti questi concetti esiste ed è “decostruzione”, cioè quel metodo, teorizzato e portato all’estremo già da Derrida (il ché dovrebbe dirla lunga su quanto superfluo sia il tentativo dei suoi seguaci di inventare qualcosa di persino peggiore e più contorto rispetto alla filosofia del loro Aristotele della ciarlataneria), secondo cui si dovrebbe prendere qualcosa e smontarla per dimostrarne il carattere autoritario e, per dirla con i termini di moda oggi, fascista. Decostruire, per Derrida, è “rovesciare in un determinato momento la gerarchia”.

"La fuga di immobile" di Walter Siti (Silvio Berlusconi Editore, 2025)
"La fuga di immobile" di Walter Siti (Silvio Berlusconi Editore, 2025)

Oggi i Deboli, che sono anche i Buoni, e sono anche e soprattutto i Giovani, rovesciano continuamente quelle che credono siano delle gerarchie, finendo per vedere il mostro dell’autoritarismo dietro le pratiche più liberali, democratiche e moralmente sane, come dibattiti, lezioni e ricerca. Così i biologi che sostengono che i sessi siano due diventano dei nazisti, gli storici che non ripetono a ogni lezione quando l’uomo bianco sia stato cattivo diventano dei negazionisti, i filosofi che non appoggiano la petulante retorica terzomondista sono fascisti e così via. Ma a cosa stiamo assistendo davvero? A una rivoluzione negativa e drammatica? Per Siti, semmai, a una fuga immobile. Queste azioni, infatti, già appartengono al passato della Generazione fragile. La fragilità mostra quanto il mondo faccia schifo, quanto chi è fragile sia incapace di gestire il proprio rapporto con il mondo, ma anche quanto il mondo, fuori dalle sue azioni di rigidismo morale woke, tenda a fagocitarlo e risputarlo fuori, fregandosene costantemente. Donald Trump, che ha vinto anche grazie alla reazione di molti giovani maschi bianchi alle follie progressiste, dall’eccesso di affirmative action, è una buona dimostrazione di come il mondo dei grandi, e cioè di chi per ora detiene il potere, sia non sono insensibile ma tenda a calpestare i giovani e gli spazi sicuri che, nel bene e nel male, si sono costruiti. L’attacco del governo americano alle università ne è la dimostrazione. Ed è in questo contesto che molti giovani decidono semplicemente di accettare la loro stessa “fuga immobile” (verso di Eugenio Montale), e cioè di diserzione quotidiana, come invece la definisce Franco “Bifo” Berardi. Insomma, abbandonano questo mondo in cui non credono più, senza confrontarsi con esso, ma accettandone l’invivibilità. Che sia un bene o un male, cosa resta in un futuro, per così dire, trumpiano?

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