Nel panorama della comicità italiana, Angelo Duro - al cinema con Io sono la fine del mondo - si è imposto come un nome controverso, un comico che si autodefinisce "scorretto" e che sembra vivere del clamore suscitato dalle sue battute. Ma è davvero il simbolo dell'egemonia culturale della destra, come sostiene Stefano Cappellini? Selvaggia Lucarelli, in un pezzo affilato pubblicato su Il Fatto Quotidiano, non solo demolisce l’assunto, ma ridimensiona la comicità di Duro a un "cinismo da Cinepanettone".
La comicità di Angelo Duro: davvero scorretto?
Secondo Lucarelli, la presunta trasgressione di Angelo Duro è un castello di carte. "I moralisti sono la categoria che più amo. È grazie a loro se faccio tutti questi numeri in teatro", dichiara Duro. Ma per Lucarelli, il comico cavalca un’ondata che non ha nemmeno la forza di scandalizzare davvero. Un suo spettatore, racconta Lucarelli, ha scritto che Duro sembra "uno stand-up comedian americano ordinato su Temu. Neanche su Wish".
Le battute di Duro, estrapolate dal suo film, rivelano una comicità ruvida ma per i suoi critici prevedibile: "Vai a piedi a Palermo, così dimagrisci!" dice a un uomo obeso; oppure, rivolto a un’attivista ambientale, "Non mi parlare, stai zitta, così non si scioglie il ghiacciaio". Lucarelli le definisce "polverose e innocue", sottolineando che questa "scorrettezza" ha poco a che fare con la presunta affinità a un pensiero di destra. "Le sue battute fanno sembrare Vannacci un nazista dell’Illinois", ironizza.
Cappellini, la sinistra e l’egemonia culturale della destra
Ma il vero bersaglio dell’articolo non è solo Angelo Duro, quanto Stefano Cappellini, giornalista de La Repubblica che nella sua newsletter editoriale ha individuato nel comico un simbolo dell’egemonia culturale della destra. Per Lucarelli, questa teoria è un esercizio di fantasia. "C’è molto più ammiccamento al pensiero vannacciano nei suoi editoriali che nel film del comico", scrive. E non si ferma qui, accusando Cappellini di aver usato un approccio che, sotto una patina di sinistra, finisce per legittimare una narrazione più vicina alla destra.
Lucarelli riporta una serie di episodi in cui Cappellini avrebbe tradito questo "sotterraneo allineamento": dal dileggio del podcast che parlava di violenza psicologica sulle donne ("roba da egotici vittimisti") al minimizzare le proteste di Zerocalcare contro Chiara Valerio. E conclude: "Se fossi stata Giorgia Meloni, io il ministero della cultura l’avrei dato più a Cappellini che a Giuli o a Duro. Giuli, presunto intellettuale, suona il flauto di Pan in mezzo a un campo di grano. Duro, presunto comico del politicamente scorretto, è l’evoluzione cinica del Cinepanettone. Cappellini è la presunta sinistra e basta. Quella che incanta e trascina più gente a destra che il piffero magico di Giuli".